Discutendo con gli astanti prima che cominci l’incontro di presentazione del libro la rappresentazione maggiormente condivisa circa l’autrice nell’immaginario comune è quella di una donna di un’eleganza d’altri tempi, una gran dama e la scrittrice, avanzando lenta tra le sedie appoggiandosi ad una stampella sembra confermare subito quest’idea. Introdotta dal relatore della serata Marco Cuzzi, professore di Storia alla Statale di Milano, e suo genero, nei primi momenti tace, sorride, quasi vezzosa, per quanto di lei viene raccontato, come schernendosi con gli occhi bassi, aristocratica ed umile insieme, ironica nel non dirsi vecchia ma “testimone storica”, come il politicamente corretto richiede oggi giorno, onesta e modesta nel non definirsi, nelle prime battute, una scrittrice, ma “una persona a cui piace scrivere”. Sembra tutto semplice, lineare, senza fronzoli eppure, al di sotto ed al di là di questa semplicità, si percepisce una ricchezza di storie più o meno piccole, che intarsiano e delineano a tratti la grande Storia, che la mostrano in una prospettiva più umana e quasi più divertente anche nelle sue tragedie, come quando le leggi razziali di Mussolini “liberano” l’autrice dall’obbligo di andare a scuola. Una lettura ed un personaggio semplice, quindi, ma ad osservare attentamente la Mafai mentre racconta le sue storie ad un pubblico, ora perso nei ricordi di un epoca vissuta per i più anziani, ora affascinato, nella propria gioventù da una memoria che racconta, si percepisce una ben nascosta complessità di prospettive e punti di vista, di analisi, biografiche, storiche, psicologiche che si integrano armoniosamente a vicenda.
Discutendo con gli astanti prima che cominci l’incontro di presentazione del libro la rappresentazione maggiormente condivisa circa l’autrice nell’immaginario comune è quella di una donna di un’eleganza d’altri tempi, una gran dama e la scrittrice, avanzando lenta tra le sedie appoggiandosi ad una stampella sembra confermare subito quest’idea. Introdotta dal relatore della serata Marco Cuzzi, professore di Storia alla Statale di Milano, e suo genero, nei primi momenti tace, sorride, quasi vezzosa, per quanto di lei viene raccontato, come schernendosi con gli occhi bassi, aristocratica ed umile insieme, ironica nel non dirsi vecchia ma “testimone storica”, come il politicamente corretto richiede oggi giorno, onesta e modesta nel non definirsi, nelle prime battute, una scrittrice, ma “una persona a cui piace scrivere”. Sembra tutto semplice, lineare, senza fronzoli eppure, al di sotto ed al di là di questa semplicità, si percepisce una ricchezza di storie più o meno piccole, che intarsiano e delineano a tratti la grande Storia, che la mostrano in una prospettiva più umana e quasi più divertente anche nelle sue tragedie, come quando le leggi razziali di Mussolini “liberano” l’autrice dall’obbligo di andare a scuola. Una lettura ed un personaggio semplice, quindi, ma ad osservare attentamente la Mafai mentre racconta le sue storie ad un pubblico, ora perso nei ricordi di un epoca vissuta per i più anziani, ora affascinato, nella propria gioventù da una memoria che racconta, si percepisce una ben nascosta complessità di prospettive e punti di vista, di analisi, biografiche, storiche, psicologiche che si integrano armoniosamente a vicenda.
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