Una panoramica di fine estate sul Milan

Creato il 17 settembre 2010 da Gianclint

Si respira una strana aria nel blog, un’elettricità peraltro comune a tutti i tifosi milanisti da web come da bar. Pensavamo di avere coronarie forti aduse ad ogni rovescio come ad ogni gioia, invece ci siamo ritrovati emotivamente indifesi dinanzi agli eventi dell’ultimo mese. Già rassegnati all’immobilismo delle ultime campagne acquisti, già abbandonati all’oblio del coma vigile da stagione di transizione, da Ferragosto a oggi le nostre prospettive, ma soprattutto le nostre aspettative, si sono smisuratamente ampliate alla luce di arrivi e di partenze che mai avremmo osato preventivare nemmeno nei nostri sogni più sfrenati. Ibrahimovic, l’attaccante polifunzionale per eccellenza, potenza fisica dirompente accompagnata a piedi di velluto; Robinho, archetipo del brasiliano talentuoso, mix micidiale di dribbling e di velocità, una voglia di riscatto feroce dopo il mezzo flop in Premier: due arrivi che da soli hanno scatenato un entusiasmo che pareva ormai dimenticato fra gli aficionados rossoneri e che ha contestualmente travolto le pur fondate obiezioni sulle oggettive carenze di cui -attacco ovviamente a parte- la squadra di Allegri soffre negli altri reparti.

Tutti i tifosi -tutti noi indistintamente- si sono riscoperti orgogliosi di una squadra che, pur con tutte le sue contraddizioni, ritornava di fatto alla competitività sia in Italia come in Europa, un Milan certo a trazione anteriore, certo da registrare nello sviluppo armonico delle potenzialità in essere, ma certamente un Milan votato, almeno sulla carta, all’esaltazione del gioco d’attacco e dello spettacolo. I dubbi circa i costi effettivi di acquisti così importanti, le stesse paure a proposito di cessioni eccellenti in un futuro prossimo venturo sono evaporate in un pomeriggio milanese di tarda estate con l’arrivo di Ibrahimovic a Linate, e ancor più sono state rimosse in serata con la netta vittoria d’esordio sul malcapitato Lecce. Nelle due settimane successive, con un vezzo tipicamente italiano che giornalisticamente parlando sfocia quasi in malcostume, si sono sprecate iperboli e paragoni immaginifici per una squadra che pareva avere solo se stessa come limite e come termine di paragone e che già era pronosticata come inevitabilmente destinata alla vittoria in ogni competizione e ad ogni latitudine.

Ovviamente la legge del contrappasso, che ogni milanista di qualunque età, sesso, professione religiosa dovrebbe sempre temere come Fini le richieste di favori di qualsiasi membro della famiglia Tulliani, ha colpito senza pietà e senza rispetto tutti coloro che già con i gargarismi mattutini si esercitavano ad articolare la magica parolina “triplete”. Lezione durissima e ancor più amara perchè impartita con meritoria applicazione da una neopromossa capace di demolire in 90 minuti ore e giorni di chiacchiere ad uso e consumo di chi crede che nel calcio basti allestire una specie di dream-team per vedersi recapitare a domicilio i fatidici 3 punti regolamentari. Per fortuna il calcio -e anche l’esperienza quotidiana, per la verità- insegnano e pretendono che per raggiungere qualunque risultato non si possa prescindere dall’ impegno rigoroso e dalla sana umiltà di non dare mai per scontato ciò che invece va conquistato con il lavoro sul campo. Il tifoso milanista ha così potuto assaporare suo malgrado il brivido di una doccia scozzese passando dall’ebbrezza del presunto squadrone alla mortificazione di un centrocampo vecchio ormai di ben 10 anni e sovrastato con disarmante facilità da baldi ragazzotti forti soltanto del proprio entusiasmo. A seguire si sono riproposte polemiche sulle valutazioni arbitrali, suggestioni pseudo-politiche e, siccome anche qui sul blog non ci facciamo mancare niente, simpatici incursori pronti a insultare qualunque più o meno velata forma di critica a quanto accaduto.

Personalmente ho un modo tutto mio di approcciare la vita e quindi anche il calcio; cerco di non prendere mai in considerazione alcunchè se non con una certa dose di sano distacco e di autoironia.

