Ciao Leyra, grazie per aver accettato di fare questa piccola intervista. Innanzitutto grazie per essere qui, sul blog “la libreria dei nuovi inizi”. Parlaci un po’ di te.
Grazie a te per l'intervista!
Allora, per quanto riguarda il mondo della scrittura ho diversi autori che per me sono un esempio: J.K. Rowling, Ernest Hemingway, Valerio Massimo Manfredi, Kami Garcia e Margaret Stohl, Sir Arthur Conan Doyle e George Orwell. Sono le mie fonti d'ispirazione. Ci sono però alcuni libri che amo che non sono di questi autori: “Il piccolo principe” di Antoine de Saint-Exupéry, per esempio, o anche “Lady Susan” di Jane Austen. E, ultimo ma non per importanza, anche “Colpa delle Stelle”, che, per citare Hazel, è un libro che “sembra capirmi in strani, impossibili modi”.
Per quanto riguarda la musica, invece, ascolto moltissimo la musica pop, ma mi piace definirimi eclettica: ascolto veramente di tutto. Comunque, ho due preferenze che non possono mai mancare nelle mie playlist: Tiziano Ferro e i Muse. Grazie a quest’ultimo gruppo, oltretutto, ho scoperto il rock, e quindi ascolto moltissimi gruppi che fino a qualche anno fa non avrei nemmeno pensato potessero piacermi: Nightwish, Epica, Within Temptation...
A quanti anni hai iniziato ad appassionarti alla lettura e, immagino successivamente, alla scrittura? Chi è stato importante per questo tuo avvicinamento al mondo dei libri?
A sei anni ho cominciato a leggere: nella mia classe c'era un mio compagno che già leggeva fluentemente in prima elementare, e io ero decisa a superarlo. Non ricordo esattamente quale sia stato il primo libro che ho letto, ma uno di questi è stato sicuramente Harry Potter: ricordo il giorno che chiesi qualcosa da leggere a mia madre e lei mi diede “La Pietra Filosofale”, dicendomi che dovevo leggerlo perché era molto bello e adatto a me. Da allora ci scambiamo libri continuamente.
La scrittura è arrivata invece un po' più tardi, ma non di molto: avevo circa nove o dieci anni quando ho cominciato a dire che volevo fare la scrittrice, e quando ne avevo dodici papà mi ha sfidato: mi ha dato un tempo limite e un numero di pagine. Dice sempre che l'ho fregato, perché è da quella sfida che è nato “La Sfera del Male”.
Un’altra persona, oltre ai miei genitori, che è stata molto importante nell’avvicinarmi alla scrittura è stata la mia maestra dalla terza elementare: si è accorta subito della mia passione e della mia fantasia e non ha fatto altro che spronarmi a coltivarla, sempre. È stata davvero molto importante.
Il tuo primo libro è un breve racconto che si intitola “La Sfera del Male”. Come è nata la storia? Perché?
Come appunto raccontavo prima, “la Sfera del Male” è nato perché io insistevo che da grande avrei fatto la scrittrice. Così mio padre mi disse: “Ti do tre mesi di tempo. Devi scrivere una storia del genere che vuoi in trenta pagine.” Io scelsi il fantasy, perché è uno dei miei generi preferiti e quello a cui mi sento più affine. La storia l'avevo già in testa da un po', e anche il mondo nella quale è ambientata, ma ammetto che metterlo “su carta” è stata la parte più difficile. Di sicuro, la parte più divertente sono stati i successivi commenti dei miei genitori!
Riscriverei tutto! È una storia che ho scritto quando ero ancora molto piccola e grezza, e questo si sente nello stile e anche nel carattere dei personaggi. Sono molto fiera di quel piccolo racconto, e non cambierei mai la storia, ma col senno di poi mi piacerebbe riscriverlo ora, per renderlo un po' meno “bambinesco” e un po' più “adulto”.
“La Sfera del Male” è un breve racconto di circa 35 pagine che tu hai scritto all’età di dodici anni. È stata una bella sfida, immagino... cosa ti aspettavi da questo tuo racconto dopo la sua pubblicazione?
Sinceramente non lo so. Ci ho messo davvero parecchio a rendermi conto che era effettivamente pubblicato, quindi non so cosa mi aspettassi. Per me la cosa importante era che fosse lì, disponibili per essere letto da tutti.
Qual è il personaggio che ti rispecchia maggiormente? Perché?
