27 Giu 2016 @ 10:05 AM
Lezioni condivise 113 – Last but not least. Critica.
Lo stato italiano fatica a condannare in pieno il fascismo, nonostante la sua Costituzione, che in qualche modo da tanti anni delegittima favorendo, di fatto, la nascita e la proliferazione di organizzazioni fasciste. Gli esempi sono tanti e si ripetono quotidianamente, non solo da parte di fascisti dichiarati, ma anche di fascisti di fatto, sia nei mass-media sia nella vita di ogni giorno.
E’ una storia lontana, paradossalmente precedente alla caduta del fascismo, che probabilmente va a toccare le radici illiberali e antidemocratiche dello stato italiano. Ma cosa è successo dopo la Liberazione?
Sappiamo che gli artefici della Liberazione sono tanti, ma in essa ha avuto un ruolo determinante la Resistenza partigiana e in questa prevalentemente, quella di sinistra: comunista, socialista e azionista.
Eppure Togliatti, già nel 1946, da ministro della giustizia, portò all’approvazione un’amnistia che estingueva le pene per i reati commessi dai fascisti anche durante il periodo repubblichino. Il risultato fu la scarcerazione di massa di tutti coloro che erano stati coinvolti criminalmente con il fascismo, e ciò accadde nonostante le proteste partigiane e popolari.
Questo provvedimento evitò che in italia venissero processati e condannati i responsabili maggiori della dittatura fascista (come invece accadde in Germania), ma comportò addirittura che molti venissero reintegrati nelle loro funzioni… In breve la Repubblica si ritrovò un apparato burocratico e di controllo di tante funzioni basilari – tra cui l’istruzione – fascista.
I fascisti, senza alcun percorso di pentimento, né di educazione alla democrazia, fecero a gara a intrufolarsi nei partiti costituzionali e ovunque venivano accolti. Non solo li riabiliti, ma gli dai pure nuovo potere! Tutto ciò non è spiegabile con la fase di emergenza, ove si ebbero più perdite tra i Partigiani, presi di mira da un esercito ancora fascista.
Non sostengo affatto che i fascisti dovessero essere sterminati adottando il loro stesso metodo, ma questo modo di agire ha creato danni per decenni… fino alla ricaduta attuale.
Così fu lo stesso Togliatti e l’URSS di Stalin, ormai zero sovietica e interamente dittatura di un solo uomo, a bloccare la giustizia partigiana, non solo rispetto al blocco di ogni rigurgito fascista, ma anche relativamente al farsi giustizia da sé. Fu impedito ai partigiani di organizzare un processo simile a quello di Norimberga, cioè in sostanza di superare il fascismo; non solo: fu ricostituito sotto altro nome il partito fascista e si fece finta di niente, in spregio a quanto scritto nella stessa Costituzione.
Il governo Bonomi e il CLN avevano predisposto il necessario per spazzar via quanto rimaneva del fascismo, ma all’indomani della Liberazione, anche i fascisti condannati lo erano a pene lievi e in breve si verificò un liberi tutti scandaloso che salvò quasi interamente anche tutta la magistratura fascista. Questo fu favorito soprattutto dall’avvento della DC al potere, in essa si rifugiarono la maggior parte dei fascisti per sfuggire a qualsiasi tipo di condanna e ciò culminò con il decreto Togliatti del 22 giugno 1946, che di fatto superò il senso di giustizia partigiano anche al di là del Decreto stesso. In qualche modo l’amnistia fu concessa anche a militari della RSI che avevano compiuto gravi reati e omicidi; i reati fascisti furono amnistiati ai gerarchi, mentre la magistratura si inaspriva contro i partigiani e più che con i maggiori responsabili del regime, trascinava i processi con i pesci piccoli, alla fine assolti pure loro. I fascisti in carcere alla metà degli anni ‘50 sono stati stimati in poche decine. Furono bloccate le epurazioni dall’Amministrazione pubblica e abolito l’Alto commissariato per le sanzioni contro il fascismo. Questo comportamento nei confronti del fascismo ha riguardato esclusivamente l’Italia.
Questa interpretazione estensiva del decreto provocò proteste anche tra la popolazione comune. Già condannati a morte, poi all’ergastolo, gli assassini fascisti si ritrovarono in poco tempo liberi come le loro vittime, che invece subirono il carcere e la tortura, e i loro figli e le loro madri costretti spesso a camminare al fianco degli assassini dei loro congiunti.
Si ebbe pertanto lo scollamento del Partito socialista e della base PCI dal suo segretario, mentre DC e gerarchia vaticana apparvero tolleranti. Con i partigiani, invece, specie nel cuneese, si rischiò lo scontro, non mancarono azioni partigiane e delle popolazioni ai danni dei fascisti.
Nel 1948 un decreto proposto da Andreotti – sottosegretario alla presidenza del consiglio – estingueva completamente tutti i reati fascisti ancora pendenti.
