Undicesimo comandamento – Elena Mearini di Corpi Freddi – intinerari noir

Creato il 16 giugno 2012 da Wsf

Elena Mearini, PerdisaPop, ed. 2012

Milano. Città che corre, che include, che esclude, che ignora, che afferra. Mosaico di vite, intreccio di esistenze, frammenti di storie.
Storie che si raccontano. Storie che si confondono. Storie che si nascondono.
Storie che si consumano tra le mura domestiche, pareti che diventano il confine con il mondo, intonaci impolverati che velano e ingoiano il dramma.
La storia di Serena è così: silenziosa, scandita, disillusa, secca, pesante.
Silenziosa come la preghiera che ha deciso di pregare e il dolore che ha deciso di tacitare. Scandita come le regole e gli ordini che ha deciso di rispettare.
Disillusa come i sogni che ha deciso di umiliare.
Secca come i colpi che ha deciso di incassare e riscattare.
Pesante come la Croce che ha deciso di trascinare.
Questa è la storia di Serena, dura come i sassi e triste come la solitudine, unici compagni di giochi della sua infanzia. Serena, il suo nome sembra quasi uno scherzo del destino. Orfana, in un sol colpo, di papà Salvatore e mamma Adele. Bambina che “all’età di 10 anni bagnava il letto e si faceva la notte addosso“. “Terra coltivata nel sacrificio dei sogni abbandonati” di Rinaldo, zio e padre adottivo ma “senza barba di padre ne bianco di eterno”. Questa è la storia di Serena, una bambina cresciuta nel silenzio assordante di parole non dette, nel freddo pungente di carezze mancate, nel peso insopportabile di guantoni appesi al muro, nell’odore nauseante di Barbera frizzante, nella speranza irrealizzabile di un soccorso paterno e salvifico. Questa è la storia di Serena, “astemia di coraggio e ubriaca di paura”, che all’età di 25 anni prende in mano i suoi sogni e cerca un riscatto alle sue fragilità. Sceglie Diego come culla dei suoi desideri. Ma Diego, “monolite da venerare in ginocchio”, figlio delle fragilità del potere e del successo, gratifica il suo senso di frustrazione tra le mura domestiche attraverso la bassezza e pochezza di gesti che violentano e uccidono, a piccole dosi, la dignità di una donna. Diego “nella taglia del padrone non fa una piega”, cocchiere senza ragione, schiaffeggia e accarezza, orienta e disorienta, illude e disillude. È il Caronte che traghetta la sua anima. Il suo continuo naufragare. Così si frantumano i sogni, le aspettative, le speranze che diventano frammenti di vetro che penetrano nella carne e generano il sangue di Cristo. Così cadono a pezzi i sogni di Serena. Serena che, dal giorno del suo matrimonio, ha come amici “le spalle di Rinaldo”, gli intonaci delle pareti, la sua favola dolorosa e Anja, la donna delle pulizie che Diego le ha “regalato” per colmare, ancora una volta, il suo senso di insoddisfazione e innalzare la bandiera dell’apparenza. Ma Serena recita il suo salmo: “perdonare sempre, sopportare tutto, seguire Cristo e la sua favola in attesa di un finale di amore” e così decide di trascinare la sua Croce fino a quando le spine della corona arrivano a pungere l’anima di una vita candida. Pura. In quel momento Serena, “con lo strumento acustico del coraggio” sceglie di ascoltare la sua forza.
Abbandona la sua croce.
Espelle le sue spine.
Disinfetta le sue ferite.
Battezza un nuovo comandamento, l’undicesimo, come rito di iniziazione ad una nuova vita.
E in quel momento, anche Rinaldo schioda i guantoni dal muro, li indossa e gioca il suo ultimo ring, quello più importante. Nel battito di un nuovo amore, Serena trova il significato del suo esistere. La fine del suo calvario. Sbeffeggia Cristo e la sua favola poco moderna. Raccoglie quel che rimane dei suoi sogni frantumati. Stringe amicizia con i suoi lividi e recita il suo nuovo salmo: “Uccidi chi non ti ama”. Questa è la storia di Serena, raccontata attraverso frasi secche e intense che arrivano lì, dritte, allo stomaco senza rumore, nel silenzio di parole assordanti e tombali, con struggente e maledetto equilibrio. Lo perforano fino a farti denunciare la violenza. Questa è la storia di Serena, che Elena Mearini racconta attraverso una prosa poetica, in cui ogni parola è il metro di un sentimento. Questa è la Storia di Serena, confessata attraverso metafore, similitudini, digressioni e la straordinaria allegoria della favola di Cristo, per giungere all’assoluzione del grande peccato: non essersi amata. Questa è la Storia di Serena, la voce di tante donne che non riescono ad abbandonare la loro croce. Questa è la storia di Serena, voce di dolore e pillola di speranza.

Articolo di Marco Piva – Corpi Freddi – Itinerari Noir


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