La narrativa, come la scultura o la pittura, inizia con uno schizzo rudimentale.
Lo scrive John Gardner nel libro “Il mestiere dello scrittore”. Dietro questa semplice affermazione si srotola un lungo lavoro fatto di riscritture, cancellazioni, correzioni, crisi. Però tutto sommato esiste la teoria (propagata da non so chi), che afferma: dopo (lo schizzo) sarà più semplice. Fuori dai denti: se ci sarà un “dopo” e risulterà più semplice, ci sono buone probabilità che tu sia morto.
Questo è un argomento che rischia di portare via molto tempo. Proviamo a comprimerlo nello spazio di un post.
Alcuni pensano che basti scrivere qualcosa, tanto ci penserà la casa editrice con i suoi editor. Butti giù l’idea (ehi, io pensavo che la narrativa avesse a che fare con le persone!) e ci penserà appunto l’editore e i suoi collaboratori a sistemare tutto.
È un errore madornale perché di solito una casa editrice è a caccia di persone che conoscano i fondamentali, tanto per cominciare. E che dimostrino la capacità di costruire dei meccanismi di narrazione che seppure imperfetti, conducano a destinazione. E che questa destinazione sia di valore.
Chi lavora nell’editoria (lo riscrivo: chi lavora nell’editoria), non ha tempo né voglia di investire risorse per correggere scritture balorde. Oppure per mettere le mani all’interno di un motore esploso e in fiamme. Quello lo faceva il tuo insegnante a scuola, ricordi?
No, no, no. Per cortesia non tiriamo fuori la vecchia patetica idea secondo la quale è interesse dell’editore scoprire nuovi talenti e perciò deve per forza fare il lavoro sporco. D’accordo, l’editore deve scoprire nuovi talenti (anche se… ma sorvoliamo). Lo sporco lavoro già lo fa, se è serio. Investe i suoi soldi nella carta, nella creazione di una copertina, nel pagare un editor che tolga refusi e renda snella la prosa.
Ma questo è possibile solo se il lavoro lercio viene svolto a monte dall’autore. Insomma: costui deve dimostrare una potenza di scrittura, una nitidezza di obiettivi, da far sobbalzare l’editore sulla sedia. Altrimenti non abbiamo narrativa, ma camomilla.
Non vale neppure dire che gli editori pubblicano schifezze: quindi? Lo riscrivo: quindi?
So bene che gli editori spediscono alle stampe obbrobri. Basta ignorarli. E spesso sbagliano: non pubblicano autori che meritano, e io ne conosco alcuni.
Però attenzione: spesso l’esordiente utilizza questi gravi peccati capitali dell’editoria per legittimare la propria scrittura mediocre.
Butto giù uno schizzo et voilà il capolavoro.
Uno schizzo è uno schizzo e basta. Può essere qualunque cosa tranne che un capolavoro. Se lo fosse, potrebbe persino rappresentare un problema ma 99 volte su 100 è uno schizzo e se leggi queste righe rientri nel numero 99.
Se non leggi Tolstoj, Garcia Marquez, DeLillo o Carver non è altro che quello: uno schizzo. Se non hai dimenticato tutta la scrittura sbagliata che la scuola ti ha insegnato, è uno schizzo. Se non ha imparato di nuovo a leggere, è uno schizzo.