Critica, mappa
Questa mappa, quindi, non é fondata ma fondante, in quanto ogni libro di poesia é poco interessato a creare potere di sé, ma piuttosto la traccia di una propria esistenza riconosciuta – e questo conoscere una seconda volta attiene al lettore, e quindi anche al critico, che è un lettore/medium e come tutti i medium è interessato a mostrare l’esistenza o la non esistenza delle forme volatili dell’arte -.
Mentre la poesia, una volta scritta, è imperturbabile, essa é, nello stesso tempo, un oggetto che pone un problema; ed ecco allora che questa carta geografica é un oggetto che predispone problemi, con la funzione di una guida turistica a volte, e con l’accortezza di non mettere stelline michelin, chè quelle, si sa, relegano tutto ciò che resta alla mediocrità, o peggio ancora alla non esistenza.
Ora, per immaginare questa mappa asincronica, che poi mostrerá una giustificazione spirituale tutta sua – radici delle isole immaginavo, appunto, in quel libro – bisogna leggere asincronici, bisogna liberarsi delle schiavitú di Crono. Cosí si puó scoprire che un libro nuovo ci appare vecchio e un libro vecchio mostri invece una giovinezza che la modernitá soffoca.
E questo è uno dei motivi per cui la mia pila di libri é sempre rimescolata, ché le note di lettura difficilmente seguono un ordine di arrivo. E molto umorale, piú di quanto poi non appaia nei miei scritti, é l’approccio a una scrittura piuttosto che a un’altra, e ne soffrono di piú i libri attaccati tenacemente alle costole dei maestri e dei maestrini, incoscienti del fatto che viviamo ancora nel grande cono d’ombra del novecento, dipendenti dalle sottane dei maestri che mal hanno insegnato o che non volevano insegnare proprio niente.
Difficile dunque immaginare questa mappa come un luogo ben ordinato o un albero genealogico – come qualcuno provó a pensare, qualche tempo fa, sulle pagine dell’Espresso o di Panorama, non mi ricordo – . Siamo di fronte a un terreno accidentato fatto di alte cime, e colline, e avvallamenti, e laghi e oceani dai vasti misteri. E a ciascuno di questi luoghi si potrebbe dare, certo, il nome di un poeta e del suo seguito. Che ne so…il fiume/poeta, con il carico delle sue acque, le asperità del terreno che attraversa, i suoi debiti verso gli affluenti (i cosiddetti poeti minori!) il grado di inquinamento, quindi le malattie che ne frenano la portata verso l’estuario, o il delta, di un qualche mare.
Oppure si potrebbe rispolverare lo schema di sottotesto dell’Ulisse e predisporlo come disegno anatomico per la casa dei poeti: poeti di testa e di pancia e di occhi e di mani e di piedi; o delle 24 ore della giornata.
Come si puó intuire, per fare questo occorre un vasto campionario di casi, di eccellenze, cose buone, mediocritá, fallimenti, non certo solo i nomi dei pochi e dei pochissimi. Bisogna nominare, argomentare, attraversare, soprattutto lasciarsi attraversare dalla materia di un libro facendola passare tra le maglie più o meno strette o larghe della propria vita.
E per che cosa, del resto, la letteratura?
Sebastiano Aglieco