E quindi mi è sembrato opportuno e gradevole -prima che dei giudizi in libertà possano assumere il peso di sentenze pallosamente inappellabili- stilare qualche considerazione sui personaggi che in questo ultimo mese così frenetico nel bene come nel male hanno dato il loro sostanziale contributo alle personalissime montagne russe del tifoso milanista tipo. Un po’ per la mia incorreggibile natura di cazzaro, un po’ per la natura stessa del giochino è altamente probabile che, a seconda del giudizio insindacabile di ciascun lettore, dentro qualche improponibile fregnaccia si celi una verità magari dissimulata e che viceversa una verità apparentemente inconfutabile nasconda una fregnaccia di proporzioni bibliche.

BERLUSCONI

Berlusconi è tornato. Diciamocelo; per alcuni una fortuna, per altri una iattura. Ed è tornato con la leggerezza dialettica che ultimamente lo contraddistingue. Tanto per ribadire il suo imprimatur sulla campagna acquisti appena conclusa ha pensato bene di sputtanare urbi et orbi i 2 predecessori di Allegri, peraltro con risvolti in un certo senso anche abbastanza comici nel caso di Leonardo assunto il mattino ed evidentemente sfiduciato in sede di mercato la sera stessa a causa dei suoi teoremi calcistici. Giusto per svelenire un po’ il dopopartita l’arbitraggio di Cesena è stato sommariamente bollato politicamente, senza alcuna percezione dell’assist offerto su di un piatto d’argento agli avversari che il Milan ha già abbastanza numerosi e agguerriti sia fuori che dentro i campi di gioco.

Berlusconi però ha ricominciato ad occuparsi di calcio e di Milan e in qualche modo la differenza rispetto agli anni precedenti si è vista. Tanto mi basta, anche perchè non mi vergogno di dire che, malgrado la soddisfazione per un mercato oggettivamente magari non propriamente funzionale ma certamente di prestigio, non mi sento di sdilinquirmi in alcun grazie al mecenate di giornata. Nessuno ha mai obbligato Berlusconi ad accollarsi onori ed oneri connessi con la proprietà del Milan; chi gode di una disponibilità tale da poter garantire la gestione di una società calcistica di tale prestigio e di tale blasone ha anche l’imprescindibile dovere morale di assicurarne una più che decorosa competitività.

Detto questo sarebbe inutile e ingiusto negare l’importanza di Berlusconi per il Milan, così come con tutta probabilità il Milan stesso ha significato molto nella costruzione mediatica dell’immagine vincente dell’imprenditore prima e del politico poi. In termini molto semplicistici Berlusconi serve al Milan quanto -specularmente- il Milan serve a Berlusconi; finchè il circolo, virtuoso o vizioso a seconda dei punti di vista, regge, allora regge anche lo stereotipo del munifico mecenate amante del bel giuoco. A me personalmente delle motivazioni che spingono Berlusconi a spendere eventualmente sul mercato frega molto poco; non sarebbe certamente l’arrivo di Messi e di Ronaldo insieme, o la cessione di Pato, a indurmi a cambiare orientamento politico, ma egoisticamente -da tifoso- non posso negare che questo “do ut des”, se funzionale all’interesse della mia squadra, lo giudico estremamente positivo. E per dirla tutta, al di là della dietrologia politica e di certe cazzate che meglio sarebbe stato evitare, preferisco di gran lunga rivedere un Berlusconi impegnato se non altro anche dialetticamente al fianco del Milan al Berlusconi abulico e distante che non più tardi dello scorso anno confessava di spegnere il televisore durante la sfida di Champions con il Manchester.

E non per difendere Silvio, che anzi sa farlo benissimo e anche troppo da solo, ma forse, più che altro per amore di verità, bisognerebbe fare giusto un pochino di conto prima di affermare a cuor leggero che, a parte gli acquisti di Ibrahimovic e di Robinho, il Milan non costi e non rappresenti per la famiglia Berlusconi un esborso estremamente importante anno dopo anno. Soldi buttati tanti, certo, ma anche un carrozzone dove -come in tutte le grandi società- in tanti mangiano e in tanti, ad ogni livello e per ogni competenza, accampano diritti. In caso contrario mi prenoto fin da ora per la successione alla presidenza; spese zero, Anfry in panchina a stipendio calmierato e per me finalmente la possibilità di farmi spiegare come accidenti ci si dispone con un 4-2-3-1 in fase di non possesso palla.

