L’attuale rapporto diplomatico tra India e Pakistan sta attraversando una fase maggiormente positiva rispetto al passato. In questo contesto, il legame tra i due paesi potrebbe essere facilitato dall’avvio di una cooperazione in ambito economico ed energetico. Tutto ciò è collegato alle ripercussioni per la stabilità regionale, ma anche alla riconsiderazione delle relazioni tra Stati Uniti e Pakistan. I contrasti sono comunque ancora molti, come testimonia il caso della taglia statunitense nei confronti di Hafiz Saeed.
Le potenzialità della cooperazione indo-pakistana
Lo scorso 8 aprile si è svolto un incontro bilaterale tra il presidente pakistano Asif Ali Zardari e il primo ministro indiano Manmohan Singh a Nuova Delhi. A conclusione del summit, Zardari ha viaggiato verso la città di Ajmer in Rajasthan, dove ha visitato il santuario sufi di Khwaja Moin Chishti (santo venerato dai musulmani ma anche da milioni di indù, sikh e cristiani tra l’India e il Pakistan) donando 1 milione di dollari al tempio. I critici hanno sostenuto che si è trattato di un evento-immagine contraddistinto da risultati politici poco concreti, nel quale la diplomazia legata al dialogo interreligioso ha preso il posto della cosiddetta “diplomazia del cricket”, ovvero quella serie di incontri bilaterali a margine di importanti incontri tra le rispettive nazionali dello sport più seguito a livello popolare in entrambi i paesi (famose furono le visite del generale pakistano Zia ul-Haq negli anni ’80, seguite da quelle di Pervez Musharraf a Nuova Delhi nel 2005 e di Yusuf Raza Gilani nel 2011 a Mohali).
L’incontro di Nuova Delhi è stato ampiamente trattato dai media indiani e pakistani, generando allo stesso tempo reazioni fortemente critiche per l’evento, ma anche considerazioni estremamente positive e ottimiste per l’effettivo nascere di un nuovo corso nelle relazioni tra i due paesi. In un recente editoriale del The Hindu è ad esempio auspicato un futuro viaggio dello stesso primo ministro indiano Manmohan Singh in Pakistan, soffermandosi sulla potenziale ripresa del dialogo iniziato tra anni ’80 e ’90 a proposito di un patto di non belligeranza e di un Trattato di Pace e Amicizia (Set a menu that goes beyond the lunch). Un articolo del quotidiano pakistano The News sostiene che Islamabad dovrebbe cercare una relazione maggiormente positiva con l’India, sottolineando che il vero nemico per la sicurezza e la stabilità del Pakistan si trova lungo il confine occidentale piuttosto che ad oriente; riguarda in sostanza l’instabilità dell’Afghanistan e i bombardamenti statunitensi lungo la Linea Durand, una visuale dunque completamente opposta rispetto alla tradizionale considerazione della minaccia proveniente da una possibile invasione indiana da est (The western borden is the thing).
Malgrado gli ostacoli siano ancora molti e importanti, gli ultimi due anni hanno generato una maggiore propensione al dialogo tra i due paesi. L’Afghanistan rappresenta uno degli elementi chiave che potrebbe sbloccare in senso positivo le relazioni indo-pakistane; Nuova Delhi intende rafforzare la sua presenza in Asia Centrale e il passaggio naturale
La normalizzazione dei rapporti potrebbe essere favorita da un’altra tipologia di collaborazione, ovvero quella energetica, vista la recente richiesta pakistana di greggio all’India per ovviare alle proprie carenze interne. Nuova Delhi avrebbe accettato la proposta, garantendo l’approvigionamento di petrolio da Bhatinda, città del Punjab indiano a 45 km dal confine pakistano, dove la compagnia petrolifera Hindustan Petroleum Corpo. Ltd ha commissionato la costruzione di una raffineria. Inoltre, dalla stessa città, esiste la possibilità che anche l’Indian Oil Corp. (IOC) possa indirizzare greggio e prodotti derivati verso il Pakistan. Islamabad sta fronteggiando una seria carenza di petrolio ed entro il prossimo mese dovrebbero cominciare gli approvigionamenti petroliferi provenienti dall’India mediante il trasporto via autobotti. In ogni caso, esiste la comune volontà per la realizzazione nei prossimi anni di una condotta per il trasporto di petrolio collegante i due paesi. Una prospettiva importante, ma ostacolata da problematiche di carattere politico.
