“Unabomber” di Emiliano Grisostolo

Creato il 29 settembre 2012 da Sulromanzo

Raccontare la vita dell'uomo che ha sconvolto il Nordest per più di trent'anni. È questa la sfida di Emiliano Grisostolo, che in Unabomber (CIESSE Edizioni, 2012), suo ottavo romanzo, ricostruisce in modo dettagliato gli episodi di cui il bombarolo del Nordest - come fu soprannominato dalla stampa all'epoca dei fatti -, fu protagonista, delineando la figura di un uomo solo, insofferente agli altri, ossessionato dal sangue e dalla distruzione. "Un romanzo di riflessione per ripercorrere la cronaca dal punto di vista ipotetico di chi ha realizzato gli attentati, attraverso i suoi pensieri e le sue azioni - premette l'autore stesso in una nota introduttiva - per ricordare le sue vittime, delle quali [...] non dobbiamo dimenticarci". L'intento, fin dalle prime pagine, pare, dunque, concentrarsi su un duplice piano d'azione: alla memoria cronachistica dei fatti, ordinati secondo un filo temporale cronologico, si aggiunge un tentativo di descrizione psicologica che è, al contempo, una sorta di identikit dell'attentatore.

L'Unabomber immaginato da Grisostolo assume, così, nel corso del romanzo, le sembianze di un uomo che agisce nella più totale solitudine, maniacale nella cura dei dettagli, esaltato e insieme gratificato dalla buona riuscita dei suoi attentati, frustrato dai colpi andati a vuoto, violento di una violenza cieca, di cui egli pare considerarsi solo il mandante. A decidere le vittime, infatti, è un Fato sempre presente nella mente dell'attentatore, che ha come scopo quello di estirpare una società fondata sulla curiosità - di cui i bambini rappresentano l'incarnazione vivente - e sui consumi esasperati, sulla distruzione di un territorio che quasi non riconosce più. Tuttavia il romanzo non si spinge a immaginare un personaggio dato una volta per tutte, con precise connotazioni fisiche, psicologiche, con esperienze di vita che l'hanno per sempre condizionato e orientato alla violenza. L'autore, piuttosto, delinea un ritratto possibile, un prototipo spesso sfuocato che non sconfina nella cronaca, ma si mantiene nell'ambito del romanzesco.

Tutti veri, invece (e purtroppo), sono gli episodi dinamitardi che il libro descrive puntualmente, ricorrendo all'uso di dettagli che rendono il resoconto tremendamente vero nella sua assurdità e ferocia. A partire dai primi ordigni inseriti nelle radioline, il modo d'agire di Unabomber cambia con la progettazione dei tubi esplosivi, per poi approdare all'uso della nitroglicerina, che colpirà le persone fin dentro le loro case. È proprio la nitidezza del racconto, senza fronzoli nell'atto di descrivere la preparazione e gli effetti dei colpi, a riportare alla memoria quelle tristi pagine di cronaca, indelebili ormai per la frequenza degli attentati e una spietatezza senza eguali. Ecco perché l'autore precisa che i lettori troveranno "questo romanzo sinistro", perché sinistro fu il modo con cui Unabomber s'insinuò dentro un innocuo tubetto di maionese o un invitante barattolo di nutella, provocando mutilazioni e terrore.

Risultano preziose, allo scopo di allentare la tensione tra uno scoppio e l'altro, alcune pause narrative che seguono da vicino il protagonista nelle sue scorribande in montagna, dove si reca per distendere i nervi. I suoi pensieri, va detto, non si discostano un solo istante dall'ossessione della violenza, ma il "quadro" psicologico dell'uomo (che si definisce Spettro) è condotto con un'intensità a tratti vivida. Peccato per quelle sviste grammaticali - la più grave a pagina 59 ("sangue non c'è nè") - che una revisione più accurata avrebbe permesso di espungere. Unabomber è un libro tremendamente vivo, pulsante, che parla di qualcuno, qualcosa, che ormai fa parte di noi.


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