Il simbolo dell’Omocausto
Di SONIA CAPOROSSI
Ed uno di quei giorni giunse la manna dal cielo
Piovve giù con dei tonfi esausti
Che ferirono la madre terra in pianto
Un centinaio di mute calcificazioni
Incendiarono la pelle e i peli
Rasero a zero tutte le nuche
Ruppero sordi polsi e caviglie
E fratturati i crani e gli arti
Sangue tinse le pareti bianche
Scritte rosse sulla farina
E niente più fiato per gridare
Occhi strizzati dal dolore
Cuori in frantumi, un male
Lascio parole
Che traboccano dal coperchio spalancato del mio cranio
Rosso sull’osso bianco
Il sangue venato di viola
Già condensa le sue scabre asperità su questa flebo
Parlerò di voi fino alla morte
E dense stille mi macchiano le maniche
Col mio triangolo nero slabbrato e maculato
Appuntato e crocifisso qui sul petto
Vi amo, vi amo tutti
Ho bisogno di un cenno di calore
Che esali un fuoco fatuo dalle tombe
Scoperchiate degli animali morenti
Seppelliti di fresco da una Ragione
Che non risponde a nulla
Che corrisponde a nulla
Voi, voi, voi ora
Rivivete d’un sacrificio antiritmo
Una variazione sul tema d’apertura
Che vi libera
Esaltatevi nella non – speranza
Mille anime dannate vennero spinte nel fondo
In un fuoco greco che ancora brucia
Nel nome di un amore di cui non si sa dire
Salvatevi nella non – pietà
Mille cani randagi morsero l’osso
Che ognuno di loro aveva trovato
scavando nel fango rappreso della Storia
E come in un brutto sogno, del resto mai sognato
Ambigua ricompensa per l’angoscia della fame
S’accorsero ringhiando che il fiero pasto
Era lo stesso.
(25/06/1989, scritta a sedici anni)