Una risorsa energetica che potrebbe generare un ulteriore legame tra i due paesi è il gas naturale. La GAIL, la compagnia statale indiana adibita alla lavorazione e alla distribuzione del gas, ha commissionato la costruzione di una pipeline che colleghi il terminal di gas naturale liquefatto (GNL) di Dahej, città costiera del Gujarat, a Bhatinda. Successivamente questa condotta potrebbe essere facilmente estendibile a Lahore. Inoltre, se Nuova Delhi e Islamabad cominciassero a lavorare in comune per il trasporto delle risorse provenienti dall’Afghanistan, i diversi progetti di condotte trasportanti gas naturale, Iràn-Pakistan-India (IPI) o Turkmenistan-Afghanistan-Pakistan-India (TAPI), potrebbero risultare maggiormente realizzabili. Le autorità pakistane sono già propense a rendere effettivo il progetto IPI, mentre l’India non ha ancora dimostrato una posizione chiara a riguardo. Allo stesso tempo la cooperazione energetica legata al TAPI è più concreta, dal momento che India e Pakistan si trovano d’accordo sul prezzo da pagare all’Afghanistan per il transito del gas. Gli Stati Uniti sponsorizzano la realizzazione di questa condotta, ma anche la Russia si è dimostrata fortemente interessata alla pipeline. Mosca intende rafforzare la sua presenza in Asia Centrale e Meridionale e con questo motivo si spiega la sua potenziale partecipazione (per un’analisi di quelli che sono stati i primi due decenni della Russia, quale lo stato attuale e le prospettive future si veda il primo numero di Geopolitica Vent’anni di Russia).
Il Pakistan potrebbe trarre dei vantaggi da una maggiore e positiva collaborazione con Nuova Delhi, poiché il paese si trova in una condizione interna estremamente negativa dal punto di vista economico. Una maggiore cooperazione con l’India, paese in crescita e membro del BRICS, potrebbe offrire dei benefici per la ricostruzione dell’economia pakistana. Un modello di riferimento è rappresentato dal rapporto indo-cinese: le contrastanti e comuni rivendicazioni territoriali, seppur molto importanti e delicate, sono state messe in secondo piano rispetto alla cooperazione economica, la quale ha raggiunto un livello estremamente conveniente per i due giganti asiatici. Certamente il rapporto diplomatico tra India e Pakistan non può considerare solamente aspetti di tipo economico ed energetico poiché le problematiche a livello politico e religioso sono variegate, ma può rappresentare un’importante base di partenza. In ogni caso, a proposito della Cina, la normalizzazione dei rapporti indo-pakistani garantirebbe non solo una maggiore cooperazione a livello regionale in vista del ritiro NATO dall’Afghanistan, ma anche una differente propensione al dialogo tra Nuova Delhi e Pechino per la stabilizzazione del confine e del Kashmir (China praises Zardari’s visit to India).
