In attesa del vento che spazzi via la coltre di smog che avvolge in questi giorni Shanghai, leggiamo l’intervista a Michele Soranzo, autore del libro Shanghai Mai Dire Mai, pubblicato dalla Fazi Editore per la collana Come trasferirsi e vivere all’estero. Michele è un laowai (straniero) che vive qui stabilmente dal 2002 e che ha messo piede a Shanghai per la prima volta nel 1988. E’ il direttore del portale vivishanghai.com, punto di riferimento per la comunità italiana a Shanghai e in Cina. Ecco cosa ci ha raccontato in quest’intervista.
Uno. Tre buoni motivi per trasferirsi a Shanghai all’alba del 2014.
Oddio, adesso con quest’aria inquinata a livelli da paura faccio fatica a trovare dei motivi validi per venirci. Ma, a parte questo, e sperando che passi, direi che dei buoni motivi sono innanzittutto la possibilità di confrontarsi con un mondo diverso e dalle molte opportunità, secondo entrare in un mercato e una cultura emergenti che nei prossimi decenni avranno sempre più importanza nel mondo, terzo mettere alla prova il proprio senso dell’avventura perchè qui è quello che uno deve mettere in campo soprattutto, credo che senza questo le altre motivazioni non bastino.
Due. …E tre per visitare Shanghai in qualità di turista.
Shanghai è una città relativamente nuova in Cina, esplosa economicamente e strategicamente con l’arrivo degli stranieri verso la metà del XIX secolo, quindi come luoghi storici non offre molto a differenza della capitale e di città più antiche come Xi’An, Chengdu, etc. Da scoprire sono invece l’ambiente e l’atmosfera, le contraddizioni e i colori, oltre che naturalmente la gente. Quindi direi che il primo motivo è vedere come vive e cresce una città così grande e in fermento, secondo immergersi nella vita della metropoli in ogni aspetto, terzo anche nella vita notturna, sicuramente uno dei landkmark di Shanghai.
Tre. Come ti è venuta l’idea di scrivere un libro su Shanghai?
Erano alcuni anni che mi girava in testa di mettere giù le note, i dati, le indicazioni e informazioni raccolte nel tempo con vivishanghai, spinto anche dalle tante domande che la gente ci fa quando trovano il nostro sito internet. Non avevo trovato però nè il formato giusto nè il tempo, fare una guida pura e semplice mi sembrava inutile, col fatto che già ce ne sono tante in giro. L’occasione è nata per caso arrivando sul sito di Fazi Editore, scoprendo che avevano una collana di libri dedicata a chi intende espatriare e notando che mancava ancora Shanghai. Ci siamo sentiti e la loro rapidità e chiarezza di intenzioni ha fatto il resto.
Quattro. Oltre alla lingua, quali sono secondo te le maggiori difficoltà che un Italiano deve affrontare quando si trasferisce qui? E quali gli aspetti più facili?
Cinque. Nel tuo libro scrivi che oggi per uno straniero non è più facile trovare lavoro come una volta. Cosa è cambiato esattamente?
Fino a prima delle Olimpiadi di Pechino del 2008 i visti venivano concessi con mano larga quindi uno aveva il tempo di stabilirsi e trovare anche lavoro, inoltre c’era più offerta del mercato dovuta a condizioni economiche migliori prima della crisi. Le aziende straniere impiegavano diversi expat con stipendi e benefit ampi, ora invece la “spending review” fa parte costante della filosofia aziendale: spostare una famiglia di expat pagando assicurazioni sanitarie, rette delle scuole, voli ed altro è diventanto ormai sostenibile solo per poche multinazionali. Adesso la tendenza è di rivolgersi molto al mercato del lavoro locale, considerando anche che i profili dei candidati cinesi sono sempre più interessanti e specializzati, molti hanno studiato anche all’estero e oltre a costare relativamente meno di un expat con pari specializzazione hanno anche il vantaggio di conoscere l’ambiente e di viverci costantemente.
Sei. Quali sono le differenze tra i giovani cinesi e italiani?
Vedo tanti giovani italiani arrivare e sul piano dell’entusiasmo non hanno niente da invidiare ai coetanei cinesi, che però possono contare su un tessuto di opportunità più ampio e consistente per loro, quindi i nostri in poco tempo tendono a deprimersi, comprensibilmente. In generale mi sembra che i cinesi abbiano più fiducia nella direzione da prendere e del loro futuro, anche più aggressività e determinazione, anche chi non è proprio giovanissimo ambisce ad andare all’estero per un master o altro e ci va poi, anche indebitandosi. Raramente sento italiani avere una visione così aperta e internazionale. C’è poco da fare, i giovani cinesi godono di un entusiasmo e ambizione che sono quelli del loro tempo, vedono un futuro, bene o male che sia, noi non abbiamo la stessa percezione, colpa anche della situazione in Patria e della nostra mentalità.
