di Marcello Cabriolu
Nel cuore dell’Isola di Sant’Antioco è possibile visitare un cromlech, un antichissimo osservatorio astronomico, finora rinvenuto solo in Gran Bretagna, segnale di come l’uomo preistorico sardo osservava attentamente la volta celeste e teneva il computo del tempo.
Che la Sardegna fosse la culla di un’antica civiltà, quella nuragica, è risaputo. Che il territorio pulluli letteralmente di strutture preistoriche lo si può facilmente intuire osservando qualsiasi scorcio o paesaggio di quella che anticamente veniva definita “Argyrofleps nesos”. Nonostante molti sardi “inciampino” uscendo di casa in un monumento, le ricerche archeologiche in Sardegna sono ben lungi dalla piena consapevolezza storica dei processi che hanno caratterizzato l’era moderna. Tali processi, di cui si ha testimonianza fin da epoca remota, hanno regalato e continuano a regalare, agli appassionati della cultura sarda, emozioni e stralci di un passato dove l’ingegno umano cercava di imporsi sulla natura o meglio cercava di misurarla e coglierne i benefici. Nell’Isola di Sant’Antioco, nel sud ovest sardo, dove la presenza umana neolitica può vantare le più antiche frequentazioni, alcuni gruppi umani ebbero delle intuizioni sulla periodicità delle
stagioni.
“Su Surcitanu”, l’uomo di cultura San Ciriaco forse legato al “suergiu” - come chiamano il sughero da queste parti - conobbe e sfruttò le risorse naturali presenti sul territorio dell’allora penisola sulcitana.
Già perché attorno al periodo in questione - la facies neolitica di San Ciriaco appunto (4000 – 3200 a.C.) - quando l’uomo locale iniziò a creare capanne con zoccolo litico e tetto con ramatura di ginepro e frasche, poggiate su basamenti rocciosi sistemati sugli altipiani, il territorio dell’arcipelago sulcitano era ancora una penisola della Sardegna, solcato da due fiumi preistorici, il Riu Makkarba e il Riu Santu Milanu. In un’epoca di grandi cambiamenti quali l’edificazione di capanne con copertura a corbellatura e la creazione delle prime Domus de Janas monocellulari, si attesta un gruppo umano che tende verso la sedentarietà e attua una fase importantissima della propria evoluzione: la rivoluzione neolitica.
Attraverso l’esperienza diretta o la diffusione delle tecniche, “Surcitanu”, l’uomo preistorico locale, si trasforma da cacciatore-raccoglitore a agricoltore-allevatore, vive le stagioni, semina, irriga, raccoglie, pascola il bestiame. In questo momento particolare l’uomo sente l’esigenza di contare il tempo, di regolare lo scorrere delle lune e dei soli, anche perché intuisce che dal loro susseguirsi e dall’alternarsi delle stagioni, dipenda la sua vita e il suo sostentamento.
Elementi vitali e istinto di sopravvivenza, questi sono gli stimoli ‘scientifici’ che muovono l’animo umano a creare un osservatorio astronomico o meglio definibile “Cromlech” oppure “henge”, se detto all’inglese. Sopra un basamento conosciuto come Sa Corona ‘e Marrocusu (178 mt. s.l.m), zona centrale dell’Isola, a poche centinaia di metri da un menhir conosciuto come Sa Perd’e s’Omini, viene eretto il circolo o, meglio definibile stonehenge – cerchio di pietre.
Più che di un unico cerchio, si tratta di più anelli concentrici, realizzati con macigni di andesite basaltica e materiale vitrofirico - ecco perché sarebbe meglio definirlo “Cromlech”- orientati secondo punti astronomici precisi. La forma ovale della struttura evidenzia un corridoio che conduce ad un macigno, centrale nell’insieme e probabile punto di osservazione, evidenziante il nord geografico. La funzione osservatoria si sviluppa inoltre verso i quadranti est. In particolare, dal macigno centrale si dipartono a raggiera dei corridoi aperti in corrispondenza rispettivamente delle albe, del solstizio d’estate, degli equinozi di primavera e autunno e del solstizio d’inverno. Il fattore curioso è che resa la planimetria del monumento, questa coincida perfettamente con quella dei megaliti stanti nella piana di Salisbury nell’England meridionale.
La struttura che si conserva ancora integra e semisommersa dalla macchia, è capace ancora di assolvere alla sua funzione primaria ovvero di contare il tempo che scorre. “Surcitanu” – il nostro uomo preistorico – avrà perciò avuto dei riferimenti temporali relativi alla semina ovvero quando l’alba si sarebbe spostata verso sud oppure relativi alla mietitura quando cioè il sole si sposta verso nord.
Con l’osservazione della luna l’uomo preistorico avrebbe tenuto il conto della gestazione degli animali allevati e quindi la riproduzione, senza contare la raccolta di prodotti ottenuti dalla macchia mediterranea, tali che in osservanza delle tradizioni popolari, vedono la raccolta legata alla fase di luna crescente.
Ultima ma non meno importante è la funzione riproduttiva dell’essere umano stesso che adesso, nonostante seimila anni di progresso e tecnologia, sembra non volersi scindere da quelle fasi lunari che l’uomo preistorico avidamente controllava e misurava, forse anche nell’attesa di intuirne le vicende future.
Immagini, dall'alto verso il basso:
1 alba dell'equinozio d'autunno 2009 vista dal corridoio est del cromlech (circa 90-¦ rispetto al nord)
2 cromlech - vista generale
3 la planimetria del circolo megalitico "CORONA DE MARROCCUSU" si sottolinea la perfetta similitudine con il Cerchio di Sarsen - di Stonehenge
4 mire celesti
5 un nuovo rinvenimento il cromlech de "Burruccellu", un vero gigante
6 corridoio visto faccia a sud e spalle a nord
7 alba del sostizio estivo osservata dal punto B
8 vista generale scattata da SSE