Una visita inaspettata

Creato il 13 gennaio 2013 da Elle_lx
Ho sempre avuto un'intensa attività onirica...anche di notte, intendo.Ricordo che quand'ero piccola amavo andare a letto proprio per la curiosità di sapere cos'avrei sognato, e certe volte, se mi capitava al mattino di svegliarmi presto e non dovevo andare a scuola, restavo volentieri ancora un po' a letto sperando di riprendere il sogno interrotto.Ultimamente è un periodo in cui sogno molto e al risveglio ricordo bene quasi tutti i dettagli. Qualche settimana fa ho rivisto mio nonno, per la prima volta da quand'è morto, tre anni fa.
Antonio, il mio nonno paterno, nacque nella metà degli anni '20 in un piccolo paesino del sud, quello di cui sono originari i miei e dove io ho vissuto dai due anni ai diciannove. Secondo di tre figli, perse entrambi i genitori per malattie forse banali che nessuno mi ha saputo mai dire con precisione, quando aveva appena tre anni. Fu dunque preso in custodia da due zii senza figli, e visse sempre con loro, ereditando alla loro morte qualche terreno, un paio di masserie e poco altro. Da giovane s'innamorò di una ragazza che sarebbe restato sempre il suo amore perduto, perché quando tornò dalla guerra lei era già stata promessa ad un altro, e soprattutto lo zio gli aveva già indicato come moglie una giovane donna, Maria, che sarebbe diventata mia nonna. Maria era di buona famiglia, nel senso che a casa sua non mancava il pane, nonostante fossero tanti figli e avessero perso il padre molto presto; aveva infatti studiato fino in quinta elementare, cosa che nell'Italia del sud nel dopoguerra non era affatto una cosa da tutti, e costituiva di per sé una dote nuziale ragguardevole.
Nel paesino la miseria era tanta: era diffusa la mezzadria, ma il duro lavoro che spezzava le schiene sotto il sole e sotto il gelo rendeva appena il cibo sufficiente a sfamare una famiglia numerosa. Avere come moglie una donna che sapesse leggere e scrivere bene era un tesoro prezioso (nonostante Antonio non fosse analfabeta).
Maria era molto corteggiata in paese, ma lei s'innamorò di Antonio, che del resto era famoso per la sua bellezza, resa da quegli occhi scuri, dalle sopracciglia folte, dai capelli neri e ricci tirati indietro com'era in uso all'epoca, e quindi accettò di buon grado la sua proposta di matrimonio.Il loro primo figlio, mio padre, nacque nell'estate del '48, e tre anni più tardi ebbero anche una bambina.
Mi piacerebbe raccontare a questo punto che fu un matrimonio felice, nonostante la durezza della vita contadina fatta spesso di privazioni, ma non andò così.Non fu un'unione felice. Mio nonno, contadino rude e attaccato alla terra, passò tutta la vita a misurare il pane per sé e per i figli, per poter risparmiare e acquistare terreni da coltivare. Non c'era amore verso mia nonna, che aveva sposato praticamente controvoglia, essendo il suo cuore appartenuto ad un'altra, e spesso volavano le imprecazioni, e non solo quelle.Quando tornò dal servizio militare alla fine degli anni '60, mio padre non ne volle sapere di fare il contadino, alimentando il suo rapporto già conflittuale col padre (che resterà tale fino alla fine) e si decise a partire per la Germania con le poche lire che il prozio (quello zio di mio nonno che lo aveva cresciuto, che lo amò come un nipotino, nonostante mio padre non l'abbia mai chiamato "nonno") gli aveva infilato in tasca, una valigia realmente di cartone e null'altro.
Partì per lavorare in fabbrica, in quella Germania che viveva il pieno dell'immigrazione, in quella Germania in cui diversi anni dopo sarei nata io. Lavorava duramente, abitava nelle case prefabbricate che l'azienda (quella grossa delle automobili) metteva a disposizione degli operai e inviava buona parte del suo guadagno ai suoi che lo utilizzavano per acquistare altre terre.

