Una piccola impresa meridionale

Creato il 11 novembre 2013 da Irene_snapi @irene_snapi

Rocco Papaleo firma il suo secondo film da regista, conclamato ormai da quasi un anno, Una piccola impresa meridionale si pone sulle orme del precedente Basilicata coast to coast, ma è ben distante dalla sua forza emotiva e freschezza narrativa che lo avevano reso un mio piccolo cult personale della commedia italiana contemporanea.

Il nuovo film parla di riscatto, quello di tre “ex”: un prete spretato (Papaleo), una prostituta in pensione (Bobulova) e un marito ‘abbandonato’ (Scamarcio), in un paesino non ben identificato del Meridione. A queste tre storie, che già erano importanti da gestire e approfondire bene, Papaleo aggiunge ulteriore sostanza inserendo altri sei personaggi (la mamma Giuliana Lojudice, la coppia lesbo Felberbaum-Potenza, e i 3 muratori della ‘srls’ Meridione che ristruttureranno il faro dove tutti si ritroveranno a vivere). La conseguenza di una così considerevole presenza umana addensata in 90 minuti è che, purtroppo, le storie principali si lasciano in disparte per dare ossigeno anche alle secondarie, facendo mancare, alla fine, sia le une che le altre. Gli attori sono molto validi (Scamarcio soprattutto, e il revival di sé stesso che romba la grande moto come ai tempi di Tre metri sopra il cielo sancisce la rinascita di un ormone adolescenziale), e forse “sprecati” in ruoli che non vengono molto valorizzati dalla sceneggiatura (scritta da Walter Lupo), limitata appunto proprio perché ridondante.

Il buonismo di fondo e anche la voglia di strafare (l’indugio decisamente lungo sul bacio-casto-lesbo) si incrociano laddove in realtà dovrebbero essere inconciliabili e si vanificano nell’uno e nell’altro senso, privando di compiutezza anche gli episodi più sentiti, o che comunque dovrebbero fare da giri di boa nella trama (la morte e il funerale del padre di Scamarcio, il finale con la ‘conversione’ di mamma Stella).

Il commento musicale è molto simile a quello tatro-canzonistico di Basilicata, e decisamente importante come nel già citato; uno dei momenti più emozionanti finisce per essere quello in cui un malinconico Scamarcio che non riesce a suonare di fronte a un pubblico riconosce ritmi musicali nel cadere della pioggia.

Messa in scena e fotografia molto belli, uniti alla scelta dei paesaggi: la finzione cinematografica e le mani sante delle film commission fanno diventare le coste dell’oristanese, in Sardegna, un Meridione, si presume, lucano o calabrese.

Insomma, è evidente che il buon Rocco ce l’ha messa tutta, e forse anche di più mi verrebbe da dire, ma la spontaneità e la freschezza del primo film sono ormai cose del passato.


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