Una ricetta dello chef Emanuele Scarello

Da Alessandratioli

Emanuele Scarello

Agli Amici

«L’uomo è ciò che mangia». Oggi tutti citano Ludwig Feuerbach, filosofo che tutto era tranne che un fine
gastronomo. Ma prima di ciò che assumiamo e digeriamo, noi siamo la sequenza genetica di chi ci ha concepito. E se oggi Emanuele Scarello è un cuoco capace di mettere in tavola soluzioni tra le più estrose e centrate di tutto il Triveneto, è perché nel suo «fogolar furlano» appena fuori Udine è da oltre 120 anni e 5 generazioni che ci si tramanda ininterrottamente un sapere di sguardo ad angolo giro, che fugge dalle idee scontate come i bimbi dall’uomo nero.
In attesa di sapere se Tommaso, figlio piccolo dello chef, avrà voglia di prolungare la dinastia – le premesse ci sono: ha già chiesto in regalo una cucina – catapultarsi a gozzovigliare a Godia per esperire le trame gastronomiche trasmesse a Emanuele da sua mamma Ivonne – una che ha visto celebri fornelli in Francia e Italia e a cui si deve la stella Michelin, piovuta sul ristorante nel 1999, appena un anno dopo il debutto in cucina del figlio – è un esercizio che vale la sfacchinata da qualsiasi latitudine.
 Scarello è un ragazzo che non fa il fenomeno: «non mi alzo alle 4 per andare a prendere il pesce fresco; se faccio colazione alle 8.30 non vuol dire che la mia materia prima sia meno fresca», rivela. Eppure le stimmate del fuoriclasse ci sono tutte perchè i suoi lavori sull’oliocottura, sulle basse temperature e sulle illusioni di pasta fatta senza farina potrebbero tutti entrare come appendice pratica nell’ipotetico manifesto della nuova cucina italiana. Il pubblico di Identità Golose conosce già i suoi spaghetti trasparenti cotti nell’acqua del pomodoro.
Bicchierini, spume e cucchiai: «la mia cucina di oggi è una sintesi di abusi passati». Le vittime: ingredienti e materie prime mai troppo distanti dal recinto friulano. Ed è un lavoro sempre schizzato con felice cromia pittorica - gli ultimi Ravioli di ombrina portano a un passo dalla sindrome di Stendhal - tracciata non da un artista o pensata da uno scienziato ma da un cuoco che ha un po’ di entrambi. Ma prima di tutto da un uomo di pancia e cervello che si scotta, si sporca e non si piega mai alle sirene dell’esotico: «che mi frega di astici e aragoste se dall’Adriatico mi arrivano questi rombi chiodati?», spiega lui brandendo il pesce suddetto. Dopo averne testato la versione olio-cotta al prosciutto affumicato, impossibile non convenirne.
La cucina economica ha selezionato per voi una ricetta di Emanuele Scarello, capesante con "te" di alghe secche, erba cipollina e caviale iraniano

Ingredienti per 4 persone:4 capesante2 cucchiai di alghe secche miste8 steli di erba cipollina4 cucchiai di caviale iraniano2 dl d’acqua minerale naturalela scorza di mezzo lime20 g d’olio extravergine d'olivasale maldon
Procedimento:pulite le capesante, togliete il corallo e condite le noci con un poco d’olio extravergine. Poi mettetelo in un sacchetto da sottovuoto.Portate l’acqua a ebollizione. Riponete le alghe secche in un'infusiera e copritele con l'acqua bollente . Lasciare in infusione per 8 minuti.Cuocere le capesante al roner a 65°C per 3 minuti.
Finitura:disporre al centro del piatto la capasanta, coprirla con qualche cristallo di sale Maldon, erba cipollina tritata finemente e qualche zest di lime. In sala , versare il “te”di alghe davanti all’ospite.
credit/gazzettagastronomica.it/identitagolose.it

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