Ieri sera sono andato a teatro per vedere lo spettacolo VARIAZIONI ENIGMATICHE con Stefano Cossu e Carlo Valle. Era da un po' di tempo che non andavo a teatro e l'emozione della sala, del palco, delle luci, delle voci degli attori, mi ha avvolto e stimolato pensieri ed emozioni. La cosa che mi stupisce sempre - io che dimentico tutto - è la capacità degli attori di memorizzare una quantità impressionate di parole. Il testo recitato ieri sera non era per niente semplice. Ricco di cambi di tono e di registro - dal grottesco, al comico, al drammatico - presentava infinite insidie per gli attori in scena. Vedere Stefano Cossu piangere in un momento altamente tragico della storia, mentre evoca un avvenimento doloroso della sua vita, mi ha sorpreso e incantato. Ho pensato a un trucco scenico. Qualche sostanza urticante spalmata sulle dita? E invece no. Tutta farina dell'attore - direbbe un fornaio - che riesce a compenetrare l'emozione e il dolore e lo ributta fuori in forma liquida per il piacere del pubblico che osserva. E che dire della cinica follia interpretata da Carlo Valle? Uno scrittore premio Nobel che vive in un'isola sperduta nel vuoto della solitudine. Uno scrittore che nel confronto con un giornalista che va a intervistarlo sulla sua isola (non solo geografica), riesce a sparare una serie di bordate che non passano inosservate. Amore, memoria, valore della verità. invadenza della menzogna, finzione, illusione... c'era tutto questo e molto altro ieri sera su quel palco e io dico grazie alla magia del teatro che ha il potere di portarti altrove senza spostarti di un millimetro.
Uscito dal teatro mi sono incamminato con un amico nel centro storico della città. Salendo il Corso ho provato uno sconforto incredibile. Un grigiore e una desolazione inaudita. Negozi chiusi. Cartelli dove leggevi solo VENDESI e AFFITTASI. Serrande e vetrine vuote che solo pochi anni fa accoglievano tante attività commerciali. La macelleria, il fioraio, il negozio di elettrodomestici, il calzolaio... negozi che rendevano viva e pulsante quell'arteria della città. Ho trovato aperto solo un locale - uno zilleri - con musica sparata a palla e una fauna strana e variegata con birrozza in mano e sigaretta alla bocca che stazionava in prossimità della porta - una tenda ti impediva di vedere qualcosa del locale. Solo luci verdi e viola e musica assordante. Li guardavo e mi chiedevo: ma da dove saltano fuori tutti questi zombie? Mi apparivano come le comparse perfette di un film ambientato nella periferia degradata di una qualsiasi città. C'era in loro qualcosa di teso, nervoso, febbrile... non comunicavano allegria, gioia, divertimento. E le ragazze con il trucco pesante, le gonne cortissime, le scarpe altissime che non riuscivano a gestire camminando sull'acciottolato della via,.. una di queste c'è passata davanti a piedi nudi... con le scarpe in mano. La faccia stravolta. Poi mi sono detto: be', anche io, in gioventù ho bevuto e ho esagerato e ho sbarellato di brutto... anche io ho recitato nella stessa commedia o farsa... e allora cosa cambia in questo caso?Cambiava solo la cornice, ecco cosa cambiava. Una città allo sbando che perde pezzi e rende il tutto molto più triste e decadente. La sensazione di perdere il controllo della realtà... in una deriva che non sai frenare e ignori quanto ti possa portare lontano.
In una sera - la stessa sera - la finzione magica del teatro e la verità nuda della realtà. Alza il sipario... cala il sipario. Applausi.
Ieri sera ho provato tristezza e dolore per la mia città. Tristezza e dolore. Tutto qui.