Unità Europea: che bella cosa, però…

Creato il 28 giugno 2012 da Tnepd

di Aldo Giannuli
aldogiannuli.it

La panacea di tutti i mali d’Europa sembra finalmente trovata: fare subito l’unità politica, dopo quella monetaria, e così unificheremo il fisco, il diritto commerciale e quello penale, il sistema universitario, ecc. Antiche ferite saranno sanate di incanto, le economie dei singoli paesi convergeranno in magica armonia, vecchi dissidi troveranno la loro composizione e tutti vivremo felici e contenti. Che bello! Mi avete convinto: quando si parte? Naturalmente, non stiamo parlando dell’ennesimo pastrocchio per cui unifichiamo il fisco, magari creando una Cassa Centrale Europea sul modello della Bce, che diventa un altro apparato tecnocratico a sé stante, stiamo parlando proprio dii uno Stato federale, che ha un suo governo che diventa titolare esclusivo di moneta, politica estera, forze armate e giustizia penale federale (quantomeno).  Insomma stiamo parlando di uno stato vero. Però prima ci sarebbero alcune piccole questioni da mettere a posto: quisquilie, pinzillacchere, avrebbe detto il Principe De Curtis, ma, insomma, occorre pure pensarci un attimo:

1-uno Stato deve avere una forma istituzionale precisa: monarchia o repubblica (e poi occorre precisare se repubblica parlamentare o presidenziale ecc.). Il primo problema è definire la natura della federazione europea: siamo sicuri che i paesi monarchici (Spagna, Belenux, Svezia, Danimarca, Norvegia ed Inghilterra) accetterebbero di federarsi in una unione repubblicana? Oppure, nel caso meno probabile di una soluzione monarchica dell’Unione, che gli stati repubblicani (Portogallo, Francia, Irlanda, Italia, Germania, Polonia, Repubblica Ceca, ecc.) siano disposti ad accettare questa soluzione? Si è mai vista una repubblica con enclaves monarchiche al suo interno? Anche ignorando il problema, evitando di definire la natura del nuovo stato, resterebbero problemi non secondari di convivenza fra monarchie e repubbliche, quantomeno sui principi del diritto costituzionale. E lasciamo da parte se il nuovo stato debba avere una impronta parlamentare o presidenziale.

2- Analoghe considerazioni si potrebbero fare a proposito della convivenza fra stati unitari centralizzati (come la Francia), stati federali (come la Germania) e stati regionali (come Italia e Spagna). Bisognerà scegliere un criterio unico per l’intera Unione. E se gli stati nazionali sopravvivranno come unità federate, che senso avrà suddividerli al proprio interno in ulteriori unità federate? Esistono stati unitari e stati federali in due livelli, ma una cosa in tre livelli non si è mai vista e non si capisce che funzionalità possa avere.

3-Peraltro, non si dà Stato senza costituzione. L’Inghilterra ne ha una consuetudinaria (come altri paesi del suo vecchio impero), ma la norma è quella delle costituzioni scritte. Quando si è provato a scriverne una per la Ue, ci si sono impiegati circa cinque anni ed il risultato è stato un testo improponibile di circa 600 pagine, con articoli disseminati di commi e sottocommi che si contraddicevano a vicenda, descrivendo un processo decisionale macchinoso e caotico. Giustamente quell’aborto di costituzione venne ripetutamente impallinato nei referendum popolari di Francia e Danimarca, dopo di che non se ne parlò più. Grazie a Dio.

