Una settimana di “Vergognamoci per lui” (139)

Creato il 17 agosto 2013 da Zamax

Un giorno di gogna non fa male a nessuno. Come dicono i filosofi più in gamba, è tutta esperienza. Su GIORNALETTISMO.COM

MATTEO RENZI 12/08/2013 Per far sua la sinistra il sindaco di Firenze ci ha provato in tutto in modi: ha cominciato col cripto-berlusconismo e sta finendo col trinariciutismo. Nell’anniversario della Liberazione ha detto: «Rispetto umano e pietas per tutti i morti, ma c’è chi è morto dalla parte giusta e chi è morto dalla parte sbagliata. Ogni tentativo di revisionismo va respinto al mittente.» Quando sento queste pompose esagerazioni mi scappa da ridere. E’ come se qualcuno con fiero cipiglio vi guardasse in faccia e mettesse alla prova la vostra ortodossia antifascista. Costui si considera naturalmente un erede spirituale di coloro che combatterono dalla parte giusta. Un paese cattolico come l’Italia non ha mai conosciuto un bigottismo più radicato di quello di questo marmittone: ragionare con lui è un’impresa. Se gli dite che l’apporto militare dei partigiani alla Liberazione fu poco più che nullo; che rispetto alle armate di tedeschi ed alleati i partigiani erano meno che quattro gatti; che anche sull’aspetto morale della questione c’è parecchio da dire; che per molta gente comune questi giovanotti dai modi spicci, i partigiani, erano poco meno che banditi; che molti di questi sputavano sulla democrazia liberale tanto quanto i fascisti; che fra di loro la truppa dei voltagabbana s’ingrossava in modo sbalorditivo man mano che gli yankees salivano la penisola; che essi non rappresentavano «la parte giusta» del popolo italiano semplicemente perché il popolo italiano assisteva passivo ai disastri della guerra; che «la parte giusta» del popolo italiano si formò politicamente solo dopo, per motivi tutt’altro che nobili e magnanimi, elevando la Resistenza a fondamento della nazione; che «la parte giusta» del popolo italiano era in realtà la sua parte più schizofrenica e compromessa col regime, come la fascistissima Toscana del ventennio; se gli dite tranquillamente tutte queste cose, prima di contorcersi per lo scandalo, vi guarderà a bocca aperta come un marziano. Mentre il marziano, a settant’anni dalla fine della seconda guerra mondiale, è lui. Se lo capisce, bene. Sennò, che la smetta di rompere.

ROBERTO BALZANI 13/08/2013 Quali sono le regioni che hanno la più alta densità di inceneritori nel loro territorio? L’Emilia Romagna e la Toscana, anche se la regione che singolarmente presa ne ha di più è la Lombardia, che però ha più abitanti di Emilia Romagna e Toscana messe insieme. Fatto sta che un inceneritore italiano su tre si trova nelle due grandi regioni rosse. Strano, se si pensa che al popolo di sinistra viene l’orticaria solo a parlare di inceneritori. Ma si sa come sono i compagni: quello che agli altri intimano di non fare, in casa loro lo fanno tranquillamente. Mica sono scemi. Ne ricavano un doppio vantaggio: politico a livello nazionale, e gestionale a livello locale. Ed è così che il sindaco di Forlì sul suo blog de “Il Fatto Quotidiano” può scrivere: «…Rispetto alle realtà del Paese ancora alle prese con l’emergenza – discariche, termovalorizzatori ipotizzati o in costruzione, esportazione di ecoballe -, qui siamo di sicuro un passo avanti; ma proprio perché lo siamo, l’impostazione di un approccio in linea con la politica europea diviene, a mio giudizio, inevitabile. I fatti. L’Emilia-Romagna ha scelto per tempo la via dell’incenerimento, quando essa appariva un’opzione ambientalmente più accettabile dei pessimi sistemi di smaltimento precedenti (il seppellimento dei rifiuti, tanto per esser chiari). Le multiutility del territorio hanno investito in impianti assai costosi e poi li hanno via via ammodernati nel corso degli anni, inserendosi in uno dei business pubblici fra i più rilevanti e redditizi. I problemi sono sorti quando la sensibilità dei cittadini nei confronti della questione ambientale è progressivamente cresciuta, influenzando le politiche dei partiti e delle amministrazioni. Da percezioni “di nicchia” si è passati a orientamenti più vasti e diffusi: col risultato che gli eletti incaricati di reggere le sorti dei comuni, per convinzione o per convenienza, hanno cominciato ad inserire nei loro programmi di mandato obiettivi più ambiziosi: il potenziamento della differenziata fino alla domiciliare, il recupero di materia, la riduzione della quota da incenerire, l’idea – in particolare – che il rifiuto sia una risorsa e non una maledizione biblica…» Come si può vedere, i compagni sono sempre più avanti degli altri, ed anche ragionando a ritroso hanno sempre ragione. La costruzione di inceneritori? Opera meritoria, necessaria e in quegli anni perfino lungimirante. Ma perché, agli inizi del millennio, non lo hanno fatto sapere anche al resto d’Italia, invece di alimentare una campagna di terrore intorno agli inceneritori? E perché non hanno voluto consigliare all’Italia della munnezza di percorrere la nobile via che loro stessi hanno percorso, quella saggia dei passi fatti uno alla volta, cominciando dalla costruzione di una bella serie di meravigliosi inceneritori?

