UNDICI nel MIRINO

Creato il 28 aprile 2010 da Gianclint
-5^Puntata: L’Attacco-
Il modulo di 4.2.3.1. offre una quantità notevole di soluzioni offensive. Se la peculiarità, come det­to, è di coprire la zona cieca di 4.4.2. col rifinitore, la dispo­sizione dei quattro interpreti offensivi può trarre in inganno circa la reale funzionalità della prima punta. In realtà, infatti, proprio l'interpretazione di questo ruolo determina spesso l’efficacia del gio­co offensivo della squadra. Sfogo naturale per al­lentare la pressione con il lancio lungo, la prima punta ha come funzionalità quella di fungere da “specchio per le allodole”. Spesso, a torto, la prima punta che si allontana dalla porta fa storcere il naso, ma nel sistema che stiamo analizzando è questo che DEVE partecipare all’azione: accorcian­do; svariando lateralmente a far gioco; creando spazi per i tagli e l’inserimento de­gli attaccanti esterni e dei centrocampisti.
Da preferire per il ruolo un giocatore di buona prestanza, per doti di copertura fisica della palla col corpo, di forza, piuttosto che una punta rapida ma più leggera, magari capace a giocare solo la pro­fondità che mal si sposerebbe con la funzionalità tattica richieste.
Non è raro notare in squadre che prevedono un attacco a tre che il cannoniere sia una delle due pun­te esterne (Di Natale, Pato, Messi...) Grazie ai movimenti della “prima”, proprio uno dei due attaccanti esterni troverà maggior facilità nel “trovare la porta”; “l’altro attaccante esterno”, so­litamente è deputato a svolgere mansioni più tattiche, di copertura (Kuyt, Pepe, Sculli... per citare alcuni esempi). Qui Ro­naldinho non svolge nessun compito difensivo; a lui però è chiesto di giocare la trequarti soprattut­to quando la squadra adotta il 4.3.3.: con il co­siddetto “taglio sotto la linea”.
Anche qui riconosciamo l’idea calcistica di Leonardo che investe ogni reparto, come gli altri, l’attacco: l’U­dinese abbassa Pepe sulla linea di centrocampo, andando a 4.4.2. (tenendo Di Natale larghissimo a ricevere l’uscita); questo comportamento difensivo non è previsto però dall’interpretazione di Leo­nardo per due ragioni principalmente: la prima, come già detto nelle precedenti occasioni, è quella di tenere impegnati i due terzini e non farli partecipare agevolmente alla fase d’attacco; la seconda è quella delle caratteristiche delle due punte esterne: l’inidoneità a difendere. Anche per questo è an­cora la prima punta ad avere dispo­sizioni difensive maggiori rispetto, ad esempio, ad altri sistemi as­similabili.
Se la possibilità di “entrare” coi triangoli è piuttosto evidente sin da una prima occhiata alla disposi­zione in campo degli interpreti, il modulo di 4.2.3.1. offre pure buone soluzioni per effettuare una efficace rifinitura laterale, senza esigere combinazioni troppo elaborate; ad esempio, con l’avanzata del terzino in sincronia col “movimento sotto la linea” della punta esterna che, con questo semplice taglio, genererà lo spazio da attaccare senza palla dal compagno.
Se il ruolo della prima punta è certamen­te responsabilizzato da un accrescimento dei compiti da svolgere, il ruolo delle punte esterne è di certo fondamentale: tenute molte larghe -soprattutto Pato-, questa disposizione è un’arma molto efficace contro le difese chiuse, che si devono “aggirare”. Aggiungiamo che si è rivelato efficace anche contro squadre che tengono alta la linea, che creano quindi spazio attaccabile proprio dalla velocità del brasiliano fra sé e la propria porta.
Inoltre sappiamo quanto sia difficoltoso per un terzino approcciare la marcatura contro un esterno che gli offre la linea laterale sul piede forte, e la chiusura sul piede debole; tralasciando ciò che com­porta per i nostri avversari il raddoppio, o triplicare la marcatura continuatamente sul lato: ovvero prestarsi al gioco fra le linee del rifinitore.
Tenere gli esterni larghi e disporre di una prima punta fisica realmente disposta al sacrificio, ha per­messo alla squadra di trovare un equilibrio offensivo notevole, portando più di una difficoltà nel­l’impostare una efficace contrapposizione tattica all’allenatore avversario.
Sacrificato l’equilibrio di squadra, o meglio quel che di solito s’intende come tale, ad una più ap­profondita analisi delle situazioni offensive prese in esame, si può ritenere che questa interpretazione del modulo porta l’avvers­ario ad una complicazione tattica difficile da risolvere: coprendo gli esterni così larghi, con­cederà spazio al centro; facendo densità in mezzo al campo scoprirà il lato debole.