Si spiega così perché l’Italia restò ideologicamente fascista soprattutto negli apparati militari, burocratici e governativi e peggio nella Pubblica Istruzione di qualsiasi grado. Di questo stato di cose subiamo ancora oggi effetti nell’opinione pubblica e nella politica, giacché la dottrina fascista riuscì a sopravvivere anche al decennio sessantottesco.
Gli storici hanno ormai accertato che Togliatti ebbe le sue responsabilità personali nella cancellazione della giustizia sui reati dei fascisti: non avvertì il suo partito e sottovalutò il ruolo della magistratura ancora nostalgica, al punto che si può affermare che l’Italia repubblicana ereditò l’apparato amministrativo fascista. Alcuni cercarono di giustificarlo debolmente, in realtà era abbastanza dentro il modus operandi e i suggerimenti dello stalinismo, anch’esso scollato dalla rivoluzione comunista sovietica e più simile a una dittatura liberticida, per cui paradossalmente molti fascisti aderirono al PCI.
Insomma il fascismo e i suoi crimini furono archiviati e i responsabili premiati, lo stesso accadde per i reati dei cosiddetti “alleati” (specie USA) responsabili di crimini inenarrabili contro i civili, senza contare l’occupazione militare del territorio che ancora persiste.
Per questo è inutile vantarsi di avere una bellissima Costituzione se essa non viene applicata e più di tutto il reato di ricostituzione e apologia del partito fascista, visto che il paese è pieno di fascisti e organizzazioni fasciste, anche criminali. Per non parlare della stampa fascista, già in attività dal 1945. Tutte le attuali posizioni tolleranti nei confronti del fascismo nascono dalla propaganda di questa stampa e sono state assorbite in modo più o meno estremo anche in opinioni cosiddette democratiche. I crimini del fascismo sono stati accantonati del tutto, dallo squadrismo, agli assassinii, all’abolizione dei partiti, all’arresto degli oppositori, dal confino alle leggi razziali, l’attacco a paesi sovrani in Africa e in Europa, la guerra al fianco di Hitler e via dicendo, mettendo in evidenza aneddoti ridicoli: Mussolini che zappa, bonifica, fa ruvide carezze, l’alibi anticomunista e cazzate varie.
La stampa fascista dopo la Liberazione (Il borghese, L’uomo qualunque, Candido) arrivò perfino a difendere l’organizzatore dell’assassinio Matteotti o a chiedere l’eliminazione del 25 aprile come memoria della Liberazione dal fascismo, giustificare la shoah come crimine di guerra, delegittimare il tribunale di Norimberga.
Un’osservazione che va tenuta presente per chi cerca alibi a Hitler, Mussolini e co., assimilandoli a Stalin, conseguentemente nazifascismo a “comunismo”, spesso anche persone universalmente considerate democratiche, è che occorre avere il senso delle proporzioni della crudeltà, della ferocia e dell’orrore. Stalin è da sempre l’alibi per gli anticomunisti per denigrare l’ideale comunista, che è un ideale umanitario che nulla ha a che fare con il totalitarismo e lo stalinismo. Stalin lungi da essere considerabile comunista, ha distrutto la rivoluzione sovietica, al punto che è stato condannato da ciò che ne rimaneva dopo la sua scomparsa. D’altra parte, ragionando tolstojanamente, il merito della liberazione di Auschwitz non spetta a Stalin, ma agli uomini dell’armata rossa. Detto questo, Stalin, per quante efferatezze abbia compiuto contro gli stessi compagni, non può mai essere accostato agli orrori compiuti dai nazifascisti e in primo luogo dai loro capi.
Lo stesso dicasi per l’antislavismo nazifascista, a loro era consentita qualsiasi ferocia, mentre gli slavi erano costretti a subire e non è percepita una loro lecita ribellione e ancora oggi l’alibi e l’orrore delle foibe, si cerca di metterlo come contraltare all’olocausto, benché sia evidente la sproporzione reale e storica: gli ebrei non avevano mosso un dito per giustificare la repressione contro di loro e gli slavi resistevano semplicemente all’aggressione nazifascista.
Questo tentativo anticomunista e fascista di delegittimazione della Liberazione è rimasto costantemente presente tra i neofascisti salvati dai governi post resistenza, fino alla completa legittimazione anticostituzionale di quel Berlusconi, che ancora oggi è considerato liberale e non fascista quale è sempre stato, benché conviva con questo il suo egocentrismo leaderistico utilitarista.
Da questo momento, in barba alla Costituzione, si è cercato di emarginare l’antifascismo militante, anche con una serie di decisioni che hanno inciso sulla formazione delle giovani generazioni, in una scuola che antifascista non è mai stata e con atteggiamenti arroganti che si sono spinti fino all’apologia del fascismo e in diverse occasioni alla ricostituzione di partiti fascisti, puntualmente tollerati con alibi vari. Da questo stato di cose è nato il razzismo nei confronti dei migranti e il nuovo nazionalismo reazionario.