IL PREGIUDICATO 14/08/2013 Pregiudicato! Pregiudicato! Pregiudicato! Da quando il Berlusca è stato condannato in via definitiva l’esercito petulante ed isterico delle femminucce della sinistra non la smette di berciare. E’ da una vita che attendevano il Giudizio Divino e non riescono a capacitarsi che il Berlusca non sia ancora sparito dalla circolazione e con lui i berluscones. Il coro è possente e livoroso, ma è bene dire subito che a noi, berluscones, del nomignolo di “pregiudicato” non ce ne frega proprio niente. Anzi, consiglio al Berlusca di accettarlo di buon grado, insieme a tanti altri gloriosi trofei lessicali vinti sul campo di battaglia e sulla via del martirio, come Psiconano, Caimano, Al Tappone, il Nano di Arcore ecc.ecc. Si può fare politica anche agli arresti domiciliari e anche senza essere eletto in Parlamento. La dorata prigione diventerà meta di pellegrinaggi, in primo luogo di italo-forzuti, ma poi anche di turisti venuti da ogni parte del mondo: il presidente della repubblica, gli uomini di governo e i parlamentari di sinistra, di centro e parte anche di destra schiatteranno d’invidia. Quando poi anche le olgettine saranno di ritorno, in visita al nonnetto perseguitato, l’ora del trionfo sarà vicina.

MOHAMED EL BARADEI 16/08/2013 Ci sono gli uomini: come il Pregiudicato, ad esempio, l’unico statista occidentale a non essersi fatto travolgere dall’opportunismo, dal voltagabbanismo, dall’isterismo e dalla mancanza di buon senso quando in Egitto scoppiò la primavera araba. All’inizio di febbraio 2011 Al Tappone era a Bruxelles per il Consiglio Europeo: «Mi auguro», disse, «che in Egitto ci possa essere una continuità di governo. Il presidente Hosni Mubarak ha già annunciato che né lui né i suoi figli si presenteranno alle prossime elezioni e confido, come tutti gli occidentali, che ci possa essere una transizione verso un regime più democratico senza rotture con un presidente come Mubarak che è sempre stato considerato l’uomo più saggio e un punto di riferimento preciso per tutto il Medio Oriente. L’Egitto è un Paese di 80 milioni di abitanti, povero, dove il 40% delle persone vive al di sotto della soglia di povertà e dove c’è stato un forte aumento dei prezzi degli alimentari. A questo si è aggiunto il vento della libertà e della democrazia che quando soffia è contagioso. Questo vento sta soffiando e sta interessando molte persone.» Il Caimano poi, da democratico cazzuto, fece un’osservazione sempre pertinente in tempi rivoluzionari, un’osservazione banale e coraggiosa: «Le persone che sono in piazza rispetto agli 80 milioni della popolazione sono veramente poche, ma al tempo stesso sono espressione di un malessere generale che non c’è solo in Egitto ma anche in altri Paesi come Giordania e Libano.» Per queste parole controcorrente il valoroso Berlusca fu irriso dal gregge delle società civili occidentali, i cui svampiti capetti lavorarono invece a far precipitare gli eventi, con gli splendidi risultati cui stiamo assistendo. E poi ci sono i caporali: come, per esempio, il diplomatico e per lunghi anni direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica Mohamed El Baradei. Costui è un vaghissimo e tipico “liberale” amante del quieto vivere, ossia un liberale che guarda a sinistra, ossia un uomo fatto per non combinare un tubo e per collezionare di conseguenza vagonate di onorificenze. Nel 2005, in odio a Bush Jr., ebbe il Nobel per la Pace. Leggo su Wikipedia che, solo per rimanere in Italia, le Università di Firenze e di Perugia gli conferirono Lauree Honoris Causa in questo e quell’altro, e che l’istituto Archivio Disarmo lo insignì del “Premio Colombe d’oro per la pace”, guiderdone disgustosamente zuccheroso già solo nel nome. Anche El Baradei, come l’Occidente più frivolo – in prima fila gli opinionisti di tutti i Corrieroni della Sera del mondo civilizzato – scoprì con trent’anni di ritardo e con le manifestazioni di Piazza Tahrir che il nostro amico Mubarak, uno degli autocrati più bonaccioni e ragionevoli che il Medio Oriente abbia mai conosciuto, era un “dittatore”. Fatuo e furbacchione, questo burocrate pensò di cavalcare la rivoluzione ponendosi a capo dell’Egitto cautamente laico e liberale. Perse la partita non riuscendo nemmeno ad entrare in campo. La partita la vinsero naturalmente i Fratelli Musulmani, i quali pur con tutta la loro buona volontà dimostrarono in poco tempo che con il liberalismo democratico non avevano niente a che fare. E allora, in nome della democrazia, e applauditi dagli irriducibili boccaloni di Piazza Tahrir, i militari s’incaricarono del golpe che doveva cacciare il democraticamente eletto presidente Morsi. Non avendo imparato nulla, El Baradei avallò anche il golpe, ricevendone in cambio la solita nomina: Vicepresidente dell’Egitto. Ora siamo sull’orlo della guerra civile. Le notizie parlano di centinaia di morti in soli due giorni. El Baradei ha prontamente dato le dimissioni. Come a dire: io non c’entro. Cretino.


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