Porte che sbattono. Porte che si chiudono dietro grida. Mani sulle orecchie per non sentire. Mani sul volume per far arrivare la musica fino al cielo, salendo dall’ inferno di un pomeriggio di una domenica uguale ad un secolo di domeniche.
Spaventi di occhi in lacrime. Tormenti di speranze illuse. Orecchie tappate dalla pioggia scrosciante. Battiti aumentati dalla vana speranza di poter essere altrove.
Una lampada si spegne. Una lampada si accende. Una porta rimane socchiusa. Le mani dalle orecchie cadono leggere. Ogni cosa svanisce e inizia.
Le voci tacciono. Le voci escono fuori. Lui è rimasto dentro, chiuso nella musica del silenzio.
Le voci tornano a casa. Trovano la porta aperta. Strano dice la madre, non è mai uscito da solo. Strano dice il padre, non ha mai voluto venire con noi. La musica non è ancora finita. Il tasto però è su off.
La porta viene spalancata. Grida altissime. Il silenzio giace sul pavimento. Il silenzio ce l’ ha rapito! Si dicono entrambi. Glielo dicevo che ascoltava troppa musica assordante. Ecco il risultato! Sentenzia il padre.
La porta rimane aperta. La porta non si chiuderà più.