Arin, perché ho davvero messo moltissimo di me. Infatti è diventato una specie di soprannome, nel web.
Quando si scrive di solito la musica è molto importante. Preferisci scrivere con un sottofondo musicale oppure no?
Non posso scrivere senza la musica! Ogni mia nuova idea ha una sua colonna sonora basata sulle canzoni che più si adattano ad essa e anche al mio umore o alla mia fissa del momento.
Cosa ne pensi del self publishing? E dell’editoria in generale?
Purtroppo l'editoria è un mondo molto difficile, e la mia esperienza mi ha mostrato un mondo anche abbastanza chiuso. Purtroppo, le statistiche indicano che c'è sempre meno gente che legge e che, di conseguenza, compra libri. Ma gli editori con cui ho parlato mi hanno sempre detto di essere sommersi di manoscritti. Penso che il self publishing sia un buon metodo, per uno scrittore esordiente, di farsi conoscere. Di sicuro non bisogna considerarlo un punto di arrivo: a parer mio, l'autopubblicazione è solo l'inizio.
Preferisci il digitale o il cartaceo? Motiva la risposta.
Nessuno dei due. Penso che entrambi abbiano i loro pregi e i loro difetti. Tendenzialmente, preferisco comprare il cartaceo, ma solo perché ho i miei piccoli “riti” quando leggo (come giocherellare con l'angolo della pagina). D'altro canto, tre o quattro anni fa sono andata in vacanza per due settimane, passandone una a letto con la febbre: grazie al mio lettore ebook ho potuto leggere tre libri consecutivamente.
Ultimamente, oltretutto, ho preso l’abitudine di comprare tendenzialmente ebook perché costano molto meno (facendo felice il mio portafoglio spesso sprovvisto e anche quello di mamma che altrimenti svuoterei a furia di comprar cartacei) e comprare solo successivamente la versione su carta solo se il libro mi è piaciuto al punto da volerla a tutti i costi. Con “Colpa delle Stelle”, ad esempio, è successo così.
L’ispirazione e il blocco dello scrittore: la prima, come ti viene di solito? Il secondo, come lo superi?
L'ispirazione può arrivare da qualunque cosa: un film, un libro, una frase... non ho davvero limiti. Persino vedere la foto di un attore può farmi venire un'idea.
Il blocco dello scrittore è ben più complicato invece. Di solito lo supero parlando della mia idea con mia madre, che mi fa ragionare e mi aiuta a scrivere ciò che non riesco a trasformare in parole.
All'inizio doveva essere una fanfiction basata sul film “Thor”, ma poi ho deciso di farne un libro a sé. Quindi lo spunto mi è stato dato dalla Marvel. L’ho scritto circa in nove mesi (è stato praticamente un parto!).
Ho deciso di farne una trilogia perché ho moltissime idee che so già voglio dividere in tre libri. Non posso dire di più o dovrei fare spoiler, ma in pratica sono stati proprio Loki e Alex a darmi l'idea per altri due libri.
Leggendo “Un cuore dannato” – devo ammettere – che si viene catapultati ad Ásgard e leggendo la mia recensione si può certamente notare che mi è piaciuto molto come libro. Hai ricevuto riscontri negativi? Se sì (o no), secondo te perché?
Per il momento, no. Mi hanno detto tutti che è un libro appassionante, e l'unico appunto che mi hanno fatto è che ha bisogno di un lavoro di editing serio (perché l'editing lo ha fatto mia madre che non è una professionista). Sinceramente non so perché non ci siano giudizi negativi (non che la cosa mi dispiaccia, devo essere sincera), ma evidentemente sono riuscita a scrivere una storia che appassiona e piace e non posso che essere felice di questo.
Se dovessi descrivere il libro con tre aggettivi quali useresti? Motiva la tua risposta.
Oddio che domanda! Allora...
Il primo aggettivo è “intenso”, perché quando l'ho scritto vi ho inserito letteralmente la mia anima. Ho provato un miscuglio di emozioni tutte molto forti.
Il secondo aggettivo è “libero”: scrivere è per me un atto liberatorio. Per me è facile come respirare, e scrivendo io sono libera. “Un cuore dannato” mi ha permesso di sentirmi libera di esprimere ciò che avevo dentro.
Il terzo aggettivo è “ribelle”: spesso, in questo libro i personaggi facevano, il più delle volte, quello che volevano loro e non quello che volevo io. Si muovevano da soli, come se avessero avuto vita propria, e io ero una mera narratrice dei fatti.