La riconsiderazione del rapporto tra Stati Uniti e Pakistan e il caso di Hafiz Saeed
Il miglioramento delle relazioni diplomatiche tra India e Pakistan è contemporaneo alla ripresa del dialogo tra Washington e Islamabad, in seguito all’incidente dello scorso novembre 2011, quanto un bombardamento NATO causò la morte di 24 soldati pakistani. Lo scontro diplomatico successivo comportò la chiusura del territorio pakistano al passaggio dei rifornimenti militari della NATO verso l’Afghanistan, ancora oggi in vigore. La normalizzazione dei rapporti tra India e Pakistan, inserita in questo contesto, giocherà un ruolo importante nell’approccio statunitense in Asia Centrale e Meridionale. Per il momento, il dialogo stabilito tra i due paesi potrebbe comportare un rafforzamento della posizione pakistana nei confronti delle trattative con Washington, poiché aumenterebbe il peso dell’autonomia strategica di Islamabad. Recentemente si sono svolti diversi incontri bilaterali, come ad esempio tra Obama e il primo ministro Gilani ai margini del summit di Seoul dedicato alla sicurezza nucleare, così come la riunione presso il Quartier Generale pakistano di Rawalpindi tra il generale a capo dell’esercito pakistano Ashfaq Kayani, James Mattis, capo del Comando Centrale statunitense per l’Afghanistan e John Allen, capo delle forze della coalizione in Afghanistan. Quest’ultimo è stato un incontro importante, soprattutto in ottica del summit della NATO a Chicago previsto per il prossimo mese di maggio.
Gli Stati Uniti hanno come obiettivo la riapertura del corridoio pakistano per i rifornimenti militari destinati all’Afghanistan, anche per garantire un successivo rapido ritiro a partire dal 2014, il quale attualmente avverrebbe attraverso le repubbliche ex-sovietiche dell’Asia Centrale e la Russia (The Logistical Nightmare of Leaving Afghanistan). Si tratta di un’eventualità di non facile realizzazione, anche perché la decisione finale spetta all’Assemblea Nazionale pakistana, dove il maggior partito d’opposizione, il Pakistan Muslim League (N), guidato da Nawaz Sharif, è fortemente contrario alla riapertura del transito NATO. Zardari è attualmente un leader fortemente impopolare in Pakistan ed è considerato strettamente legato agli Stati Uniti. Unitamente alla crisi economica, l’intensificarsi nelle ultime settimane dei bombardamenti statunitensi lungo la Linea Durand non aiutano la politica di Zardari, così come un effettivo riavvicinamento tra Washington e Islamabad. A complicare il quadro, vi è la taglia da 10 milioni di dollari stabilita dagli Stati Uniti per la cattura di Hafiz Saeed, capo dell’organizzazione Jamaat-ul-Dawa e fondatore del gruppo Lashktar-e-Taiba, il quale vive liberamente in Pakistan ed ha una grande considerazione a livello popolare; secondo Nuova Delhi però è la mente degli attentati di Mumbai del 2008 e il Pakistan non offrirebbe un’efficace collaborazione per la sua cattura e consegna. L’annuncio è stato dato da Wendy Sherman, sottosegretario di Stato, durante la visita a Nuova Delhi dello scorso 2 aprile, pochi giorni prima dell’incontro tra Zardari e Singh. Malgrado l’India abbia discusso apertamente la questione durante l’incontro bilaterale, il delicato affare legato ad Hafiz Saeed potrà influenzare negativamente e complicare il riavvicinamento indo-pakistano, ma anche la stabilità interna del governo e la riconsiderazione del rapporto tra Stati Uniti e Pakistan. Alcuni analisti sostengono in definitiva che il recente summit tra India e Pakistan, malgrado sia possibile una maggiore cooperazione in ambito economico ed energetico, non abbia portato a risultati concreti proprio per l’affare legato ad Hafiz Saeed e, in ottica indiana, per la mancata collaborazione pakistana durante le indagini legate agli attentati del 2008 (Zardari’s damp squib diplomacy).
In questo quadro permangono dunque delle grandi difficoltà tra India e Pakistan nello stabilire una concreta e “normale” relazione diplomatica. Risultano evidenti le aperture pakistane e indiane verso un deciso cambiamento, soprattutto da parte di Islamabad, dove il “dilemma” per la sicurezza nazionale nei confronti della minaccia indiana è comunque ancora molto forte. Le potenzialità per una maggiore cooperazione esistono, ma gli ostacoli e le divisioni reciproche sono ancora troppo forti.