Ungaretti nella Capitale
Giuseppe Ungaretti, poeta e scrittore italiano, inaugura, con la sua vicenda nella Capitale, un nuovo appuntamento in “Sul Romanzo”. Roma letteraria, crogiolo di creatività, arte e letteratura, pregna dei ricordi del tempo sarà protagonista, nei mesi a venire, di momenti dedicati ai viaggi nel tempo letterario.
“Ungaretti a Roma”, di Marco Onofrio, edizioni Edilazio, sarà il nostro primo balzo nel tempo. Biografia del poeta, racconta, l’esperienza umana, di crescita personale e professionale di Ungaretti. Per comprendere le difficoltà dell’uomo, Onofrio inizia il suo excursus dalle radici, dall’Egitto, dal sole cocente, dagli aromi d’Alessandria. Come tutti sanno, il poeta nacque nel 1888 nella Terra dei Faraoni, e solo in seguito si trasferì a Roma, non prima, comunque, d’aver assaggiato Parigi. L’intera biografia è un susseguirsi di capitoli poetici, corrispondenze, versi, immagini.
Ungaretti è uno dei “tanti letterati immigrati, che approdano a Roma per ricrearvi, definitivamente, il proprio nido – o la propria tana”. Mi metto nei panni del poeta e provo a immaginare il cambiamento. Anche io sono un “corpo estraneo” all’Urbe, per origini, ma come lui sto cercando di integrare questa città nella mia vita. Gli occhi del poeta si spalancano sui ritratti del tempo, dalle pietre del Colosseo alle decorazioni opulente di chiese e fontane. A Roma incontra gli echi dei centurioni tanto quanto il mormorio sommesso delle preghiere (e degli orgasmi) clericali, la propaganda fascista con i suoi monumenti tipici, le false promesse dell’ideologia, i limiti dei circoli letterari. Sporcizia e splendore, acquedotti e ruderi, campagna bruciata dal sole in quei torridi agosti che tanto richiamavano la sua Africa.
Roma è sinonimo di Storia e di Memoria. Fondamentale l’incontro con Michelangelo, l’opera e la poesia, la comprensione dei “vuoti di Roma”, le riflessioni sul tempo che divora e che secolarizza. Il “mito”, emblema e fascinazione ungarettiana, avvolge questo gigantesco “parco archeologico”. Quando Ungaretti, riferendosi al Tevere, riuscirà a chiamarlo “il mio fiume”, sarà allora che l’appropriazione della città nell’anima dell’uomo troverà la sua massima realizzazione. Il sentimento del tempo non sarà solo un titolo. Tematica pulsante come la dimensione dell’innocenza che si realizza nell’illusione fanciullesca alla ricerca della “terra promessa”, come memento mori della memoria, fluirà nella sua lirica, potente.
Il fascismo, le speranze, le delusioni, le accuse, le fughe. Il Brasile e quella cattedra di letteratura italiana così preziosa. Parlando, studiando, trasmettendo le lettere italiane scoprirà amore e profondi significati, comprendendo il suo legame intenso con Roma ascoltando il potere evocativo della nostra cultura. Il dolore busserà alla sua porta. Non solo materializzandosi nella perdita di amici e conoscenti. La morte del figlio sarà l’evento più tragico. Roma, generosa curatrice, offrirà il suo enorme abbraccio, in cui riversare lacrime sotto forma di gocce d’inchiostro in parole, aiutandolo a sopravvivere. Onofrio racconta l’epopea di un uomo che cavalca l’Ottocento, le guerre mondiali, fino alla televisione. Un uomo la cui opera tocca ancora i cuori di chi vi si accosta. Un uomo a cui è stato negato il Nobel a causa dei suoi presunti legami con il fascismo.