Stamattina pensavo alle occasioni della vita, quante ne abbiamo e quante ne sprechiamo. Continuamente. Alcune sono cosi’ evidenti che te le ricordi per sempre. Alcune sono il classico treno che passa una volta sola, che se lo perdi ti mangi le dita per anni.
La mia prima occasione d’oro e’ arrivata all’inizio degli anni 2000. Ero in tesi con un prof che mi aveva in simpatia: con lui avevo preso un paio di voti alti, e mi ero messo in evidenza prendendo il premio per il miglior progetto di microelettronica della facolta’ – cosi’ nonostante la mia media infima mi ha proposto per uno stage di laurea in una famosissima multinazionale della microelettronica. Questi della multinazionale dopo un colloquio di ore e ore e ore e ore mi avevano pure preso, proponendomi un contratto di 9 mesi a Milano in reparto progettazione a fare la tesi – e con prospettive molto interessanti di assunzione a laurea ottenuta (dicevano*).
Eccola, la mia occasione d’oro, il mio treno che passa solo una volta. E io – volete ridere? quel treno l’ho lasciato andare. Volutamente. Si, perche’ all’epoca avevo 25 anni (o forse ancora 24), e non avevo alcuna voglia di allontanarmi da famiglia e amici per fare la tesi. Stavo bene dov’ero: comodo comodo, a pensare a divertirmi. Ebbene si: a 24 anni ero il piu’ stanziale degli stanziali, non parlavo una parola d’inglese e tutto quello che desideravo era trovarmi un lavoretto tranquillo, comprarmi una macchina, far festa con gli amici. Fine.
Quel treno e’ passato e di averlo perso me ne sono pentito per anni. Dopo la laurea c’e’ stata la grande crisi dell’elettronica, e avendo io fatto una tesi in loco e svincolata da azienda ho avuto parecchie difficolta’ a trovare lavoro (non voglio neppure pensare a cosa stiano passando i neolaureati di oggi, nda). Poi, dopo anni, e’ arrivato un secondo treno, quello dell’Australia. L’ho aspettato per quasi un lustro. Memore della prima esperienza non me lo sono fatto scappare (e a dire il vero non mi sono piu’ fatto scappare niente, da quel momento in poi).
Questo non vuol dire che io non abbia cose di cui pentirmi (basti pensare a tutte le cappelle che ho fatto nella gestione del mio visto australiano). Ma pensavo solo che c’e’ una parte di me che dice che va bene cosi’, in fondo mi e’ andata bene, in fondo aver perso quel treno mi e’ servito di lezione per prendere le occasioni che sono arrivate poi.
Poi pero’ c’e’ l’altra parte, quella che pensa al tempo buttato. Quella che ragiona col senno di poi, quella cui piacerebbe tornare indietro e vedere come sarebbe andata, a vivere da solo a Milano, a lavorare sottoterra in un laboratorio, a uscire di casa a 25 anni invece che a quasi 30.
Non fraintendetemi: non e’ nostalgia questa. Ne’ mi piace parlare coi se e coi ma. E’ piu’ che altro che ho tempo da perdere, un po’ misto al fatto che di lavoro adesso creo scenari immaginari per fare analisi di rischio. E capita a volte che mi porti il lavoro a casa, che faccia l’analisi di rischio non al treno (vero) di turno ma a qualche treno (metaforico) che ho perso nel corso della mia vita. E poi in fondo lo sanno tutti che mi piace un po’ parlare (scrivere) per il cazzo.
(*Poi beh, so gia’ che qualcuno commentera’ dicendo che era il classico stage non pagato, e che proprio a causa della crisi mi avrebbero lasciato a casa a stage finito. Ma anche no, a quel livello e con quei presupposti credo proprio che mi avrebbero tenuto. Contando poi che, media infima a parte, ai miei tempi uno che progettava microchip meglio di me all’universita’ di Padova io dovevo ancora incontrarlo. Sul serio.)