UNGHERIA: Le sette tesi di Orbán sull’Europa. Budapest “una storia di successo”.

Creato il 05 febbraio 2013 da Eastjournal @EaSTJournal

Posted 5 febbraio 2013 in Economia, Mitteleuropa, Slider, Ungheria, Unione Europea with 0 Comments
di Viktor Orbán (trad. Claudia Leporatti)

DA BUDAPEST - Di seguito la traduzione, a cura di Claudia Leporatti, della trascrizione ufficiale dell’intervento del primo ministro ungherese Viktor Orbán all’istituto per le ricerche economiche Bruegel, a Bruxelles. Nel corso del suo intervento del 30 gennaio, il premier magiaro ha elencato 7 tesi indicandole come altrettanti spunti di dibattito per la politica e l’economia europee. Nella fase conclusiva del discorso, il leader conservatore della Fidesz ha definito l’Ungheria “una storia europea di successo” e commentato l’attuale stato dell’economia ungherese.

“Prima di tutto vorrei ringraziarvi per avermi invitato qui oggi, non è facile dire perché lo abbiate fatto, essendovi Paesi più forti e più popolosi nell’Unione europea il cui impatto sulla comunità è molto maggiore di quello dell’Ungheria. Sono consapevole che uno stato della dimensione del nostro non possa dire cose di impatto molto alto ma so anche che può dire cose interessanti.
L’Ungheria è la terra dei combattenti per la libertà, per questo raccolgo con piacere l’esortazione ad essere provocatorio che mi avete rivolto. Una ragione per questo invito potrebbe essere la seguente: è difficile per gli osservatori non condizionati decidere cosa pensare dell’Ungheria mentre lo è per chi ha un orientamento già impostato. Una pecora nera o una storia di successo europea? E’ vero che negli ultimi due anni e mezzo abbiamo fatto ogni cosa in un modo diverso dagli altri, intraprendendo una strada diversa per raggiungere target comuni, come il deficit di bilancio al di sotto del 3%, la diminuzione del debito pubblico, l’aumento dell’occupazione e l’avvio della crescita. Forse è questa la ragione per cui mi è stato chiesto di raggiungervi oggi. Tutto quello che dirò qui oggi è basato sull’esperienza. Non rifiuto un approccio teoretico e nemmeno le argomentazioni fondate sulla logica, ma mi rivolgerò a voi solo basandomi sulla pratica e sull’esperienza.
Ho visto l’Unione europea come primo ministro di un Paese candidato ad entrarvi, diverso tempo fa. Allora l’Unione mi sembrava essere vittoriosa, ottimista e ambiziosa. Come primo ministro di un Paese candidato ho avuto l’opportunità di vedere la fondazione dell’Eurozona e sono stato abbastanza fortunato da sperimentare la gioia e la felicità portate dalla riunificazione del continente che era stato a lungo diviso a causa del comunismo.
Oggi siedo di nuovo tra i primi ministri, ma posso a malapena riconoscere i noi stessi di dieci anni fa.

Lo scopo di quello che devo dire non è dare una lezione ma lanciare un dibattito. Per questo presenterò sette tesi.

Tesi numero 1:
La posizione relativa dei maggiori player nell’economia e nella politica mondiali sta cambiando in modo rapido. Il peso dell’Europa ha visto un declino in termini di produzione e commercio. E’ un vero pericolo che tra l’Est emergente e gli USA in ripresa, l’Europa “si rialzi nella terra di nessuno”. Parlando con la voce non ispirata dei realisti, dobbiamo dire che l’obiettivo realistico per noi nel prossimo futuro non è il ribaltamento del trend ma stabilizzare la situazione.

Tesi numero 2:
Al fine di avere la possibilità di aumentare la nostra presenza nell’economia e nella politica mondiale non basta prenderci cura dei nostri problemi interni o semplicemente rinnovare il continente – abbiamo allo stesso tempo bisogno di introdurre un nuovo concetto geopolitico. Dobbiamo trovare il modo di unificare le tecnologie sviluppate dall’Europa, le infrastrutture, l’industria dell’innovazione e il sofisticato sistema finanziario con quelle risorse naturali praticamente illimitate che si possono trovare a est del nostro Paese, soprattutto in Russia.
L’allineamento di questo concetto con l’atlantismo è una delle più difficili sfide intellettuali e politiche del nostro futuro. Per l’Europa centrale si tratta di un punto grave  che sta entrando nell’ordine del giorno, perché abbiamo bisogno di garanzie di sicurezza in queste nuove circostanze, non solo per quanto riguarda la difesa, ma piuttosto in materia di energia, vie di comunicazione e libero scambio.
A dettarcelo è l’esperienza storica e inoltre è questo il profondo fondamento geopolitico e storico della cooperazione Visegrad-4.