GALLIANI

Per un Berlusconi che torna, un Galliani che (quasi) se ne va. O meglio un Galliani che, non essendosene andato, ha probabilmente visto ridursi drasticamente i suoi personalissimi margini di manovra all’interno dell’organigramma di Via Turati. Si sono scritte migliaia di parole sulla natura dei rapporti veri o presunti fra la proprietà e l’amministratore delegato; si è a lungo discettato sull’ amicizia e sugli interessi che legherebbero indissolubilmente Berlusconi e Galliani, così come non sono passate inosservate certe critiche ficcanti e nemmeno tanto velate del primo nei confronti del secondo.

Mia personalissima sensazione è che un dirigente del livello di Galliani non possa comunque essere licenziato come un qualsiasi dipendente; in questi casi si preferisce come prassi abituale creare le condizioni per ottenerne le dimissioni senza colpo ferire. Galliani ha resistito, mantenendo le sue posizioni pur a fronte di una palese sfiducia della proprietà che per anni lo ha messo in condizione di inanellare figuracce su figuracce gettandolo allo sbaraglio nelle acque profonde di un mercato di pescecani forte solo di quegli ormai fatidici e tristissimi “15 milioni di euro”. Quali motivazioni fossero alla base di questo disinteresse che tanti patemi è costato ai tifosi e allo stesso Galliani non è dato ancor oggi di sapere; quello che è certo è che il gran finale del mercato estivo rappresenta il ritorno di Berlusconi nel sovrapporre la propria immagine a quella del Milan dopo anni di indifferenza e di distacco.

Galliani rimane probabilmente a svolgere i suoi compiti istituzionali e di rappresentanza, ma gli arrivi eccellenti vengono inevitabilmente fatti passare come la prova provata del rinnovato interesse di Berlusconi e della sua famiglia per il Milan inteso come “affare di cuore”. A questo proposito rimando a certe dichiarazioni assolutamente toccanti e strappalacrime di Dudi-Piersilvio circa il rigenerato ruolo paterno, roba che solo un anno fa avrebbe fatto passare in secondo piano anche una bella novena nella moschea di Viale Jenner.

Bei tempi quando Marina la delfina -eh,sì perchè la “Dinasty” dei Navigli sembra ben lungi dall’avviarsi ai titoli di coda…- scatenava il mastino Barbaro -nomen omen-, ovvero il gemello separato alla nascita di Cesare Cadeo clonato nella sede distaccata della Umbrella Corporation di Cologno Monzese, sulle tracce del povero Adriano e delle sue nefandezze. E che il sempre più isolato Galliani stia a passare il classico momentaccio lo comprova anche il doloroso distacco dall’ormai inseparabile compagno di merende, di cene, di vacanze Ernesto Bronzetti, un uomo, un mito che in sinergia con la fronte spaziosa del Nostro ha saputo -e purtroppo per noi avrebbe ancora voluto- scrivere pagine indimenticabili del mercato rossonero. Siccome le disgrazie non vengono mai sole, a Galliani è in compenso toccata la sorte di dover soddisfare le rinnovate fregole berlusconiane appoggiandosi alla consulenza di tale Raiola Mino, un emigrante di dubbia moralità e dai facili costumi il cui tratto più saliente sembrerebbe l’eloquio talmente sgrammaticato da essere secondo solo all’inarrivabile Antonio Di Pietro. E per di più il suddetto Raiola pare essere strettamente legato a Moggi, uno che comunque a Palazzo Grazioli era stato convocato immediatamente prima dello scandalo-farsa di Calciopoli, e non certo per parlare di politica.

ARBITRI

Che siano di destra o di sinistra, che siano alti o bassi, belli o brutti gli arbitri rappresentano storicamente per tutte le società del campionato italiano, e per il Milan in particolare, un problema di difficile e controversa decriptazione vista la feroce e a volte isterica dietrologia che ogni decisione presa sul campo inevitabilmente suscita. Come tifoso che ha avuto la poco invidiabile opportunità di incazzarsi con diverse generazioni di arbitri, da Lo Bello padre a Lo Bello figlio, da Agnolin a Gussoni, mi ero da tempo ripromesso di considerare sviste ed errori alla stregua di variabili ineliminabili del gioco del calcio, una specie di penale da pagare sull’altare del tifo. Ma siccome questo è un post dichiaratamente scorretto politicamente, confesso candidamente di aver in modo drastico rivisto questo mio proponimento decoubertiniano dopo Calciopoli, dopo cioè aver assistito alla sistematica mistificazione della realtà da parte di una lobby calcistica, mediatica e politica avente l’unico scopo di demolire la credibilità e la competitività di alcuni ad esclusivo vantaggio di altri.