Cosa ci fa pensare che, di colpo, siamo in grado di produrre una costituzione agile e funzionale, che disegni un processo decisionale efficiente e democratico e che riesca a mettere tutti (o quasi) d’accordo sui diritti fondamentali del cittadino e sul modo di definirli e garantirli? E per di più a tamburo battente, perché se ci mettiamo altri 5 anni solo per avere il testo di costituzione per avviare la discussione, tanto vale lasciar stare tutto come sta. Occorrerebbe quantomeno eleggere una Assemblea Costituente Europea, nella speranza che essa riesca a produrre in tempi accettabili (un anno o poco più, al massimo) questo tipo di costituzione. Dopo ciò, sa va sans dire, sarebbe necessario quantomeno un referendum popolare in ogni paese per vedere quali  popoli sono disposti a ratificare la nuova Costituzione e la confluenza del proprio nel nuovo Stato. Insomma, non proprio una cosa che si fa dalla sera alla mattina. Ma, nel frattempo, che fine fanno le costituzioni nazionali, restano vigenti o no? Peraltro, dopo l’eventuale approvazione della Costituzione federale, occorrerebbe adeguare le costituzioni nazionali a quella federale per tutto quanto sia in contrasto con essa. Ed occorrerebbe una Corte Costituzionale (o Suprema) Europea che giudichi se l’adeguamento sia soddisfacente o meno.

4-Ma per avere uno stato unitario occorre non solo una Costituzione formale, ma anche una Costituzione materiale, un  sistema politico unitario con agenti (partiti, associazioni, sindacati) ecc. a livello della statualità. Insomma occorre avere, ad esempio, un unico partito socialista europeo con un segretario e un proprio organo dirigente, cui sono subordinate tutte le strutture periferiche a livello locale (dove per locale si intende Francia, Germania, Italia ecc.) ed altrettanto per i conservatori, i democristiani, liberali ecc. Se i partiti europei restassero quello che sono –mere aggregazioni federative con vincoli interno molto laschi- avremmo solo un Parlamento fatto da tanti sindacati territoriali (come la Lega, per intenderci),  incapace di decidere alcunché. Questo spingerebbe ad una soluzione presidenzial-direttoriale il cui punto di appoggio, più che il consenso popolare, non potrebbe che essere la struttura tecno-amministrativa dello Stato. Una cosa non molto democratica e che, peraltro, non è detto che funzioni.  D’altra parte, un sistema politico è fatto di una serie molto sofisticata di meccanismi che devono interagire fra di loro (poteri dello stato, agenti politici, agenti sociali, sistema mass mediologico ecc) ed allo stato attuale è molto difficile omogeneizzare i diversi sistemi politici locali in uno funzionale centralizzato.

5-E’ vero che l’unificazione politica ci metterebbe in condizioni migliori per affrontare i nodi decisivi del debito e delle divergenti economie nazionali, ma è anche vero che non farebbe svanire di per sé né l’uno né l’altro problema. Il debito, ad esempio, resterebbe a carico degli stati federati o verrebbe assorbito dallo Stato federale? Se restasse a carico dei singoli stati federati –e senza neppure una garanzia dello Stato federale-, la situazione non cambierebbe molto da quella attuale ed il rischio di default di una singola unità federata finirebbe per proporre le stesse dinamiche attuali. Anzi, sottrarre la gran parte della politica fiscale –dopo aver eliminato quella monetaria- agli stati federati, non avrebbe altro effetto che irrigidire ulteriormente il sistema esponendo tutti al rischio di paralisi. E non si invochino i precedenti degli Stati americani che hanno dichiarato default, senza che questo abbia avuto ripercussioni (almeno per ora) sulla situazione monetaria del paese, perché, in quel caso, si trattava di un debito in larga parte domestico, mentre qui i titoli di debito dei singoli stati sono in larga parte nelle casse degli altri stati e delle banche, per cui il default provocherebbe l’effetto domino di cui si teme oggi. Peraltro, debito dello Stato sono anche le pensioni e qui dovremmo capire come garantirle se il prelievo fiscale passasse nelle mani dell’Unione e l’onere del pagamento delle pensioni restasse agli stati federati. Poi ci sarebbe da capire quali settori della Pa degli attuali stati nazionali resterebbe alle unità federate e quali andrebbero a carico dello stato federale: sicuramente le Forze Armate e la diplomazia dovrebbero passare all’Unione, ma polizia, ordinamento giudiziario ed apparati fiscali dovrebbero essere suddivisi: in quale misura e con quali criteri? Dunque, buon senso vorrebbe che la messa in comune della sovranità fiscale e monetaria comportasse anche l’accentramento del debito, ma chi glielo va a dire a Frau Angela? Se non riusciamo a varare neppure una misura all’acqua di rose come il fondo salva-stati, come pensare alla piena messa in comune dei debiti?

