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Egregio prof Losurdo le avevo scritto qualche giorno fa:"Anonimo ha detto...Mi piacerebbe parlare delle fosse comuni di Butyrka e Kommunarka dove venivano seppellite le vittime dello stalinismo (l'associazione Memorial se ne è occupata).Professor Losurdo aspetterei una risposta su ciò.Davide"Vedo però che elude il mio messaggio.Mi piacerebbe una risposta da lei.DAVIDE - 04 ottobre 2011 16:18
La Katyn sovietica e la «Katyn» statunitense e sudcoreana
Al contrario della collettivizzazione dell’agricoltura e dell’industrializzazione a tappe forzate, il massacro degli ufficiali polacchi, deciso dal gruppo dirigente sovietico e consumato a Katyn nel marzo-aprile 1940, è un crimine in sé. Si faceva ancora sentire il peso della prova di forza con la Finlandia: dopo un vano tentativo di procedere ad uno scambio consensuale di territori, intrapresa da Stalin allo scopo di conferire un minimo di profondità territoriale alla difesa di Leningrado (la città protagonista poi di un’epica resistenza all’aggressione nazista), ora la guerra rischiava di allargarsi e generalizzarsi. Come avrebbero reagito in tale evenienza gli ufficiali polacchi catturati dall’Urss dopo lo smembramento della Polonia? Da parte di Mosca si era tentato invano di farli recedere dalle fiere posizioni antisovietiche, retaggio del conflitto che era iniziato col crollo dell’impero zarista e che tendeva quindi ad assumere le caratteristiche brutali di una guerra civile. La situazione era diventata assai difficile: incombeva il pericolo che l’Urss in quanto tale fosse inghiottita dalla guerra e non mancavano circoli occidentali che pensavano ad un rovesciamento del regime staliniano (supra, cap. II, § 9). E’ questo «grave problema di sicurezza» a far precipitare l’«orrenda decisione», che Stalin deve più tardi aver «amaramente rimpianto a causa dei conseguenti imbarazzi e complicazioni». E cioè anche nel caso delle esecuzioni di Katyn non sono assenti i dilemmi morali su cui Walzer richiama l’attenzione. E, tuttavia, sarebbe errato invocare anche in questo caso l’«emergenza suprema», dilatando ulteriormente un criterio che già di per sé rischia di essere a maglie troppo larghe».[1][1] Roberts 2006, pp. 47 e 170-71.
Ma ne mio libro su Stalin come in altre occasioni faccio valere due regole: 1) Occorre procedere alla comparatistica. C' anche " la «Katyn» statunitense e sudcoreana". L'Occidente capitalista e imperialista non può ergersi a giudice. 2) per quanto riguarda il grande Terrore, occorre tener presente la guerra civile che si sviluppa all'interno dei bolscevichi (spietata da una parte e dall'altra, come è avvenuta anche in occasione di altre rivoluzioni). Parlare del trentennio che va dal 1924 al 1953 come una semplice espressione di follia (e di follia sanguinaria) significa non solo capitolare ai luoghi comuni dell'anticomunismo, ma anche essere prigionieri di una cultura oscurantista che rinvia in ultima analisi alla Restaurazione.