In questi ultimi anni siamo stati spettatori silenziosi e impotenti di un teatrino a volte irritante, a volte grottesco capace unicamente di mettere in scena la libera interpretazione del più classico “chiagni e fotti” da parte di chi ha fatto della colpevolizzazione altrui il mezzo migliore per negare anche le proprie mancanze più evidenti. Sono stati anni bui, durante i quali il tifoso comune, quello cioè non illuminato dalla grazia del dono infuso dell’onestà, non era abilitato a rivendicare per i propri colori eventuali torti subiti, pena vedersi immediatamente crocifisso alla cosmica necessità di purgare colpe presunte passate, presenti e future. Nel frattempo si segnavano e venivano tranquillamente convalidate reti con 7/8 elementi -magazzinieri e massaggiatori compresi- in perfetta solitudine dinanzi al malcapitato portiere di turno, si permettevano senza che venisse comminata alcuna sanzione interventi di kung-fu degni del migliore Bruce Lee a pochi secondi dal calcio d’avvio, giusto per mettere a proprio agio l’avversario un po’ intimidito dalla proibitiva trasferta.

E siccome l’onestà non è merce che chi può si limita a diffondere esclusivamente sui campi di gioco, non ci siamo fatti mancare nemmeno fulgidi esempi di brillante gestione societaria, come il prezzo di collocamento sul mercato delle azioni SARAS ad un valore tale da consentire di lucrare nel giro di poche ore -a danno anche di piccoli risparmiatori- un valore patrimoniale guarda caso quasi equivalente a quanto sperperato in anni di mercato dissennato e inconcludente, oppure la scoperta dolorosa -ma ahinoi tardiva ai fini della rilevanza giuridica in ambito sportivo- che telefonate esattamente dello stesso tenore di quelle che in altri tempi e con ben altre conseguenze venivano così duramente stigmatizzate erano prassi comune anche per i massimi esponenti di questa ipocrita crociata moralizzatrice.

Insomma una cappa soffocante di omertoso buonismo, a guardia della quale vigilava -e vigila tuttora- il più autorevole quotidiano di editoria sportiva, forse non nei giusti toni, ma per certo legato a doppio filo ad interessi calcistici e soprattutto economici che tanto per cambiare fanno capo sempre ai soliti noti. Bene, io personalmente mi sono stancato della passiva rassegnazione con cui tutti -Milan compreso- hanno subito nelle ultime stagioni l’arroganza di chi ha di fatto costruito una nuova trama di potere dentro e fuori dagli stadi, permettendosi di godere di vantaggi e connivenze mentre nel contempo non risparmia lezioni di stile e di comportamento a coloro che semplicemente vogliono veder riconosciuti in maniera equa diritti e doveri comuni a tutti. Sia chiaro, il Milan a Cesena ha perso meritando di perdere e probabilmente avrebbe perso indipendentemente da questa o quella decisione arbitrale. Ma errori ce ne sono stati, e non certo a nostro vantaggio. Non approvo la sparata di Berlusconi, ma mi riconosco una volta tanto nelle rimostranze ben poco diplomatiche di Galliani. Di fronte a chi non si è mai fatto scrupolo di condizionare tutto il mondo del calcio invocando la propria presunta verginità comportamentale, è ora di abbandonare un distacco e una signorilità che alla lunga rischiano di essere controproducenti al punto di poter essere scambiati per debolezza o -peggio- per malcelato e postumo senso di colpa.

Facciamoci rispettare, e cominciamo a provarci fin da subito; senza isterismi e senza complessi, ma ricominciando a far capire a chi di dovere che il tempo degli agnelli sacrificali -ammesso che ci sia stato- è definitivamente finito. Osservare le regole significa pretendere che gli altri facciano altrettanto; nessuno chiede favoritismi, ma nessuno chieda la contrita accettazione a prescindere di qualunque decisione arbitrale sfavorevole se non giustificata da ben precisi estremi regolamentari.

“In doubt no flag” non è un’invenzione di Via Turati; è una direttiva assolutamente non equivoca che va semplicemente applicata in piena coscienza e buona fede, possibilmente senza fantasiosi svolazzi interpretativi. In caso contrario bene faranno Galliani e la società Milan a far sentire forte la propria voce, senza che poi nessuno si lamenti se polemiche e veleni ricominceranno ad inquinare il campionato e se non si addiverrà, come nelle più classiche tradizioni italiche (e qualche volta islamiche), alla inevitabile conclusione “a tarallucci e birra”.