Tesi numero 3:
Le crisi dell’Unione europea e dell’Eurozona sono alla base crisi di competitività. E’ spesso citato che la porzione globale della popolazione europea è l’8% mentre copriamo il 25% della produzione globale, ma il 50% di spese sociali. Questa lista di numeri fa emergere un dilemma serio in se stessa, ma qui scaturisce una faccia ancora più scura e seria della medaglia:  il totale del debito pubblico dei 27 membri dell’UE raggiunge gli 11 mila miliardi di euro, cui si sommano gli interessi, e gli stati membri dell’EU producono approssimativamente 1,2 mila miliardi di euro di nuovo debito, ogni giorno.
Chi è quel pazzo che sarebbe pronto a finanziare un sistema del genere? E soprattutto, che è pronto farlo impiegando risorse povere, che sono indispensabili per la competitività?
Mi sembra che l’UE abbia bisogno di un cambiamento nel suo sistema economico. Non sono nella posizione di parlare a nome dell’Europa, ma posso senz’altro parlare a nome dell’Ungheria. Invece di andare a caccia delle illusioni che sostengono il welfare state, lo abbiamo convertito in un “workfare state“. E’ vero che nei nostri paesi ex comunisti i welfare state non sono mai stati costruiti, come invece è accaduto nell’Europa occidentale. Oggi sembra che questo sia un vantaggio. Gli ultimi due anni e mezzo dell’Ungheria hanno riguardato questo. Abbiamo capito che le riforme, incluse quelle strutturali, non sono abbastanza. Abbiamo compreso che abbiamo bisogno di qualcosa di più profondo e più generale.
E abbiamo identificato questo con un rinnovamento e una riorganizzazione della nostra economia e della nostra società. concentrandoci sulla “workfare society“. Abbiamo sposato l’attenzione dalle entrate in bilancio derivanti dalle tasse sul lavoro verso le tasse sul consumo. Abbiamo introdotto una flat tax sul reddito e un’IVA maggiorata sui consumi. Abbiamo ridotto la durata del sussidio di disoccupazione da 9 a 3 mesi. diverse centinaia di migliaia di persone che non sono in grado di procurarsi o svolgere un impiego sono state inserite nei programmi di lavoro pubblico, abbiamo abolito il pensionamento anticipato e trasformato il sistema di social benefit. Il risultato è impressionante: siamo tra i 5 Paesi membri dell’UE che sono stati in grado di ridurre il loro debito pubblico, il nostro deficit di bilancio è ora per il terzo anno consecutivo al di sotto del 3% e siamo molto vicini ad essere sollevati dalla procedura per deficit eccessivo nella quale rientriamo dal 2004.

Tesi numero 4:
Le politiche che potrebbero rappresentare delle soluzioni ai problemi dell’Eurozona non sono state ancora messe a punto. Quali sono questi problemi interni? Per esempio le differenze tra i tassi di interesse nei bond statali all’interno della zona Euro, che sono ancora significative. Allo stesso tempo vedremo presto diventare inevitabile il fatto che il surplus nel bilancio della Germania appaia come deficit per gli altri Paesi membri. E intanto nessuno sa come paesi con un debito superiore al 90% del PIL possano fermare da soli il loro crescente indebitamento. La domanda pertanto dovrebbe essere questa: se non sono capaci da soli, chi può contribuire a questo sforzo e in che modo? Un forte coordinamento economico-finanziario potrebbe essere utile per il futuro, ma non è una risposta ai problemi attuali.

Tesi numero 5:
Un approfondimento dell’Unione Monetaria Europea non deve portare a una riduzione della flessibilità delle politiche economiche e non deve provocare un modo di pensare ideologico e basato su dottrine. Le economie dell’Eurozona sono in stretta interdipendenza tra di loro, questo giustifica la conduzione di una rigida coordinazione delle politiche economica dell’Eurozona. Nel frattempo è naturalmente inimmaginabile che per esempio la Svezia, l’Ungheria e la Bulgaria abbiano bisogno dello stesso tipo di politiche economiche. Nonostante il parallelo con la ancora più profonda unione economica e finanziaria dei Paesi appartenenti all’Eurozona, questi paesi, le cui economie non sono così direttamente collegate l’una con l’altra, possono mantenere un elevato livello di libertà nella scelta  dei loro strumenti di politica economica. Allo stesso tempo, il rafforzamento di questa cooperazione non può portare verso la chiusura delle porte davanti ai paesi che non sono ancora membri, e la flessibilità del secondo gruppo non può portare alla separazione da coloro che sono maggiormente integrati. Le politiche comuni e il mercato unico devono costituire una sorta di cordolo tra noi. Mettiamola così: sono d’accordo con la cancelliera tedesca Merkel che dice che dobbiamo tutti fare i nostri compiti a casa. Tuttavia non è semplice dire se gli studenti debbano o meno fare gli stessi compiti se vogliamo che tutti passino l’esame. Seguendo questa logica e posizionandoci nel terreno del senso comune, l’Ungheria è un difensore della diversità delle politiche economiche all’interno dell’Unione europea.

Tesi numero 6:
I Paesi che sono già in grado di ridurre i loro debiti pubblici o che almeno hanno la possibilità di fare marcia indietro prima di raggiungere il 90% del PIL non dovrebbero abbandonare le loro solide e disciplinate politiche fiscali per trovare una via più facile alla crescita. Mentre possiamo apprezzare i passi per la gestione della crisi fatti dalla BCE, dobbiamo ricordare anche che le banche centrali possono assistere solo quelle politiche di gestione della crisi nelle quali i governi sono del tutto impegnati, al 200% impegnati, nel mantenere il deficit al di sotto del 3% e nella diminuzione continua del debito pubblico.

Tesi numero 7:
E’ molto semplice: l’Ungheria è diventata una storia europea di successo. Applicando un trattamento onesto dopo 8 anni dovremmo essere messi fuori dalla procedura per deficit eccessivo. La crescita economica riprenderà quest’anno e accelererà in modo continuo nel 2014 e nel 2015. Il nostro surplus nel bilancio commerciale sarà sostenuto, l’occupazione continuerà a crescere, il debito pubblico sarà ridotto con continuità e il deficit di bilancio sarà mantenuto al di sotto del 3%. Stiamo uscendo dalla dipendenza sul piano energetico, stiamo riducendo il nostro indebitamento in valuta estera per evitare di essere esposti. L’Ungheria è un Paese che non ha fissato come target l’uscita dalla crisi. Ci stiamo preparando invece per il mondo post-crisi e per la competizione nel nuovo ambiente che si creerà.
Vi invito ad augurare agli ungheresi di avere successo in questo impegno. Grazie.”


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