Il personaggio de “Un cuore dannato” che ti rispecchia di più?
Alexandra: è quella che più mi somiglia, o almeno quella del romanzo in cui ci sono molti dei miei comportamenti, sebbene sia davvero molto diversa da me.
Hai autopubblicato questo romanzo e si sa, il self publishing non è cosa facile. Come mai la scelta di pubblicazione è ricaduta sul self?
Proprio perché, come ho già detto, l'editoria è un mondo molto difficile. Farsi notare nel mondo degli scrittori non è per nulla semplice, e io volevo che “Un cuore dannato” vedesse la luce.
Solo perché sono buona! Nei prossimi libri svilupperò alcune tematiche importanti, come il Ragnarock, e ci sarà una morte importante.
E ora parliamo del tuo ultimo romanzo edito: Dunja – Marry e Nate. Devo ancora leggerlo, ma rimedierò il prima possibile: sto rimandandone la lettura da troppo tempo! Comunque, in riferimento a questa tua nuova opera, ti va di raccontarci come è nata?
Dunja l’ho scritto quasi quattro anni fa. Avevo da poco finito di leggere “The Physics Book of Deliverance Dane” (le Figlie del Libro Perduto in italiano), un libro che parla di streghe in modo sia fantastico che realistico. Mentre lo avevo ancora in mano, ho avuto un flash di quella che poi sarebbe diventata una delle scene centrali del romanzo: due ragazzi, uno abbracciato all’altra, che guardavano una donna morire bruciata sul rogo. A quel punto, tutto il resto è venuto da sé.
Dunja è l'unico dei libri da te pubblicati sino ad ora attraverso una casa editrice. E' stato difficile “farti notare” da un editore? Pensi di pubblicare altro con A.Car edizioni?
È stato molto difficile, ma se sono riuscita a pubblicare con la A.Car è stato soprattutto grazie a “Un cuore dannato”. È stato girando per le fiere con il mio libro prima e facendo le bancarelle dopo che ho conosciuto il direttore della A.Car, a cui ho poi mandato Dunja e che ha creduto in me.
Penso di sì, mi sono trovata molto bene con loro, quindi perché no?
Da quanto ho capito anche Dunja è una saga. Ci puoi anticipare qualcosa sui sequels? Quando usciranno?
Per quanto riguarda il quando, non lo so. Sto scrivendo i due seguiti ma ci vorrà ancora un po’ di pazienza.
Parlando delle anticipazioni, posso dire che ci sarà uno sviluppo interiore dei personaggi, soprattutto di Marry, che si ritroverà a dover crescere definitivamente e una volta per tutte, e di Nate che si ritroverà a fare i conti con la propria fede.
Leyra, siamo giunti quasi alla fine di questa intervista che doveva essere breve ma che in realtà non lo è. Spero tu non ti stia annoiando troppo! Hai altri progetti oltre alla trilogia di Ásgard e Dunja? Quali?
Non mi sto annoiando per niente, le tue domande sono molto interessanti!
Ho molte idee per la testa, quindi potrei dire che di progetti ne ho moltissimi. Posso dire che in cantiere ho diversi fantasy, due storici, uno semi-storico e un fantascientifico.
Il primo è quasi concluso (mi manca davvero pochissimo). Il titolo provvisorio è “La Corte dei Miracoli” ed è un Urban Fantasy ambientato a Parigi, con i Gitani come protagonisti.
Il secondo è un racconto di circa dieci pagine, Urban Fantasy anch’egli, ambientato invece in Finlandia.
Come tu stessa hai scritto nei ringraziamenti de “Un cuore dannato” uno scrittore non è mai solo. Chi vuoi ringraziare, più di tutti, per il sostegno in questa tua avventura e in questo tuo cammino nel mondo della scrittura?
Ringrazio la mia famiglia, che mi ha sempre sostenuto, e anche le mie amiche che ho citato sia nei ringraziamenti che nella dedica del libro: loro sanno chi sono e si riconosceranno.
E poi, beh, il mio ragazzo che mi ha sostenuta fin da subito e che è il creatore delle copertine di entrambi i romanzi.
Ed eccoci alla fine di questo “interrogatorio” lungo come la fame! Leyra, grazie mille per aver speso il tuo tempo e per aver risposto alle mie domande. Spero vivamente di ospitarti nuovamente nel mio blog con nuove anteprime, recensioni e, perché no?, interviste. Grazie ancora.
Grazie a te, davvero!
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