Una recensione de "La Sinistra assente" sul Manifesto

Creato il 30 novembre 2014 da Domenicolosurdo

Lo spettro politico che si aggira nel mondo Saggi. «La sinistra assente» di Domenico Losurdo per Carocci Editore

Paolo Ercolani, il Manifesto 29.11.2014 
Un spet­tro si aggira per il mondo: è la sini­stra. Ma in un senso dia­me­tral­mente oppo­sto a quello del cele­bre inci­pit del Mani­fe­sto di Marx ed Engels. 
Un tempo, per inter­pre­tare gli esiti dram­ma­tici a cui giun­ge­vano le grandi para­bole rivo­lu­zio­na­rie, si sarebbe ricorsi al cele­bre detto del giron­dino fran­cese Ver­gniaud (poi ripreso da Han­nah Arendt, fra gli altri): «la rivo­lu­zione è come Saturno, divora i suoi figli». Oggi­giorno, invece, per com­pren­dere la situa­zione in cui versa la sini­stra mon­diale, si dovrebbe piut­to­sto ricor­rere alla meta­fora dell’«autofagia». Inca­pace di meta­bo­liz­zare le scon­fitte decre­tate da quell’implacabile tri­bu­nale che è la sto­ria, infatti, la sini­stra avrebbe «divo­rato se stessa» (i suoi valori fon­da­men­tali) per poi ricon­se­gnarsi alla scena mon­diale sotto forma di uno spet­tro indi­stinto e indi­stin­gui­bile, sostan­zial­mente inca­pace di ricreare il pro­prio evento gene­ra­tivo: «l’incontro dei movi­menti reali di pro­te­sta e di lotta per l’emancipazione con la teo­ria impe­gnata ad ana­liz­zare cri­ti­ca­mente l’ordinamento esistente». 
Un mono­par­ti­ti­smo competitivo È quanto si può evin­cere dalla let­tura del nuovo libro di Dome­nico Losurdo, La sini­stra assente. Crisi, società dello spet­ta­colo, guerra (Carocci, pp. 303, euro 23), un’impietosa foto­gra­fia del mondo con­tem­po­ra­neo in cui il trionfo del pen­siero unico neo-liberale e neo-colonialista è potuto avve­nire anche gra­zie al dis­sol­versi della sini­stra, all’interno di un sistema filosofico-politico in cui le dif­fe­renze e i con­flitti sono eva­po­rati per lasciare il posto a quello che l’autore chiama «mono­par­ti­ti­smo competitivo». Il discorso di Losurdo si fonda su pre­sup­po­sti tipi­ca­mente mar­xiani, par­tendo dall’analisi della con­fi­gu­ra­zione attuale che ha assunto la strut­tura economica. In estrema sin­tesi il nostro tempo è carat­te­riz­zato da due grandi pro­cessi di redi­stri­bu­zione del red­dito. Nei paesi capi­ta­li­stici avan­zati, con lo sman­tel­la­mento dello Stato sociale, i licen­zia­menti, la pre­ca­riz­za­zione, la ridu­zione dei salari ecc., si accen­tua la pola­riz­za­zione sociale: una élite sem­pre più ristretta si appro­pria di una massa cre­scente di ric­chezza sociale a danno delle classi subal­terne (inte­res­sante il con­fronto dell’autore con le ana­lisi di Tho­mas Piketty). A livello mon­diale è in atto invece una redi­stri­bu­zione del red­dito di segno oppo­sto: i paesi che si sono libe­rati dal domi­nio colo­niale o semi­co­lo­niale e che ora sono «emer­genti» (in par­ti­co­lare la Cina) ridu­cono rapi­da­mente il distacco rispetto ai paesi capi­ta­li­stici e met­tono in discus­sione quella great diver­gence (titolo dell’omonimo libro di Ken­neth Pome­ranz, tra­dotto in ita­liano per il Mulino) che per secoli ha con­tras­se­gnato e sug­gel­lato il domi­nio colo­niale o semi­co­lo­niale dell’Occidente sul resto del mondo. La bor­ghe­sia mono­po­li­stica che è la pro­ta­go­ni­sta e la bene­fi­cia­ria del primo pro­cesso di redi­stri­bu­zione del red­dito cerca in ogni modo di con­tra­stare il secondo: le due guerre del Golfo, la distru­zione della Libia, il ten­ta­tivo di desta­bi­liz­za­zione della Siria, le minacce all’Iran, la pro­gres­siva espro­pria­zione e mar­gi­na­liz­za­zione del popolo pale­sti­nese sono aspetti diversi di un’unica poli­tica che intende can­cel­lare o rimet­tere in discus­sione i risul­tati della rivo­lu­zione anti­co­lo­nia­li­stica in