Sette. Nel tuo libro sottolinei più volte l’importanza delle guanxi (relazioni sociali)
In Italia forse sono più sviluppate a Milano e Roma, mentre nelle città di provincia molto meno, in Cina è invece un sistema a ragnatela che deve essere funzionale non tanto per facilitare le cose ma perchè senza questo non vai tanto avanti nella vita. Qui forse è preso in maniera più scientifica ed utilitaristica che da noi, è una vera moneta di scambio per la carriera, i servizi, oltre che per prestigio e vantaggi generali, non sono un optional, senza fai poco qui.
Otto. Parlaci anche del mianzi (letteralmente faccia). Bisogna stare attenti a non perderla. In che senso?
Mi piace dire che tutti abbiamo una faccia che vogliamo rispettata, ma che qui in Cina l’aspettativa è di averla sempre e comunque indipendentemente dalla propria condotta. Un esempio, se voglio che mi rispettino, le mie azioni devono essere contestuali a questo proposito, non puoi pretendere di avere rispetto se fai cose in contraddizione a questo. Se fai una inversione a U e blocchi il traffico non ti puoi aspettare che ti trattino con rispetto, no? In Cina invece deve essere data sempre e comunque, se uno in ufficio è colpevole di una grave negligenza, lo devi prendere da parte e redarguire nel modo giusto senza altri in giro, mentre da noi ti prendi cazziatoni pubblici che, chiaro, non fanno piacere ma non ti “suicidi” per questo.
Nove. Ti cito: “(…) Abituatevi alla pazienza e ai piccoli casi. In Cina si usa così, le cose importanti hanno sempre bisogno di iniziare con lenti e circolari convenevoli; non arrivare mai al punto ma lasciare che sia il punto ad arrivare a voi”. Questo passaggio del libro mi ha colpito molto. Esiste un modo per capire se il punto arriverà da te?
La Cina è il paese dei cerimoniali, è insita nella cultura cinese la tendenza a creare uno spazio di “conforto” intorno ad ogni cosa, piacevole o spiacevole che sia, legata al concetto di mianzi di cui sopra. Quindi saltare subito alle conclusioni o andare troppo dritti alla questione è visto come imprudente e in un certo senso irrispettoso di una tacita cerimonia; dare tempo alle persone di sistemarsi in un contesto positivo, negativo o anche solo di contrasto e competizione è una manifestazione della ricerca dei cinesi dell’armonia anche nei conflitti, una questione di stile tutto loro insomma.
Dieci. Sei uno dei pochi italiani che ha assistito alle trasformazioni della città e in particolare di Pudong, che nel libro dici essersi sviluppata “oltre ogni immaginazione”. Potresti raccontare ai lettori dell’Undici una tua testimonianza?
Nel 2002 tornai a Shanghai dopo 12 anni che mancavo, e un’amica mi offrì di stare in un appartamento che la famiglia non usava a soli 100 Usd al mese, una sciocchezza se si pensa ad oggi. Solo che era a Pudong (oggi centro finanziario di Shanghai, N.d.r), e una dozzina di anni prima era letteralmente campagna oltre il fiume Huangpu che divide in due la città, non ci vivevano che poche anime rispetto all’altra parte di Shanghai. Allora mi aveva detto che era appunto “vicino al fiume”, e io vedendo la bella sponda che era diventata quella di Pudong coi bei grattacieli e palazzi avevo pensato fosse un affarone. Invece l’appartamento stava in un condominio nuovo ma che pareva costruito trenta anni prima, a una decina di km all’interno di Pudong lungo un canaletto dove però c’era un Carrefour e centri commerciali, ponti, strade, quando una decina di anni fa era territorio agricolo.
Undici. Dal punto di vista economico, sociale e urbanistico, come vedi Shanghai nei prossimi 5 anni?
Economicamente sarà sempre più costosa, i prezzi salgono senza sosta e ormai a uscire la sera si spende come in una nostra città se non di più, idem per gli affitti e generi alimentari. E’ destinata a svilupparsi ulteriormente con nuove linee metro e nuove zone residenziali, purtroppo ad un costo ambientale sempre più alto: il livello di PM 2.5 è perennemente sopra i 100 ma spesso sfora verso i 300, 400, 500 (da noi basta che tocchi i 30-40 e già si fermano le auto), la qualita della vita è sempre più bassa anche per colpa delle sofisticazioni alimentari che sono alla ribalta quasi quotidiana; gli shanghainesi sono molto preoccupati di questo , noi expat meno perchè spesso siamo fuori dai canali informativi e viviamo in un altro mondo. Dall’Expo del 2010 incentrata sull’ambiente e l’ecologia e che sventolava lo slogan “better city better life” non ho visto che peggioramenti, sicuramente dovrà affrontare grandi questioni legate allo sviluppo sostenibile, questa è la questione più impellente dal punto di vista sociale.
Shanghai Mai Dire Mai: una guida scritta con la testa e con il cuore, densa di informazioni pratiche e consigli esperti. Una lettura che semplifica la vita per chiunque stia pianificando una visita di lungo o breve periodo a Shanghai e, perché no, anche per chi è curioso di sapere un po’ di più di questa affascinante città.