Questo contesto è tanto più grave in quanto ha investito Presidenti della repubblica e governi, nonché altre istituzioni a vari livelli, senza che alcuno sia stato perseguito a termini di legge, dalle nomine di fascisti a suo tempo condannati come tali, alle lodi del fascista Rauti. Penserete che questo riguardi solo i Salvini, Meloni, Tajani e co., riguarda invece anche insospettabili che passano per antifascisti, e il riferimento è a scelte poco meditate dei Mattarella, Franceschini, Violante…
Recentemente Tomaso Montanari, storico antifascista, ha sostenuto molti di questi pensieri, essendo immediatamente attaccato dai fascisti che si nascondono sotto la definizione “destra”. Solidarietà a lui e a tutto l’antifascismo militante.
Questa lunga quanto necessaria esposizione, oggi che il fascismo – salvato da chi ha gestito il potere dopo la Liberazione – rialza la testa in modo insopportabile, non fa che confermare il giudizio espresso sulle riabilitazioni massicce del dopoguerra, compresa quella di Ungaretti, visto che dobbiamo pur tornare al nostro tema letterario.
Non stiamo parlando del peggiore gerarca, eppure di uno che ha avallato anche con la sua firma gli atti più atroci del regime e non ha mai ritrattato le sue scelte ad avvenuta Liberazione.
La poetica di Ungaretti è una “scala”, un cammino che con il tempo muta. La sua prima fase è stata quella di “poeta della guerra”, una fase iniziata ancora prima del 15-18 e durata almeno cinque anni, che gli si è appiccicata come un’etichetta, sgradita più che altro ai critici ossequienti e che in qualche modo si collega alla sua fase finale, un po’ involuta sotto il profilo letterario, perché meno naturale e più tecnica, ove affronta sempre più profondamente il tema della morte, legato anche a vicende personali.
Ungaretti si avvicina al Petrarca nel periodo Brasiliano – secondo i critici, dopo la perdita del figlio e del fratello -, un interesse che riflette anche sui più vicini a lui temporalmente, Leopardi, Manzoni e Foscolo, specie il primo nella “Terra promessa”, dopo il ritorno in Italia. Petrarca (più statico) lo riflette in Leopardi (più dinamico) e questo in se stesso, con i suoi rimpianti e la memoria del passato fanciullesco.
Egli vede in Petrarca il dramma esistenziale del suo tempo, il dolore, lo considera infatti “il poeta dell’oblio”, ne coglie la genericità, non le particolarità.
Per Tetrarca, Laura da terrena si è eterizzata con la morte (si è resa pietosa, più umana): l’imperfezione terrena/ rende perfetta la morte/.
Ungaretti non condivide l’idea di Besson secondo cui attraverso la memoria si può ricostruire il passato, per lui la memoria può ricordare solo alcuni fatti.
Anche rispetto all’ermetica poetica leopardiana vi sono dei distinguo, coglie rovina e decadenza, ma trasforma l’infinito in finito, cioè lo rende mondano.
Nella sua esperienza a “La voce” conobbe Umberto Saba (Poli), triestino di origine ebraica, costretto all’esilio, poi alla clandestinità. Li univa Leopardi; in Saba, in un contesto ermetico e simbolista, si scorge gioia, amicizia fanciullesca, ma anche sofferenza e dolore, visti da un lato positivo rispetto al passato e pessimistico riguardo al presente, non così in Ungaretti, che tuttavia lo apprezzava.
Saba si colloca un po’ tra Ungaretti e Montale, quest’ultimo molto empirico, materialista, ma lievemente pessimista; mentre Ungaretti era idealista, cercava sollievo nella natura di cui si sentiva parte.
Con De Robertis, che della rivista era il direttore, ebbe un rapporto sporadico legato all’apprezzamento reciproco per il frammentismo. Egli segue l’estetica crociata, legata al gusto personale – la Sanjust ritiene invece che la critica si debba fondare sulla filologia.
“La terra promessa” (1950) è terra della memoria, ove l’uomo supererebbe il finito per l’infinito, cosa impossibile, perché secondo Ungaretti, l’infinito esiste solo nel finito. Nei suoi ultimi anni pare perdere quella sorta di ispirazione cristiana che vantava, per una serie di vicissitudini personali. Eppure, prescindendo dalle vicende umane personali, non ritengo si possa separare in un giudizio, la critica letteraria da ciò che si è stati come uomini (è questo il senso della lunga premessa), e in Ungaretti le ombre non sono poche, si scorgono già nell’epistolario (se ne è fatto cenno) e nel suo rapporto con la guerra, ma esplodono con evidenza nell’adesione cosciente al fascismo, nella totale assenza di autocritica, e stante questo, nella pretesa di trovare attenzione dopo la Liberazione, come se nulla fosse accaduto.
(Letteratura italiana moderna e contemporanea – 15.5.1997) MP
Commenti (1)
UNGAREXIT
1 #
Michaela
lescahiersfm.com/
beth@gmail.fr
46.161.9.25
Inviato il 26/07/2017 alle 15:45
This is over…