Una spruzzata di Provenza

Creato il 23 agosto 2011 da Sara

Lungi da me l'intenzione di fare la suocera sotto qualsivoglia forma ed arricchire col mio personale contributo la già vastissima letteratura in proposito, ma prima o poi dovevo pur decidermi a conoscere i genitori di Alex, abbreviazione che adoro di Alexandra, la compagna del figlio Francesco. La sua famiglia vive nel freddo e brumoso nord delle Ardenne, ma d'estate sbarca in Provenza, in una vecchia casa piena di fascino nel centro del paese di quei  villaggi "perchés" silenziosi e sonnolenti del midi francese dove sembra non succeda mai niente, un ozio sovrano, destinati quasi solo alla letteratura ed  alla cinematografia, con  Geoges Clooney che eredita una proprietà dallo zio d'America, si mette a fare il vino e naturalmente trova l'amore.
Sull'autostrada verso Aix en Provence sfilano rocce rosse, la Sainte Baume, luogo di pellegrinaggio, la grotta fra le montagne dove sarebbe vissuta in eremitaggio per trent'anni Maria Maddalena, la montagna Sainte Victoire, tanto amata da Cézanne ed eternizzata sulle sue tele; in una piazzola di sosta incontriamo soprattutto tanti giovani in autobus, i Papaboys,  che allegramente se ne vanno a Madrid per partecipare alla prossima giornata mondiale della gioventù. Chiacchierata con cordialissimi ed educatissimi  boy-scout napoletani; per il lungo viaggio del piccirillo  mammà ha preparato frittata di maccheroni e casatielli, generosamente ci invitano a favorire.

