Del tremendo viaggio
che porto con me,
mi resta un finestra
che un pomeriggio ho dipinto.
Spazi di vetro colorato
che ora sono nel sonno
quando chiusi gli occhi
faccio le valigie e parto.
Ritorno a quel giardino
che avevo messo via
con le sue panchine
e la monotonia, nuvole e cristalli.
Prigione d’alberi e di fontane.
Labirinto fiorato
ricolmo di corpi vaganti
in preda allo sbadiglio e alla confusione.
Infermieri puliti
come astri che abbagliano.
Sorridenti, sognanti,
tanto giovani e ingenui.
Non maleducati, non cattivi
ma timidi silenti
con spalle come fortezze.
Ci guardavano come fossimo pesci.
Distese tra i capelli
noi vergini dagli occhi purpurei
per ore e ore di luce
fuggenti a quegli sguardi.
Uomini come bambini spaventati
nei nostri acquari, prigionieri.
Giovani che restavano a galla
senza saper nuotare!
Riflessivi e accorti,
ma come di passaggio.
Si stancavano del nostro Oceano Rinchiuso.
Loro erano liberi,
non potrei mai dimenticarlo.
Guardiani isolati
che poi tornavano a casa.
Tra loro anche il Moro,
magro, schietto, brillante,
dell’età di mio figlio
di cui mi rimane un liquido ricordo.
Ci chiacchieravo con piacere
ogni giorno, e non si stancava,
me ne ero innamorata
ma non l’ho mai detto a nessuno.
E se rinasco un’altra volta
vorrei rinascere sotto forma di pioggia!
( che quella no, non si rinchiude!)
Una pioggia silenziosa.
( poesia tratta da “Il pesce arcobaleno”)
di Benedetto Aquilone All rights reserved
Nota biografica
Sono nato con il sole di Luglio. Con i capelli ricci e gli occhi azzurri del mare. Il mare della Calabria.
Sono laureato in Scienze dell’Educazione, specializzato in Media Education. Lavoro a Roma da 5 anni, sempre nel sociale.
Le mia passioni sono senza ordine: la terra, i libri, il mare, l’arte in ogni sua non-forma, la natura e quindi la vita.
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