Sono tornato ieri. Questa per me è stata l'ennesima estate "lampo", quelle vacanze che durano un week-end e che quando finiscono ti lasciano con un discreto senso di vuoto, non tanto per quello che hai fatto quanto per tutto il resto: le persone, i luoghi, le emozioni. Certo, andare a Roma non è come andare in Messico e rimanere intrappolati su una piramide/sito archeologico finchè la vacanza non diventa un incubo, ma è sicuramente meglio così, altrimenti accadrebbe quello che succede nell'opera prima di Carter Smith, Rovine (2008), horror tratto dall'omonimo best-seller scritto da Scott Smith, qui anche sceneggiatore. In effetti Smith era già passato dalla narrativa al cinema una volta, quando aveva scritto la sceneggiatura di A Simple Plan ("Soldi Sporchi"), di Sam Raimi, tratto da una sua novel e che gli era valsa una candidatura all'Oscar.
Due coppie di amici si trovano a Cancun, in Messico. Lì conoscono un ragazzo che conduce loro in un sito archeologico, una piramide Maya non segnalata sulle cartine. Tra le rovine del sito però si nasconde qualcosa e contro questa cosa i ragazzi dovranno avere a che fare, passando direttamente dal posto da sogno a un incubo ad occhi aperti.
Molti, leggendo queste poche righe di trama, potrebbero pensare al solito teen horror: sciocchi ragazzi dediti all'alcol e alle droghe finiscono a causa della loro stupidità in una situazione critica che li decimerà. Prima di vederlo pensavo anch'io si trattasse di un film del genere, e in effetti così
è, il punto di partenza è proprio questo. Solo che Rovine è diverso, non è un torture porn alla Turistas (che forse è il film che per estetica più gli si avvicina) ma un film profondamente inquietante che colpisce lo spettatore non tanto per - appunto - l'estetica quanto per il senso di ineluttabilità dell'orrore e in questo è molto più accomunabile ad un'altra pellicola, The Descent di Neil Marshall. Rovine è un film crudele e credo che questa sia la definizione che più gli si addica. E' crudele in quel che mostra ma soprattutto per quello che rappresenta. Non ci sono pazzi assassini, non c'è una cattiveria umana e quindi (a)morale ma una inquietante rappresentazione di forze che agiscono secondo le leggi della natura, le stesse da cui l'uomo si è allontanato sostituendole con le proprie. Non più quindi homo homini lupus ma l'uomo inserito in un contesto a lui alieno che cerca di inglobarlo, assorbirlo fino a renderlo parte di un tutto.Dopo una prima parte "di servizio" in cui vengono presentati i protagonisti e durante cui lo spettatore ha la possibilità di entrare nel meccanismo filmico - che poi è quello classico di tanti altri horror - l'orrore cresce rafforzandosi immagine dopo immagine, scena dopo scena, dalla consapevolezza che lentamente si rafforza: non c'è speranza, né salvezza, solo l'inesorabile tragedia di persone comuni in una situazione che non è comune nemmeno nel cinema.DA QUESTO PUNTO IN POI LA RECENSIONE PUO' CONTENERE SPOILER
Dare il ruolo dell'antagonista alle piante non è infatti un soggetto né tipicamente americano né tipicamente cinematografico. Eppure le piante in Rovine sono i predatori, in grado non solo di aggredire le loro prede ma anche di assimilarle fino a renderle parte di quel tutto che è il mondo naturale, quasi un ritorno alle origini. Eppure c'è dell'altro, perchè con la loro capacità di insinuarsi nel corpo umano e crescere al suo interno, le piante (ma non piante comuni, quelle piante, mostri famelici al di là del bene e del male) diventano quasi metafora di quello che è forse il male più grande e subdolo mai esistito: il cancro. Le stesse implicazioni psicologiche e sociali di questo male "organico" si riflettono sulla tragedia a cui devono far fronte i protagonisti, schiacciati e braccati nella loro prigione di rovine, sempre più soli man mano che gli eventi prendono il sopravvento, scacciati dal resto del mondo quasi fossero corrotti, impuri, incubatrici di malvagità. Tutto questo rende Rovine un film maturo e profondo, diverso nonostante non sia stato apprezzato/compreso da molti. Ma anche un'opera di intrattenimento splatter a tratti sadico (con lo spettatore), tra arti mozzati, autolesionismo e un vero e proprio bagno di sangue che non lascia niente all'immaginazione. Il tutto correndo verso un finale senza speranza, ovviamente ridimensionato dalla versione italiana ma in realtà ancora più cattivo del film stesso.