Una serata particolare

Creato il 16 aprile 2012 da Ilsegnocheresta By Loretta Dalola

A Che tempo che fa l’arte viene raccontata in due modi differenti dal professor Caroli e da Benigni. L’uno ci porta nel mondo colorato di due grandi protagonisti della nostra epoca: Francis Bacon e Lucian Freud, l’altro si scatena nel racconto dell’ultimo lavoro di Woody Allen.

I due erano amici e dipingevano, Lucian seduttore dallo sguardo ipnotico, Francis effervescente e sempre pronto a offrire costose bottiglie di champagne. Francis Bacon il “maledetto” pittore dell’uomo moderno viveva nel caos assoluto, un animale in balia di un mondo senza dio e senza tregua, tra dolore e paura, questa è la chiave della sua vita, vissuta al limite massimo dell’auto lesionismo. Saggio e selvaggio. Un uomo la cui anima si riflette in un corpo deformato e scomposto. Quelle stesse “deformazioni” che hanno sempre attanagliato le figure della sua pittura. Il dublinese, trapiantato a Londra che nella “scarnificazione” dei volti ha trovato la sua sublime grandezza, nella ricerca spasmodica e mai accomodante della torbida intimità delle persone

Lucian al contrario era brillante, un realista privo di sentimentalismo o di adulazione nei suoi ritratti, che sono forti, crudi al punto da essere a volte difficili da guardare, soprattutto i nudi per i quali era giustamente famoso. Cercava il vero e non il bello. La sua missione era dipingere la figura umana e per tutta la vita ha esplorato attraverso la pittura la presenza fisica delle persone. Tutti i suoi soggetti ricordano come chiedesse loro di posare per lunghissimi periodi, osservandoli per ore, lasciandoli in posa anche quando stava dipingendo la stanza o lo sfondo, perché voleva osservare e cogliere l’impatto che la presenza fisica della persona ha sullo spazio che occupa.

Francis, classe 1909, omosessuale dalla personalità complessa al limite del “disturbo psichico”, con una “passione” artistica per la malattia e la mutilazione, bocche pronte a urlare o azzannare, immagini al vetriolo, con l’ambizione di indagare artisticamente la vera essenza dell’uomo contemporaneo, chiuso in una gabbia urlante di disperazione. Tra tempeste sentimentali e rovelli interiori, sperimentazioni tecniche e grandiosità artistica. Il  mondo di Bacon è nel suo  coraggio, come in una magnifica ossessione, che lo spinge fino all’estremo, annegato nell’alcol e nell’infarto, che gli fa concludere la sua esistenza nel caos e nella solitudine.

E poi arriva lui, un giullare che saltella per tutto lo studio, con un sorriso disarmante. Scanzonato e frenetico, una delle persone di spettacolo di cui siamo orgogliosi.  Un clown magnifico, che rincorre la fanciullezza, leggero, che fa ridere o piangere, un Pierino, inteso come l‘emblema della gioia di vivere: Roberto Benigni. E lo studio scatta in piedi e lo applaude a lungo. Poi ha inizio il duetto tra i due che rievocano i tempi della partecipazione  a Vieni via con me, trasmissione di Fazio e Saviano, quando al governo c’era ancora l’amato/odiato Berlusconi, “Come passa il tempo, ti manca”? – “Mi manca, difficile rispondere, se dico, no, è brutto verso di lui, se dico, si, pare brutto verso di noi, qualunque cosa rispondo è sbagliata”.

Il  discorso passa all’Italia e al nostro passato:” Ma , la grandezza di quel periodo, un applauso all’Unità, siamo stati l’esempio per tutto il mondo, anche adesso, parlano molto di noi…sono cambiate le cose, è un momento difficile”…Benigni non può esimersi dal lanciare un appello a Umberto Bossi, invitandolo a fuggire con lui in Tanzania su di un’auto guidata da Renzo Bossi. ” Con stì lauree bianche, le camicie verdi e i conti in rosso, sono il trionfo del tricolore”.

E’  la volta di  “To Rome with Love”  di Woody Allen, in cui Benigni interpreta un borghese che improvvisamente diventa una celebrità.”Una persona normale, che diventa famoso e allora case, donne, fama, soldi, come Renzo Bossi”…

“Ho girato questo film perché lo amo molto, un film straordinario, lavorare con Allen è una cosa misteriosa e ci si accorge di essere accanto a un grande, è come il mistero della vita e della morte”…Una sorta di sposalizio col lavoro, fatto di sguardi esplicativi del regista e di particolarità, come la volontà di non utilizzare il ciack, perché simbolo “della castrazione, “non dice neanche:azione, fa un cenno con gli occhi”…

Fazio parla della prossima trasmissione che farà con Saviano, durante la quale verrà chiesto agli ospiti di citare una parola alla quale “vogliono bene”. Benigni sceglie “anatroccolo” e racconta la storia di quando il padre, tornato dalla guerra e dai lavori forzati,  “lui, voleva solo,lavorare e stare con la mi nonna”… a piedi fino a Misericordia, con due patate in tasca. Era irriconoscibile. Davanti all’amata  Isolina, disse:  “Ho pensato sempre a te”, svenne e andò in coma. Non avendo sua madre soldi per le medicine, aveva quattro anatroccoli e andò alla Madonna del Bagno dicendo “E’ tutto quello che ho”. Il giorno dopo il padre uscì dal coma.

E con questo racconto, dolcissimo e meraviglioso come il personaggio che lo ha narrato, si conclude l’incontro.


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