ENTRARE DENTRO UN SUPERMERCATO o forse è meglio dire un “ipermercato” perché il termine “supermercato” è desueto, è come inoltrarsi, fare un giro inconsapevole nella distruzione del pianeta. Buona parte di quei prodotti così asettici che fanno bella mostra sui banchi da esposizione hanno dietro di se’ una brutta storia di distruzione, talvolta irreversibile, di bellezze e ricchezze naturali.Un esempio per tutti: gli oli vegetali che molti prodotti contengono. “Oli vegetali” sembra una dizione innocua, quasi virtuosa. Ti fa pensare ad un prodotto buono sotto ogni punto di vista, adatto, chessò, ad una alimentazione naturale, magari vegana.Peccato però che dietro quelle due parole plurali, ci stia ben altro che l’innocuità. Infatti, oli vegetali oggi significa soprattutto olio di palma, la cui produzione è concentrata in Indonesia, Malesia e Nuova Guinea, che ne controllano il 90% della produzione globale (con oltre 45 milioni di tonnellate). E negli ultimi vent’anni la superficie dedicata all’olio di palma è triplicata e milioni di ettari sono stati deforestati per fare posto a monocolture intensive, e, nel contempo, nutrire un’insana quanto lucrosa industria della carta che si alimenta proprio con gli alberi abbattuti dalla deforestazione. Sì, buona parte della produzione di olio va in biocombustibili, ma una fetta consistente è acquisita dalle multinazionali dell’alimentazione e finisce in prodotti che ritroviamo sulle nostre tavole.
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Redatto da Pjmanc: http://ilfattaccio.org