La riflessione - Laocoonte troiano, di fronte al cavallo che i greci “regalavano” a Troia (e che sarebbe poi servito per conquistare la città) disse: “Temo i greci anche quando portano doni”. Parafraso e attualizzo la frase, in questo modo: “Ho paura di Berlusconi anche quando spara cazzate!” L’ha detto anche Rosi Bindi, l’altra sera a “Ballarò”, quando ha invitato a stare attenti, chè quanto a comunicazione e demagogia il cavaliere ne sa una più del diavolo.
E in effetti, cosa succede? Berlusconi chiude gli occhi alla celebrazione della Shoah, e tutti i giornali pubblicano la sua foto di bell’addormentato; Berlusconi butta là la sua banale “gaffe” su Mussolini (una scemenza irrilevante, destinata a lasciare il tempo che trova) e per due o tre giorni tutti i giornali – tra grida d’orrore, “crucifige” degli avversari, smentite del protagonista, ritocchi e correzioni di tiro degli amici – gli dedicano tre o quattro pagine. Un mio amico marziano, che vive su Marte, che non sa niente delle schermaglie della nostra vita politica, e che sta letteralmente “ai fatti”, mi mette in guardia: “Tu (e voi tutti) sarete anche più seri, più prudenti, più corretti di lui…. ma è sempre sotto a luce dei riflettori e nelle prime pagine dei giornali.” E conclude come nel “Falstaff” di Verdi: “Il cornuto, chi è?”
L’idea - Berlusconi, a suo tempo, nel 1961, si è laureato a Milano con una tesi dal titolo “Il contratto di pubblicità per inserzione”, relatore il docente Remo Franceschelli, voto 110 e lode.
Già impegnato in quella carriera di costruttore edile cui si dedicherà a tempo pieno fin dall’anno seguente, dedito d’estate all’intrattenimento crocieristico, non lo vedo dedicarsi anima e corpo alla stesura di una tesi di laurea. Ho scritto a decine di suoi avversari politici (nessuno ha risposto), dicendo loro che se mi avessero messo per le mani quella tesi di laurea, mi sarei dato alla ricerca – nella letteratura giuridica di quell’epoca – di eventuali passaggi che fossero scivolati da questo o quel testo nella tesi stessa di Berlusconi. Un sospetto maligno? Certo; ma come ha detto Andreotti, “a pensar male si commette peccato, ma qualche volta la si indovina”.
Quattro elementi mi esortano a non scartare a priori la maligna ipotesi che il disinvolto Berlusconi sia inciampato nello stesso incidente che ha costretto alle dimissioni un paio di uomini poliici tedeschi:
1) il principio di Andreotti;
2) il fatto che Berlusconi non è immune dalla tentazione del plagio, come prova l’incidente della prefazione all’Utopia di Tommaso Moro, copiata pari da uno scritto di Luigi Firpo;
3) il fatto – già accennato – che non vedo Berlusconi perder troppo tempo in una formalità quale una tesi, col tanto che aveva da fare;
4) il fatto che anch’io, nel 1956, laureandomi in giurispudenza, a ventidue anni (e anch’io avendo già ben altro da fare), ho tentato la stesa scorciatoia.
Luigi Lunari
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