Medio Oriente e nel resto del mondo. In Occi­dente, una sini­stra degna di que­sto nome sarebbe chia­mata a scon­trarsi con la bor­ghe­sia mono­po­li­stica su entrambi i fronti: per con­tra­stare il pro­cesso di redi­stri­bu­zione del red­dito a favore dei ceti pri­vi­le­giati in atto nei paesi capi­ta­li­stici avan­zati; per salu­tare e appog­giare il pro­cesso di redi­stri­bu­zione del red­dito in atto a livello mon­diale a favore dei paesi che hanno alle spalle la rivo­lu­zione anti­co­lo­nia­li­sta; a tal fine dovrebbe com­bat­tere con­tro la poli­tica neo­co­lo­nia­li­sta di riarmo e di guerra messa in atto dall’Occidente e soprat­tutto dagli Usa. Il guaio, secondo l’autore, è che la sini­stra occi­den­tale dà prova di grave debo­lezza sia sul primo punto sia soprat­tutto sul secondo. Come è potuto acca­dere tutto ciò? A suoi tempi Marx ha osser­vato che la bor­ghe­sia eser­ci­tava il suo domi­nio gra­zie al mono­po­lio da essa dete­nuto dei mezzi di pro­du­zione e dif­fu­sione delle idee. A que­sto mono­po­lio, se n’è aggiunto, per Losurdo, un altro ancora più temi­bile: il mono­po­lio della pro­du­zione e dif­fu­sione delle emo­zioni. Prima di sca­te­nare una guerra, appro­fit­tando della sua schiac­ciante supe­rio­rità per quanto riguarda la potenza di fuoco mul­ti­me­diale, l’Occidente isola, mani­pola o inventa un par­ti­co­lare rac­ca­pric­ciante nel com­por­ta­mento del nemico da abbat­tere (ante­si­gnano di que­sto metodo fu Bismarck, dal momento che, volendo giu­sti­fi­care l’espansionismo colo­niale ad opera del II Reich, chiese ai suoi uomini: «Non sarebbe pos­si­bile repe­rire det­ta­gli rac­ca­pric­cianti su epi­sodi di crudeltà?»). Il key­ne­si­smo di Pechino Inve­stito dal «ter­ro­ri­smo dell’indignazione», tale nemico può essere bom­bar­dato con il con­senso di un’opinione pub­blica più o meno larga. È così che ven­gono pro­gram­mate e messe in atto, oltre che le guerre, anche le «rivo­lu­zioni colo­rate», che per Losurdo sono in realtà veri e pro­pri colpi di Stato (l’ultimo esem­pio è l’Ucraina dei giorni nostri). Il finale del libro vede un cre­scendo impres­sio­nante di atti di accusa da parte dell’autore nei con­fronti dei mag­giori espo­nenti cul­tu­rali della sini­stra mode­rata e di quella radi­cale: da Haber­mas e Bob­bio, defi­nite «anime belle», a Žižek e Latuo­che, che sulla scia di Fou­cault (e Hayek!) troppo pre­sto e inop­por­tu­na­mente hanno man­dato in sof­fitta la «lotta di classe» e lo «stato sociale», fino al mar­xi­sta David Har­vey, che nel con­dan­nare la Cina inse­ren­dola fra i paesi che hanno ade­rito al neo-liberismo, per Losurdo fini­sce solo col mor­ti­fi­care il paese pro­ta­go­ni­sta della più grande rivo­lu­zione anti­co­lo­nia­li­sta della sto­ria, non­ché l’ultimo baluardo mon­diale delle poli­ti­che keynesiane. Le tesi di Losurdo sono ardite e discu­ti­bili. Ma su una cosa ci sono pochi dubbi: è da qui che biso­gna par­tire per ridare carne, e sostanza, al fan­ta­sma invi­si­bile che chia­miamo sinistra.

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