Nicole, Daniel e una bimba di Napoli vittime dello stesso carnefice: la mala sanità italiana. Andiamo ad approfondire su questi incredibili fatti.
Tra i sostenitori di una terza guerra mondiale, gli “indipendentisti” di Tsipras, le vittime di naufragi o attentati, e un Paese che ancora non trova una stabilità politica, economica e socio-culturale, ciò che per un frangente avrebbe dovuto rianimare lo stupore positivo del singolo, come dare alla luce un figlio, si è invece trasformato nell’ennesima tragedia mediatica.
Difatti le vittime in questione non sarebbero le componenti di una realtà nazionale o internazionale, ma riguarderebbero proprio quella sfera privata della vita individuale, del piccolo, anzi, dei piccoli.
Il 12 febbraio della scorsa settimana si apre con la morte di Nicole in una clinica privata presso Catania; il giorno successivo procede con la morte di Daniel, bimbo di 23 mesi nell’ospedale Sant’Antonio Abate di Trapani; ma non finisce così: lo stesso dì muore anche una bimba di 8 mesi nell’ospedale pediatrico Santobono di Napoli. Le due bimbe erano state ricoverate per problemi respiratori, mentre il maschietto, Daniel, per una presunta influenza.
La tragedia di Nicole, quel posto libero che non si è trovato all’interno di una clinica privata, ha lasciato tristemente spazio al tema e ai corrispettivi problemi legati alla mortalità infantile del nostro paese. Così nella scorsa settimana, ancora una volta dei piccoli innocenti hanno pagato con la loro vita i disagi dell’ossimoro più macabro italiano: quelli appunto di una sanità malata, anch’essa vittima di soprusi (tagli economici), ma anch’essa complice di un sistema che da tempo mal funziona.
Meccanismi che coinvolgono tutti, addirittura innocenti, figli che, come il caso del piccolo Daniel, forse “per una meningite” – a detta dei medici – perdono prematuramente la vita per una diagnosi sbagliata. E che dire della bimba di Napoli? Ricoverata l’8 febbraio, rilasciata cinque giorni dopo e poi, morta, nel mentre che i genitori la stavano riportando in ospedale per un peggioramento delle condizioni cliniche: stessi sintomi di quando era stata ricoverata la prima volta. Così anche per il piccolo Daniel: sentitosi male al nido, era stato di corsa portato al Pronto Soccorso per una febbre a 40°; somministratogli una tachipirina, i medici lo avevano dimesso; ma nel rientro a casa, la madre aveva notato delle macchie rosse sul torace del figlioletto, così aveva ben deciso di portarlo nuovamente allo stesso ospedale, il Sant’Antonio Abate. Tra le convulsioni, di lì a poco il cuore del bimbo smise di battere. Secondo i medici nel primo ricovero si sarebbe trattato di sindrome influenzale. Secondo i medici che avevano tenuto in cura la bimba di Napoli “aveva lasciato l’ospedale con criteri clinici e laboratoristici idonei alla sua dimissibilità”. Mentre la storia che ha originato il triste leitmotiv mediatico, quella di Nicole, ha scatenato un’inchiesta giudiziaria ove vede indagati per omicidio colposo nove persone a Catania (per il caso di Nicole) e quattro a Trapani (per il caso di Daniel); per quanto riguarda invece i genitori della bimba di Napoli hanno immediatamente presentato un esposto alla Polizia, che il 16 febbraio ha autorizzato l’autopsia sul corpo della bimba, sequestrando la cartella clinica, e avviando così un’inchiesta coordinata dal procuratore Luigi Frunzio e dal p.m. Emilia Gentile.
A partire dal 17 febbraio la magistratura avrà 60 giorni di tempo per pronunciarsi sulle cause del decesso dei due piccoli. Frattanto il dirigente generale del dipartimento Attività Sanitarie e Osservatorio epidemologico, Ignazio Tazzo, assieme all’assessore alla Salute, Lucia Borsellino, hanno dato l’avvio alla procedura di sospendere l’accreditamento con il sistema sanitario per i ricoveri per parto della casa di cura Gibiino di Catania, dov’era nata la piccola Nicole. La casa di cura avrà solo 10 giorni per presentare eventuali controdeduzioni.
La stessa Lucia Borsellino ha disposto che le Aziende sanitarie manifestanti indisponibilità di posti letto di Utin (unità di terapia intensiva) riguardanti l’assistenza della piccola Nicole, valutino il comportamento tenuto dal personale di tali unità operative rispetto alle norme assessoriali del 2010 che prevedono nei casi di particolare urgenza e necessità in aree critiche – come le Utin – l’accoglienza anche in eccesso del paziente in condizioni critiche, invitando le direzioni aziendali ad assumere i provvedimenti sanzionatori nei casi di accertata violazione delle stesse direttive assessoriali.
Inoltre è stata invitata l’Azienda sanitaria provinciale di Catania ad intervenire con un supporto psico-sociale per la famiglia di Nicole, perché per l’assessore di Catania “i provvedimenti fino ad ora assunti non possono non puntare l’accento anche sul comportamento inadeguato di taluni operatori che, alla luce delle prime risultanze emerse nel caso del decesso di Nicole, mi suscitano profonda indignazione e pertanto da me censurati. La censura è ancor più forte laddove tali comportamenti incidono, ledendola profondamente, sull’immagine del Servizio sanitario della Regione Siciliana, vanificando gli sforzi compiuti negli ultimi anni per la sua riqualificazione nonché l’operato di tanti operatori che quotidianamente si spendono per la cura dei pazienti nel primario rispetto della dignità della persona”.
Il ministro della salute, Beatrice Lorenzin, ha dato il via a una relazione completa degli ispettori, che ancora sono in Sicilia, insomma, un’indagine amministrativa che a breve dovrà concludersi. Secondo il quotidiano Repubblica di Palermo, gli ispettori intanto hanno constatato l’assenza di una rete di emergenza attiva nella provincia di Catania; infatti, se ci fosse stata, sarebbe potuto arrivare un pediatra specialista in emergenza, che avrebbe stabilizzato le condizioni generali della neonata e deciso il ricovero presso la struttura adeguata.