Under the Skin
Creato il 11 settembre 2014 da Mattia Allegrucci
@Mattia_Alle
Sarà forse vero che Under the Skin non è uno dei film più belli del 2014, e sarà forse vero che sia troppo sopravvalutato da qualcuno, ma è altrettanto vero che a me il film di Jonathan Glazer ha incantato. O quantomeno incuriosito, e non certo per il nudo della bella Scarlett Johansson, che non ha questa importanza cruciale all'interno della pellicola, bensì per la curiosità con cui la misteriosa protagonista si intrufola nel nostro mondo e lo ammira con i suoi occhi costruiti nella prima frastornante sequenza. Un invito a guardare attentamente, un invito a lasciarsi trascinare dalle immagini e dalle sensazioni? Forse, poiché io ho colto questo invito e ho sorvolato su alcuni difetti della pellicola, come le strizzatine d'occhio, in certe scene, allo spettatore: sì, dispiace a tutti che un bambino piccolo venga lasciato senza genitori su una spiaggia dove è appena avvenuta una tragedia che sembra non attirare l'attenzione della nostra protagonista, a sottolineare la non-umanità del personaggio nonostante le sue sembianze, a ricordarci che stiamo assistendo alla storia di un alieno, ladro di pelli, che si nasconde sotto lo strato cutaneo rubato dalla Johansson per cibarsi degli organi interni degli uomini che adesca grazie alla sua sensualità. Di loro rimarrà solo la pelle fluttuante sotto il pavimento della sua casa(? Astronave? Trappola mortale necessaria?). Ma piano piano l'essere comincerà a comprendere anche i sentimenti e le sensibilità umane, diventando sempre più quella persona che il suo aspetto suggerisce che sia, una ragazza fragile e sola, di cui poter pensare di abusare. È proprio la solitudine l'argomento che ogni personaggio ha in comune con l'altro: lei cerca persone sole per rimanere nell'ombra, uomini che nessuno cercherà, viandanti, turisti, single con parenti che abitano in altre città, persone che vivono di solitudine alla disperata e inconsapevole ricerca di qualcosa che possa scuotere il loro torpore quotidiano. E Glazer ci trascina all'interno di questo torpore con sequenze lineari, senza mai sfruttare tensione ma rimanendo posato e sottotono, fino all'esplosione di luci e suoni nel momento in cui questo torpore viene effettivamente scosso: le musiche di Mica Levi trascinano lo spettatore insieme alle vittime all'interno della casa dell'alieno, prima di sprofondare in quel liquame nero lucido da cui non usciranno più. Un nero lucido che, dagli occhi della protagonista che vengono costruiti nella prima sequenza alla scoperta della vera pelle dell'alieno negli ultimi minuti del film, racchiude ed esprime un angosciante senso di mistero e terrore, come se ci si addentrasse in qualcosa di spaventoso che rimarrà sconosciuto fino alla fine. Forse anche noi stessi, fuori uguali agli altri, dentro neri e soli, incomprensibili e sperduti, alla disperata ricerca di qualcosa che ci sconvolga, come è successo alla protagonista e alle sue vittime, siamo fatti un po' di quel nero lucido. Suggestioni e sensazioni di un film che andrà rivisto, rivalutato e compreso meglio, perché un prodotto del genere non è certamente da accantonare dopo una sola visione, correndo quindi il rischio di sottovalutarlo e snobbarlo inutilmente. Certo, i soliloqui cinematografici sono sempre audaci (come dice Polanski "un film con un solo personaggio è masturbazione". È vero che qui abbiamo più personaggi, ma tutti marginali e che compaiono per pochissimo tempo sullo schermo), tuttavia non è detto che essi siano sempre inutili e poco interessanti. Io, nonostante le fredde critiche negative che hanno colpito questo film, ve lo consiglio senza ombra di dubbio.
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