Una (non) veduta della Chiesa Madre del paese


La mia infanzia, dopo che rientrammo in Italia nei primi anni '80 in seguito al terremoto dell'Irpinia, trascorse al primo piano di una casa al cui piano terra abitavano i miei nonni materni. Che sono i nonni dei quali ho più ricordi, i nonni che hanno fatto i nonni, teneri e devoti verso i loro cinque nipoti; i nonni che venivano spesso a svegliare la mattina me e mia sorella per farci andare a scuola, che quando tornavamo passavamo a dargli un bacino, che la mattina era uovo sbattuto col marsala e la domenica c'erano le caramelle del bar vinte a tressette. I nonni che se ne sono andati troppo presto, prima che io potessi dar loro tutti gli abbracci che da adolescente gli ho negato.Le visite ai nonni paterni erano molto più rade, in quanto loro abitavano ben fuori dal paese ed inoltre erano molto meno inclini a coltivare i rapporti familiari.Tra le consuocere, inoltre, non correva buon sangue e quindi a casa nostra Antonio e Maria apparivano molto raramente. Ricordo nonna Maria che veniva quando l'altra non c'era e ci portava un pacco di merendine...di nascosto dal marito, ne sono sicura.
Quando andavamo a trovarli nella campagna dove abitavano notavo non solo l'assenza del frigorifero e del televisore, ma soprattutto del calore umano nella loro casa, ma ciò non mi ha mai turbato, perché li ho sempre accettati per com'erano, persino quando ero bimba e quella vita mi appariva così distante.
E mi meravigliavo quando mia nonna mi poneva domande dettagliate su quello che accadeva nel mondo, cogliendomi impreparata. Lei veniva informata sui fatti dai passanti, dai vicini di casa.

Il paesiello visto dalla casa di Antonio e Maria


La penultima volta che ho visto nonno Antonio vivo era estate, e mio padre s'era messo in testa di organizzargli la festa di compleanno. Anzi, di fare una festa simbolica collettiva, perché a Luglio, oltre lui, siamo nati anche io e mio padre. Forse sentiva che la fine si stava avvicinando, e voleva recuperare in qualche modo quello che non c'era mai stato a casa di suo padre: una festa di compleanno.
Gli aveva anche comprato la tv e la cucina nuova, e fatto sistemare quella casa da troppo tempo lasciata senza manutenzione. Mio nonno era molto orgoglioso dei lavori, nonostante si fosse opposto sempre a spender soldi, ma coglieva sempre l'occasione di qualche visita per salire faticosamente al piano di sopra e mostrare all'ospite di turno il risultato delle opere.

Il granturco alto. L'ultima estate nella sua campagna. Preparativi per la festa.


L'ultima volta che lo vidi lo lasciai che piangeva dal dolore.
Avevo capito che molto difficilmente ci sarebbe stata un'altra volta...infatti un mese dopo se ne andò.
Sul letto di morte, dopo sessantatre anni insieme, mia nonna gli chiese prima perdono per tutte le volte che l'aveva fatto arrabbiare, dicendogli poi che anche lei l'avrebbe perdonato per i suoi sbagli.
E vidi mio padre piangere quando chiusero la bara.
Qualche settimana fa l'ho sognato.
Fino a quel momento era successo solo una volta poco dopo la morte.
Era sorridente, mi parlava, sembrava ringiovanito, e ad un certo punto estrasse dalla tasca una banconota di grosso taglio e porgendomela disse: "Tieni, questi sono per la bambina".
Non sono stati gli altri nonni a venirmi a trovare dopo che Alma se n'è andata...è stato lui.
Ed io ne sono felice.
Quel sogno mi ha regalato una tenerezza ed un calore infiniti.
Ciao nonno, ti sono grata per questo, lo so che mi hai voluto bene a modo tuo.
E sono contenta che tu l'abbia riconosciuta come la tua nipotina.