Usciamo dall'autostrada a Saint Maximin, dove l'imponente Basilica di Sainte Marie Madeleine viene presentata come il più bel esempio di architettura gotica in Provenza, ma è incompiuta, i lavori si sono arrestati nel 1532 in assenza di denaro,  troppe guerre ed epidemie di peste. Niente da fare, ogni secolo ha i suoi bubboni.
Sarà l'una, un sole e un caldo che levati, il giovane prete che accoglie turisti e fedeli in basilica se ne va fuori in piazza e da un sacchetto tira fuori il parco pasto. Appartiene all'ordine dei benedettini, ma francescanamente condivide il pane con i volatili circostanti.
Mi piace, a Saint Maximin vige un certo spirito didattico e si parla chiaro; giustamente si vogliono preservare le vecchie pietre e gli angoli densi di storia da un uso improprio. Ma la vera chicca è un'altra, Francesco conosce bene le mie curiosità e con passo deciso districandosi fra vicoli e stradine mi porta nella Juteria.A Saint Maximin gli ebrei occupavano un quartiere intero, la Juteria, la giuderia appunto, adesso si chiamano  le arcate della rue Colbert. La loro prima istallazione nella zona risale al XIII° secolo.
 Cacciati dalla Francia da Filippo il Bello, vengono accolti in Provenza da Carlo II di Angiò che permette loro di espandersi in città e villaggi, hanno il diritto di avere una sinagoga, una scuola, un cimitero, i pilastri del vivere civile. La protezione dei conti di Provenza dura per ben due secoli, seguiranno gli anni della conversione forzata o l'espulsione perchè sarà solo la rivoluzione francese a rendere definitivamente legale la loro presenza in Francia. Per conquistare metri abitabili e ricavare spazi ombrosi è cosa frequente nell'architettura dei villaggi mediterranei costruire arcate davanti alle case, pare però che un decreto dell'anno 1320 le faccia abbattere perché rappresentano un ostacolo per la difesa della città. Le arcate di Saint Maximin sono state risparmiate grazie ad un privilegio accordato nel 1323 dal re Robert d'Angiò.La Provenza è tutta una distesa boschiva, mai nessuna attività industriale in questa regione, solo lavanda al momento giusto, vigneti e qualche cultura interrompono la fitta macchia degli alberi. La macchina si inerpica per strade assolate e deserte, l'occhio si perde fra questo oceano verde senza onde.Eccola qui la nostra meta, la Verdière, con tanto di castello in cima alla collina. Una bella famiglia, padre, madre e tre figli, i due fratelli di Alex, un nipote quasi adolescente, tutti riuniti per quel miracolo familiare che solo le vacanze riescono a fare. In questo mondo liquido, Baumann docet, ormai tutti i giovani sono nomadi, preziose le occasioni di condivisione.La vecchia casa è alta di tre piani e stretta, scale, gradini e fascino di sapore antico a iosa, muri spessi che proteggono dal caldo d'estate e dal freddo in inverno quando soffia il maestrale. Il padre, architetto, se l'è messa a posto a poco a poco negli anni e non ha ancora finito, in questo genere di case non si finisce mai. E' proprio sotto gli spalti del castello e lui è riuscito a ricavarci anche un terrazzo, bene raro in pieno centro del villaggio.  Meglio mettersi subito tutti a tavola, serve a rompere il ghiaccio e scoprire che il menù non è provenzale, ma siculo, come le origini del padrone di casa e dunque via con una bella caponata e anellini al forno secondo la ricetta della nonna paterna di Geraci Siculo. Alla faccia degli asceti dell'alimentazione, trovo che intorno ad un magnifico timballo succedono grandi cose, ci si conosce e si diventa amici.Degli sconosciuti fino ad un attimo prima si ritrovano reciprocamente a spalancare le braccia e a dire di sè, la chiave è l'amore per i nostri ragazzi e conseguentemente per le loro scelte. Il loquace pater familiae Nicola, detto Cocò, racconta la storia del nonno, perfetta per un film di Tornatore. A fine '800 l'avo Nicola in 40 giorni di navigazione sbarca nella mitica America in cerca di fortuna.
 New York e Chicago, dove apre un negozio di barbiere e conosce Concetta, terreno di caccia di un mafioso che la sfregia per vendetta, ma nonno Nicola l'ama per davvero e se la sposa lo stesso con cicatrice in faccia. 10 anni nell' american dream e ritorno a casa per non sottostare a pressioni dei mammasantissima locali. Con i 4 dollari risparmiati
( proprio 4, così racconta Cocò), si compra casa, terreno ed un nuovo negozio di barbiere.
 Forte personalità quel Nicola numero 1, per farsi riformare durante la grande guerra, si acceca di un occhio buttandosi calce viva addosso. Gli anni passano, il negozio  va a gonfie vele perché un barbiere siciliano ha molteplici attività, fa anche il calzolaio e la sera il dentista. Cocò ci tiene a dire che a Geraci, a parte il nonno comunista con altri 300, erano tutti fascisti.
Sulle pareti della bottega obbligatorio un ritratto di Mussolini, ma accanto, dietro la vecchia poltrona da barbiere di Chicago c'era anche Garibaldi. Poi, quel 24 agosto 1944 dopo la messa, per la caduta del fascio a Geraci Siculo c'è un grande movimento rivoluzionario, mezzo paese è in piazza, fuoco, spari ed una grande esplosione, complice dell'esplosivo stipato nei granai del Castello. Brucerà tutto, i documenti in Municipio, i negozi, moriranno 200 persone.
Cocò, avviato alla carriera familiare, rivoluzionerà la sua vita grazie a una borsa di studio fattagli avere dal Professore Levi Montalcini, studierà a Torino, si laureerà in architettura ed emigrerà in Francia, complice l'amore, un colpo di fulmine per Annette, francese doc, turista sull'isola degli aranci nonché brillante insegnante di letteratura francese. La vita di un secolo, di tre generazioni raccontata davanti a un timballo d'anellini al pomodoro, l'avevo detto che fa miracoli.

Oltre alla Verdière, visitiamo anche il vicino Saint Julien Le Montagnier, borgo medioevale altrettanto piccolo, ma dove non manca niente, la chiesa del XII° secolo, il campanile in compagnia della luna, il mulino e tutto il paese in piazza a chiacchierare aspettando la carne allestita sulla brace sotto le stelle. Due, tre volte all'anno celebrano la festa dell'amicizia e questi sono gli unici momenti in cui questi sonnolenti paesi sembrano risvegliarsi e si animano come per magia.
 
I due giorni provenzali finiscono, si torna a casa. Grazie a tutti, sono stata proprio bene, magari l'anno prossimo ritorno a trovarvi e nel frattempo mi alleno col gorgheggio per potermi iscrivere, non si sa mai, al ventinovesimo campionato ufficiale.


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