I tempo, Nino Rota, medley della sola orchestra da Amarcord, La dolce vita e 8 1/2 (per restare in tema felliniano, il vento - quantomai gradito - gioca con gli spartiti: scene alla Keaton-Chaplin del finale di Limelight); Weill-Brecht, Moritat (puro piacere); Weill-Fernay, Youkali (tradizionale nell'esecuzione, anni '30; a me ricorda inevitabilmente il meraviglioso Max Gericke della Pozzi); Weill-Brecht, Der Song der Mandelay (travolgente); Weill-Deval, J'attend un naivre (piacevole scoperta); Weill-Nash, Speak low; Weill-Ira Gershwin, Saga of Jenny.
II tempo: Piazzolla, Oblivion (solo archi, eccellente); Marguerite Monnot-Moustaki, Milord (meravigliosa); Brel, Amsterdam e Ne me quitte pas (arrangiamenti simili a quelli sentiti a Padova, commoventi); Glanzberg-Contet, Padam (la vera scoperta, novecentesco, la voce del vento che ti insegue per Parigi); Piazzolla, Libertango (solo orchestra, non male, ma mi manca un bandoneon...); Kander, All that jazz (cabaret puro, con la Lemper che sfoggia il suo migliore repertorio di animale da palcoscenico: vale tutto lo spettacolo!); Kander-Ebb, Cabaret (degna chiusura di uno splendido concerto).
Bis: La vie en rose e All that jazz.
***
Ieri sera, Parco della Zucca, museo della Memoria, Maggio '43 di e con Davide Enia, accompagnato alla chitarra e carillon da Giulio Broccheri (e preceduto da inatteso sound-check in scena (h. 20.50) chiuso con My funny Valentine). Un cunto che nasce da (e finisce con) un altro, una storia privata (della famiglia dell'attore) che si fa saga e leggenda nel racconto. Il giovane Gioacchino racconta alla tomba del fratello ciò che è successo attorno a quel maggio, quando la sua famiglia sfollò fortunatamente da Palermo prima che venisse bombardata a tappeto dagli alleati. Tra italiano e palermitano (con alcune indispensabili glosse), scandito dal movimento dei piedi e delle gambe di Enia (sempre seduto), il cunto procede con una sapiente mescolanza di pianto e riso, di momenti esilaranti (il gioco delle carte dello zio, la bicicletta, i limoni: ma è un riso che nasce da una situazione drammatica, è un riso liberatorio a posteriori) e drammatici, come il racconto del rastrellamento al mercato nero: la violenza sessuale di un gerarca fascista travestito da prete ad una donna, cui assiste dall'alto Gioacchino, che poi mente di fronte alle richieste di notizie del figlio di quella: "non ho visto niente" è il suo grido, che ripete anche alla donna cui ha sottratto le 10 lire che aveva lasciato sotto un sasso e che sarebbero servite a sfamare il proprio figlio. Da menzionare anche l'apporto di cicale e aerei che passano al momento giusto. Stupendo e da rivedere.
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