“Marsiglia non è una città per turisti. Non c’è niente da vedere. La sua bellezza non si fotografa. Si condivide. Qui, bisogna schierarsi. Appassionarsi. Essere per, essere contro. Essere, violentemente. Solo allora, ciò che c’è da vedere si lascia vedere. E allora è troppo tardi, si è già in pieno dramma. Un dramma atipico dove l’eroe è la morte. A Marsiglia, anche per perdere bisogna sapersi battere.”
“Chourmo, in provenzale, significa la ciurma, i rematori della galera. A Marsiglia, le galere, le conoscevamo bene. Per finirci dentro non c’era bisogno, come due secoli fa, di aver ucciso il padre o la madre. No, oggi bastava essere giovane, immigrato o non. Il fan-club dei Massilia Sound System, il gruppo di raggamuffin più scatenato che ci sia, aveva ripreso quell’espressione. Da allora, il chourmo era diventato un gruppo di incontro e supporto di fan. Ma non era questo lo scopo del chourmo. Lo scopo era che la gente si incontrasse. Si “immischiasse” come si dice a Marsiglia. Degli affari degli altri e viceversa. Esisteva uno spirito chourmo. Non eri di un quartiere o di una cité. Eri chourmo. Nella stessa galera, a remare! Per uscirne fuori. Insieme.”
“Questa era la storia di Marsiglia. La sua eternità. Un’utopia. L’unica utopia del mondo. Un luogo dove chiunque, di qualsiasi colore, poteva scendere da una barca o da un treno, con la valigia in mano, senza un soldo in tasca, e mescolarsi al flusso degli altri. Una città dove, appena posato il piede a terra, quella persona poteva dire: «Ci sono. È casa mia».
La sensualità delle vite disperate. Solo i poeti possono parlare così. Ma la poesia non ha mai dato risposte. Testimonia, e basta. La disperazione. E le vite disperate.”
Francesco Faraci