Una vita in un giorno

Creato il 12 marzo 2013 da Povna @povna

“E, visto che c’eravamo trovati, l’altra volta, dunque potremmo rivederci”. Dici: “Sì, domani pomeriggio”. E non hai tempo nemmeno di pensarci. Poi, in treno, è allora che ci pensi. Ma dove l’avrai preso, quel telefono. E invece, se ci pensi, l’altra volta. Era il 2007 – e ci mettesti sopra pure uno svenimento. E il furto di una bici alla stazione. E pensi ai corsi che ricorrono, coincidenze che ritornano (ma non nomi, questa volta, o non del tutto). Eppure. Così come l’altra volta. Ché certi luoghi (brutti, e strani, e storti) di per se stessi attirano romance. E ci pensi, ‘boh, che strano’. E la vita che riscorre (è così, è normale, è giusto – come allora – anche se fa dolore). E ci pensi, e non ci pensi. Perché, se ci pensi, corri (come allora). Ma anche un cielo così blu, pieno di stelle (era di maggio): e lo sceneggiatore disse che i nomi sarebbero contati sempre, allora. (E tu ti inchinasti, pure allora, alla assoluta perfezione della trama). La trama, questa qui, è meno perfetta. Ma più sciolta. E tu parti, e arrivi, senza ombrello (pioggia e sole). Coincidenze, affinità, (destino?), come fosse cosa ovvia. Una casa, un lavoro, una…: senza note a pie’ di pagina (anche questo, come allora). E poi pensi. E non è solo déja-vu, quello che pensi. E le carte sono lì, squadernate sulla tavola (e questo è strano, come quando, pioggia e sole). E non è secondo il solito. (Ma la telefonata invece è un po’ sempre la solita: “doveseiconchiseicosafaiquandotorni?”). E il tempo corre. E’ tutto un gioco, tanto. E te la ridi. (Luce fino a tardi. Pioggia e sole). E saluti. E te ne vai compunta. E ridi. E pensi. E pensi.
E un passaggio in motorella, senza casco – quasi avessi 15 anni.

La giornata finisce così.