Ditemi che è uno scherzo. So bene che non è così, ma ditemelo. Anche se per poco, illudetemi del contrario di una realtà che fa piangere, con un dittatoruncolo circondato da generali con addosso divise d’epoca pronto a far casino. Anche perché non è possibile che oggi, nel 2013, un Paese passi ad attaccarne un altro – o anche solo minacci di farlo – pur sapendo che con quest’azione avrà ben poche possibilità di spuntarla e molte, moltissime, di avviare un conflitto che, una volta iniziato, costerà la vita a civili inermi, donne e bambini. Il tempo infatti passa, ma le guerre, quanto ad assurdità, tendono purtroppo ad assomigliarsi tutte. Come dolorosi errori.
No, tranquilli, questa non è retorica pacifista, né sono le parole di chi si appresta a spolverare ipocrite bandiere arcobaleno, quelle, per capirci, che campeggiano sulle finestre a guerre alterne (leggi: Libia). Questo è solo il modesto appello, se così si può definire, di qualcuno – come tanti – che proprio non ci tiene a divenire spettatore, anche se distante, di nuove stragi insensate come tutte le stragi, di spargimenti di sangue innocente, come se non ne fosse già corso e non ne corresse comunque in giro abbastanza. Più di qualcuno, saggiamente, fa notare come le minacce di Pyongyang potrebbero essere solo urla incoscienti di un Paese deciso a far paura, nonostante la propria debolezza. Vedremo. Intanto, nel dubbio, vi prego: ditemi che è uno scherzo.