6-Peraltro resterebbe il problema del dualismo economico fra area mediterranea e nord  Europa (e parlare di dualismo è molto ottimistico, perché in realtà le realtà divaricanti sono ben più di due) e qui, per creare convergenza o almeno integrazione delle diversità, occorre un intervento centrale che redistribuisca risorse ed, ancora una volta, chi glielo dice a Frau Angela? Insomma, se vogliamo tenere la Grecia nell’Unione è possibile farlo senza creare una rete di trasporti decente, lasciando il porto del Pireo in mano ai cinesi e lasciando tassi di disoccupazione oltre il 30%?

7-C’è poi la fastidiosa questione della lingua: quale sarà quella ufficiale dell’Unione? La questione non è da poco perché non si tratta solo di scegliere come discutere nelle sedute del Parlamento o in che idioma redarre i documenti dell’Unione, ma di quale deve essere la lingua veicolare  con la quale i cittadini dei diversi paesi dialogheranno fra loro. Uno strumento comunicativo comune è necessario  se si vogliono avere mass media, partiti, sindacati ecc a livello della statualità e non una congerie di parlate locali che lasciano tutto come è. Ma scegliere una delle lingue nazionali attuali (realisticamente francese, spagnolo o tedesco) significa dare un vantaggio enorme ai mass media ed all’industria culturale di quel paese rispetto agli altri: chi è disposto ad accettare un declassamento della propria televisione o del proprio cinema alla serie B mentre il vicino accede alla A? Adottare l’inglese? Peggio: significa dare questo vantaggio a soggetti esterni all’Unione (Usa, Australia ecc ed auspicabilmente Inghilterra) ai danni di quelli interni: la più stupida fra tutte le soluzioni possibili. La lingua è potere: non dimentichiamolo mai.

Genialmente qualcuno se ne uscirà con l’idea di tre o quattro lingue ufficiali, sul modello svizzero.  Dimenticando, però che la Svizzera è, appunto, una eccezione e che in quel paese il 72% parla il tedesco per cui le altre sono poco più che minoranze linguistiche tollerate. Nel caso europeo questa soluzione lascerebbe intatto il problema dell’assenza di una vera lingua veicolare, con l’aggravante di condannare una buona parte dei paesi membri alla serie B (in primo luogo Italia, Polonia e Portogallo che significano qualcosa nel quadro della cultura mondiale). Non ho soluzioni da proporre, qui pongo solo il problema.

8-Venendo a questioni di minor peso: uno Stato ha una Capitale,  dove la mettiamo? Berlino? Dopo quello che c’è stato e con l’ondata di germanofobia generata dall’atteggiamento della Merkel? E dopo alcuni precedenti  più remoti che  qui non citiamo? Parigi? A me andrebbe benissimo, ma i tedeschi lo accetterebbero? La soluzione finirebbe quasi certamente per essere quella di una città non particolarmente significativa magari a cavallo fra Francia, Germania e Benelux, come, guarda caso, Strasburgo. Ma può una potenza mondiale avere la capitale a Strasburgo? Non dà già l’idea di una cosa che parte in tono minore? L’Europa di Strasburgo è questa che ha pasticciato con la moneta e la profluvie di direttive senza essere nulla. Occorrerebbe una discontinuità anche simbolica.

Ed ora che abbiamo parlato di prossima unione politica dell’Europa, parliamo di cose serie: secondo voi chi vince fra Germania, Inghilterra ed Italia? Parlo del campionato di calcio ovviamente….Aldo Giannuli

Fonte: aldogiannuli.it 24 Giugno 2012


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