Una volta arrivati all'osso c'è la prima contraddizione, o almeno la prima che ricordi della mia vita, tra la mente e la possibilità. Non c'è più carne da mangiare, dice la mente al bambino che stringe la coscia di pollo, hai ripulito ogni cosa, le dita sono così unte da aver reso trasparente il tovagliolo e dalla rotula (ovviamente un bambino non la chiama così), pende una sfilacciatura di tendini che non vorrebbe mangiare nessuno. È un sapore che dà alla gola, è carico di rosmarino, sale e olio. La pelle di pollo, quella che resta dato che era la cosa che ogni domenica mangiavo per prima, ha sfiorato le guance e ha lucidato il mento.
Il piatto, così come la sedia di mio padre, è vuoto: siamo arrivati alla fine, le ossa sono dure, non possono essere masticate. Non si può fare altro, sul serio.
Succhia.
Naturalmente non è la voce di Mamma, è solo una Possibilità. Credo di averla ascoltata molto tempo prima quando ancora camminavo gattoni, o quando cercavo di trattenere i bisogni per farli nella tazza. Solo che non sono ancora ricordi coscienti. Ma la Possibilità ha detto una cosa saggia ed è stato allora che ho capito che le ossa dei morti non si masticano: si spolpano.
Fosca Sensi