A poche decine di metri dal nuraghe, lungo la costa orientale dell’isola, sono state fortuitamente scoperte le tracce di un tumulo sepolcrale interamente raso al suolo, forse a causa di lavori agricoli. Della struttura si conserva in superficie solo il primo filare basamentale, dello spessore di circa un metro e mezzo, di un muro perimetrale ad anello, che in origine sosteneva l'accumulo di terra che ricopriva la tomba. Il manufatto è costruito con pietre in arenaria gessosa di provenienza locale accuratamente connesse. In base alle misure della parte residua si è calcolato che il suo diametro fosse compreso tra i 3 e i 4 m. Nello spazio interno sono state individuate parti di due piccole tombe secondarie, poste in posizione decentrata e gravemente danneggiate. La tomba meglio conservata, ubicata in prossimità della paratia del pozzo, era costituita, in origine, da un
pozzetto quadrangolare delimitato da lastrine in pietra. Due di esse si trovavano ancora in posto, infisse nel terreno, ma mutile della parte superiore e definivano uno spazio interno di circa 50 cm. di lato. La terza lastra è mancante, mentre la quarta giace nell'impronta della paratia settentrionale del pozzo.
Il fondo della tomba conteneva poche ossa combuste e alcuni frammenti ceramici e metallici, entro una matrice argillo-limosa di colore grigio scuro, raccolti mediante un microscavo del pane di terra prelevato integralmente. Sono conservate parti di un ossuario e un orlo di ciotola coperchio carenata di impasto locale, frustuli di bucchero, due borchiette e due fibule, di cui una ad arco con staffa decorata e l'altra a navicella con due bottoni laterali e staffa con bottone terminale. Ad una seconda sepoltura sconvolta è stata attribuita una piccola struttura posta ad est della precedente, formata da tre ciottoli irregolari disposti a triangolo e poggiati su una pietra piatta. La tipologia della tomba a tumulo, sinora sconosciuta nella Penisola del Sinis, sembra ispirata ai più imponenti e articolati modelli presenti nelle necropoli etrusche. La struttura monumentale del sepolcro e le sue dimensioni suggeriscono che fosse destinato a un personaggio di rango, la cui sepoltura doveva trovarsi in posizione centrale, attorniata da altre, forse di familiari, ma l'esiguità della porzione che è stato possibile indagare e le successive pesanti manomissioni inducono alla cautela nel formulare ipotesi definitive, dal momento che i dati dello scavo sono ancora nella primissima fase. Se l'origine del personaggio principale è sconosciuta, le fibule rinvenute nella tomba secondaria, estranee alla cultura nuragica, denunciano la provenienza straniera della persona sepolta. In via preliminare si può osservare che la fibula a navicella rientra in una classe diffusa nel VII a.C. nel versante adriatico: esemplari analoghi sono presenti ad Este, nell'Etruria padana (Verucchio) e nel Piceno, ma i confronti più puntuali per entrambe le fibule si possono istituire con esemplari rinvenuti in Campania, in ambienti profondamente influenzati dalla cultura etrusca. Sembra perciò possibile ipotizzare la presenza nella zona di Tharros, di un esponente delle classi gentilizie dell'Etruria meridionale, coinvolte, allo scorcio dei periodo Orientalizzante (VII secolo a.C.), in un processo di espansione e di ricerca di nuovi sbocchi commerciali nel Mediterraneo occidentale.