Fra i disagi che maggiormente colpiscono gli insegnanti vi è la mancanza di fondi, i quali inibiscono la possibilità di organizzare al meglio le varie materie. Problematica, questa, che costringe i docenti a dover diventare dei manager e degli amministratori, persino procacciatori di sponsor e, come sempre accade in questi casi, l’eventualità di reperire dei fondi, che non provengano dalle risorse statali, automaticamente premia la capacità individuale anche a discapito di progetti ben congegnati e utili ma privi dei finanziamenti necessari. In questo modo non solo si svilisce l’insegnamento, ma svanisce l’opportunità di dare ai nostri ragazzi strumenti migliori.
Scuola: una realtà sconosciuta (parte seconda)
Di Mirella Frascolla
Come seguito alle premesse dell’articolo precedente, parlerò un po’ alla volta di quella che è la realtà quotidiana della scuola pubblica ( a molti sconosciuta). Non mi avventurerò nel discorso complesso e lamentoso riguardante le scelte politiche fatte dai vari governi negli ultimi trent’anni, ma una considerazione di carattere generale mi sento di farla. Assistiamo ogni inizio di anno scolastico al taglio dei fondi provenienti dal ministero destinati alle scuole di ogni ordine e grado, così come subiamo la riduzione sistematica del personale in nome del contenimento dei costi sulla bilancia della spesa pubblica. La mancanza di fondi sta portando la scuola del territorio nazionale a un progressivo impoverimento di risorse umane e di materiali da destinare all’insegnamento, oltre a uno sfoltimento delle attività didattiche che, all’interno delle “classiche” discipline, consentono di attuare progetti di recupero, sostegno, ampliamento culturale e laboratoriale. La varietà di questi progetti permette di arricchire l’offerta formativa di ogni singola scuola.
Chi paga le conseguenze di tutto questo sono in primis insegnanti e alunni, poi le famiglie. Succede spesso che, per ovviare a questa riduzione di fondi, i docenti svolgano alcune attività con ore non retribuite e che le istituzioni scolastiche, in diversi casi, siano costrette a chiedere l’aiuto dei genitori tramite contributi volontari o attivandosi nell’organizzare feste e iniziative varie, al fine di racimolare somme di denaro. Gli enti locali, a loro volta, sono costretti a diminuire il contributo alle scuole del territorio per gli stessi motivi. Chi ha dei figli minori credo conosca bene questo tipo di situazioni. Che fare allora?
Rimboccarsi le maniche come sempre, cercare di trovare le soluzioni più idonee ai vari problemi che man mano si presentano, non lasciarsi abbattere e, se possibile, non perdere l’entusiasmo in ciò che si fa. Nelle interminabili discussioni tra docenti e dirigenti scolastici, si deve sempre arrivare a un compromesso basato su proposte condivise e approvate collegialmente. Uno degli aspetti più stressanti del lavoro dell’insegnante, per chi non lo sapesse, è proprio questo. Dietro le quinte sembriamo ragionieri alle prese con richieste, preventivi, offerte, consegne di ogni genere, che tentano (disperatamente) di far quadrare i conti dei magri bilanci della propria scuola. Ciò richiede grandi doti di adattabilità e flessibilità da parte di tutti. Si sa però che alcuni docenti le possiedono per indole o per formazione e altri meno. Chi pensa quindi al ruolo di un insegnante (al di fuori dell’aula scolastica), deve pensare a una persona allenata, per forza e per abitudine, al cambiamento, alla mediazione, alla versatilità, all’interazione.