Dunque, me ne vado in ferie ma non è che perchè sto a riposo io rinuncio ad esportare i gloriosi valori littori anche nel mio periodo festivo. Infatti, scelgo di andare nell'imperiale Parigi, che ho sentito dire essere metropoli cosmopolita piena di miscredenti promiscui votati ad un dio diverso da quello televisivo e che se ne stracatafottono del buon benedettodecimosesto
Una tentazione irresistibile per chi, come me, ritiene che l'universo littorio debba estendersi anche fuori dal raccordo anulare
Dunque, per onorare i miei impegni e seguendo i racconti di un comunista scribacchino, decido di andare a visitare, oltre alla Torre Eiffel, anche la sinostrorsissima Belleville, trascinandomi dietro Perfido che devo dire era piuttosto riottoso ad andare in giro per quartieri che invece delle strisce pedonali hanno sagome di gesso disegnate in terra
ma..c'est l'amour... e ci siamo andati
Sulla metro per andare a Belleville si intuiscono subito i segni di un pericoloso andamento eversivo: la metro è zozza, i treni sono vecchi e i passeggeri non sono patinati, a differenza delle altre undici linee di questa imperiale città; tra l'altro, le donne non hanno la messa in piega fatta, quelle che non portano il velo intendo, ed è palese che tutti si sono vestiti la mattina con quello che capitava sottomano (orrore)
All'uscita della metro, mentre Perfido ringraziava qualche non specificato Dio per averci concesso di non essere borseggiati, io mi guardo intorno: in questo posto non si capisce niente. Graffiti colorati su ogni serranda con un graffitaro che imbratta in diretta e con tutta tranquillità alla luce del sole, sotto i nostri littori ed inorridditi occhi. Un negozio kosher con la stella di David sull'insegna promette il miglior cous cous della città, i citofoni dei palazzi sono pieni di cognomi improbabili, i marcipedi sono zozzi e pisciati, nessuno raccoglie la pupù dei cani.
Palazzoni alti dei più svariati stili si accrocano sul boulevard di Belleville, spicca uno strano edificio con un'insegna a forma di zebra, non si capisce cosa venda. Ragazzini di tutti i colori giocano insieme a pallone e si pistano ad ogni goal. MI sembra di stare proprio sotto casa mia.
Un supermercato ha l'insegna cinese, dentro però si vedono solo arabi
Perfido dice: ok, l'hai vista, andiamo, eh che si può dire che l'abbiamo vista? dobbiamo passeggiare un pò sennò non vale, ah dici che ci squalificano se non ci stuprano?
Uff che noia, dai che non ci succede niente, camminiamo
e camminiamo
Ogni persona che incrociamo ci guarda come se fossimo vestiti di fuxia o forse ci guardano proprio perchè non siamo vestiti di fuxia con i capelli verdi. In effetti, non vedo altri turisti in giro, siamo gli unici polli a zonzerellare da quelle parti con in mano piantine e macchina fotografica. Giriamo per un vicoletto putrido, esce acqua dal marciapiede, nell'acqua galleggiano resti di pesce; un'automobile ha il parabrezza sfondato di fresco, vetri ovunque. In fondo alla stradina, dei barboni si sono attrezzati con un divano lercio e un tavolino a tre gambe, gozzovigliano indisturbati e ridono quando ci vedono
Ok, forse da soli non ce la facciamo a convertire questo quartiere, torniamo indietro ma sbagliamo vicolo ed incrociamo un negozio di mobili assurdo che vende divani viola e tavolini orrendi di truciolato molle; sulla soglia del negozio il proprietario: un nero enorme, alto, possente, il volto scavato come un masai
I suoi occhi dicono: so chi sei. E me e frego
Quale coraggiosa donna littoria avrebbe resistito a questa sfida? chi non avrebbe tentato di converire il miscredente?
Io, tanto per cominciare, che giro i tacchi e inizio a correre come se fossi il vento di maestrale, seguita a ruota da Perfido che vuole sapere subito almeno tre motivi per cui lui si è fidanzato con me
Sarà stata la corsa ed il fiatone ma non me ne venivano
Torniamo sul boulevard, affannati.
Decidiamo che ci siamo meritati un caffè; scegliamo un bistrot a caso, tanto puzzano tutti e sono lerci, è chiaro che qualsiasi scelta porterà ad un destino di salmonella
Ci sediamo e vediamo che il tempo improvvisamente è cambiato, il sole è stato oscurato dall'enorme proprietario del bar: un tricheco con baffi alla tricheco e la pelata lucida da tricheco alto però un metro e novanta, la panza prominente e infradito logore. I suoi piedi narrano una storia priva di igiene
Ordiniamo, il tricheco annota, prende una pezzetta lercia e ci pulisce il tavolo; la pezzetta lascia una strisciata nera sul tavolo
Ovviamente non protestiamo.
I nostri vicini di tavolo si compongono in questo modo: un sosia di Eintsein che scarabocchia qualcosa sul retro di un tovagliolo, tre allegre prostitute che si rifano il trucco aspettando la sera per passeggiare sul boulevard, un tizio Pierfigo con occhiali a specchio regge un piccolo pierfghino con occhiali a specchio pierfighini; sua moglie o la sua donna invece, è intabarrata in un burka. Una polacca canta qualcosa di molto triste con la faccia appoggiata al tavolino lerciato di fresco dal tricheco.
Perfido dice che i motivi che gli devo trovare adesso sono cinque
Arriva il mio caffè, con accanto una zolletta di zucchero. Non vedevo una zolletta di zucchero dal'76 , data ultima in cui il piattino su cui mi è stata servita è stato lavato, probabilmente. Ingolliamo il tutto, paghiamo e corriamo alla metro più vicina, non importa luogo o direzione. Questa metro fa un tratto all'aperto; vedo un quartiere con un fiumiciattolo, forse un affluente della Senna. Una donna giapocinese molto anziana ci si sta lavando i piedi; alcuni miscredenti hanno steso delle coperte e pregano il loro falso Dio; donne conversano da un balcone all'altro parlando lingue diverse ma pare che riescano a litigare lo stesso.
Io dico questo sembra un posto interessante, perchè non scendiamo a dare un'occhiata?
Perfido dice guarda che i motivi sono saliti a sette