ALLEGRI

Una speranza che spero non vada delusa. Voglio continuare a credere che sia l’allenatore giusto, per età e per competenza, per ridare al Milan la dignità di un gioco accettabile in Italia e in Europa.

La trasferta di campionato a Cesena e l’esordio di ieri sera in Coppa hanno peraltro evidenziato una gestione tecnica ancora nebulosa, con qualche luce e molte, troppe ombre ad avvolgere equivoci tattici ormai cronici. Non voglio sbilanciarmi in giudizi su due giocatori come Pirlo e Seedorf, elementi dei quali -me ne rendo conto leggendo i commenti di chi certamente ne sa più di me- è in qualche modo possibile dire tutto e il contrario di tutto a seconda dei presupposti da cui si parte. Mi limito a constatare l’impatto drammaticamente positivo che ha avuto mercoledì sera sulla partita l’ingresso in campo di un giocatore tonico e motivato come Boateng. Magari si rivelerà nel tempo il classico fuoco di paglia, magari finirà, come tanti prima di lui, per rimanere impaniato nei ritmi esasperanti di un centrocampo che ha fatto della sterile macchinosità il suo marchio di fabbrica. Per il momento però non posso fare a meno di chiedermi come sia possibile relegarlo in panchina e preferirgli chi, come Gattuso e lo stesso Ambrosini, ha ormai di fatto un grande avvenire dietro le spalle.

Anfry afferma -e in parte condivido- che in questa fase di “work in progress” Allegri avrà molto di che parlare per chiarire le proprie idee e le proprie esigenze; mi auguro possa farlo bene e in tempi accettabili, prima cioè che, alla luce magari di circostanze avverse, siano Berlusconi o Galliani a voler parlare con lui. Dico questo perchè, al di là di una doverosa scaramanzia, mi pare di vedere nel Milan attuale una squadra estremamente fragile sia a livello tattico che emotivo, capace con la stessa facilità di risolvere le partite con buone giocate come di affondare miseramente dinanzi alla sola buona volontà di avversari neanche stratosferici.

Non vorrei che il primo ad essersi sorpreso degli arrivi di Ibrahimovic e di Robinho sia stato proprio lo stesso Allegri, costretto suo malgrado nel giro di poche ore a rivedere qualunque prospettiva di una tranquilla stagione di transizione barcamenandosi tra la gestione dei senatori e lo svezzamento di giovani più o meno promettenti per ritrovarsi a controllare, fra la pressione dei media e le aspettative dei tifosi, una specie di fuoriserie a trazione anteriore, dotata di una potenza in CV inversamente proporzionale alla capacità di tenuta di strada. Forse il ricorso costante ai soliti noti nasconde -più o meno inconscio- una specie di disagio tattico, una sorta di “braccino” di tennistica memoria dinanzi alla necessità di dover schierare, magari anche oltre le proprie più intime convinzioni, nello specifico tre punte poco propense a sacrificarsi in copertura e più in generale una formazione eccessivamente sbilanciata. Non deve essere l’infortunio a qualche senatore il viatico per l’inserimento di forze più fresche ed entusiaste; la speranza è che, dopo mercoledì e partita dopo partita, anche Allegri acquisti via via la sicurezza per poter schierare anche e soprattutto a centrocampo gli elementi che oggettivamente possono garantire il miglior rendimento. Sempre con l’auspicio che all’interno dello spogliatoio non si ricreino piccole grandi commissioni pronte a supervisionare le scelte del mister di turno…

Per i pochi arrivati a leggere fin qui senza essere caduti in stato narcolettico, concludo invitando a valutare queste mie considerazioni come disquisizioni abbastaza epidermiche, buttate sulla tastiera di getto, da buon tifoso che fra la sconfitta di Cesena e la doppietta di Ibra cerca di capire, fra speranza e timore, quale indirizzo possa avere questa stagione che si prospetta lunga e impegnativa, anche alla luce dei comportamenti di quei personaggi che -piaccia o meno- nel bene come nel male saranno determinanti nel segnare i destini del nostro Milan.

Spero che per alcuni ci possano essere spunti interessanti per commentare e per tentare un primo bilancio, per quanto sommario, di questi primi giorni della stagione.

Massimo


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