Uno scrittore cubano in europa: amir valle

Creato il 27 luglio 2013 da Postpopuli @PostPopuli

di Giovanni Agnoloni

Amir Valle (da Wikipedia)

Uno scrittore cubano in Europa: Amir Valle, autore di numerosi romanzi e libri di denuncia sociale, nonché giornalista di grande esperienza, è uscito in Italia con due romanzi noir molto intensi, Non lasciar mai che ti vedano piangere (Anordest, 2012) e Le porte della notte (Anordest, 2013), ed è tradotto in numerose lingue e apprezzato da Premi Nobel quali Gabriel García Márquez, Mario Vargas Llosa, Günther Grass e Herta Müller. Sono felice, come suo traduttore, di aver avuto la possibilità di intervistare quello che considero un maestro, oltre che un amico.

- La tua vita di scrittore è allo stesso tempo una vita da testimone e da narratore. I tuoi romanzi offrono una fotografia di Cuba senza reticenze: soprattutto gli aspetti meno “turistici” di un paese sul quale la verità viene spesso nascosta o negata. Come hai scoperto questa tua vocazione?

Nel mio primo libro di racconti, Tiempo en cueros, pubblicato a Cuba nel 1988, avevo già questo tipo di sguardo: una miscela tra il mondo di illusioni del bambino che narrava le storie e la realtà che io allora vivevo. Poi, seguendo il modello del nordamericano Ernest Hemingway, che come ben sai riteneva necessario per uno scrittore essere anche (o avere un’anima di) giornalista, seguii questi studi universitari, e a partire da quel momento, che coincide con l’inizio della mia carriera letteraria a Cuba, tutta la mia produzione si è caratterizzata per il realismo. E questa visione realista si accentuò ancor più quando andai a vivere nei quartieri di Centro Habana, perché lì scoprii una vita marginale molto complessa e molto umana, piena di contraddizioni di ogni tipo… una vita che non aveva niente a che vedere con i discorsi ufficiali del governo, con la propaganda di una società perfetta che veniva diffusa dai giornali, dalla radio e dalla televisione, e ancor meno con quel paradiso che i nostri governanti mostravano al mondo. Allora capii che dovevo scrivere delle storie di vita ispirandomi a quello che vedevo ogni giorno con i miei stessi occhi. Ed è questo il mondo che compare in quasi tutti i miei libri.

- Contemporaneamente, il fatto che vivi (sia pur in esilio non volontario) in Europa e, ancor più, nel cuore dell’Europa più progredita, Berlino, fa di te un osservatore privilegiato di un’altra fetta di mondo, e in particolare di un mondo in crisi qual è oggi il Vecchio Continente. Quali sono le tue impressioni sulle attuali difficoltà dell’Europa?

Mi dispiace se le mie parole potranno ferire delle persone oneste colpite da questo mondo in difficoltà, da questa crisi europea. Ma credo fermamente che, oltre a vedersi dimostrato quanto debole e criminale sia il capitalismo; oltre a dimostrarsi quanto cinica, manipolatrice e corrotta sia la stragrande maggioranza dei politici; e ancora, oltre a vedersi confermata l’inumana voracità delle banche, si veda con evidenza a che punto può arrivare la cecità della gente, quando vuole vivere largheggiando nella ricchezza, senza fermarsi realmente a pensare se la prosperità in cui nuota abbia delle basi solide. Fino a che non è scoppiata la crisi e milioni di persone si sono ritrovate sull’orlo del fallimento, solo pochi “illuminati” si erano accorti che stavamo vivendo in una sostanziale menzogna, perché ci trovavamo al di sopra delle reali possibilità di ogni società. Quello che contava era spendere; che ogni membro della famiglia avesse un’automobile; che una stessa famiglia di operai, di classe bassa, per quanto piccola accendesse due o tre ipoteche, e che avessero ognuno due o tre carte di credito, per pagare i debiti di una carta di credito coi soldi dell’altra…, in definitiva, per vivere come milionari pur senza avere i soldi. Allora nessuno si rendeva conto che le banche stavano sciorinando denaro a quattro mani; nessuno si lamentava del fatto che l’attività delle banche consistesse nel concedere mutui a chiunque glieli chiedesse; nessuno si preoccupava che si trattasse di denaro “vuoto”, insomma che non si basava su un’autentica ricchezza. E sebbene da un certo punto di vista siamo davvero vittime della cattiva gestione politica ed economica di politici, banchieri e altre “animali strani”, quel che più mi tiene in ansia è che la maggioranza delle persone non vuole riconoscere la sua responsabilità in questa crisi. Che significa questo? Che domani magari qualcuno troverà una soluzione per creare un’altra falsa bolla di prosperità, e tutti, politici, banchieri e popoli europei, torneranno a fare la stessa cosa che facevano prima: consumare, consumare e consumare, vivendo al di sopra delle proprie possibilità. Fino a quando non accetteranno tutti la loro parte di colpa, questo meccanismo ciclico si ripeterà, di crisi in crisi.

- Nei tuoi romanzi – specialmente in Non lasciar mai che ti vedano piangere – hai anche analizzato la storia recente d’Europa e gli inquietanti movimenti di estrema destra. Quanto pensi che la politica del XX secolo, con le sue contrapposizioni ideologiche, rientri ancora nella forma di pensiero dell’Homo Europaeus di oggi? 

Il Centro Simon Wiesenthal ha da poco lanciato una campagna per catturare quelli che si suppone siano gli ultimi nazisti. Secondo i suoi dirigenti, non lo fanno per vendicarsi di quei vecchi che un tempo uccisero migliaia di persone; lo fanno perché la memoria di quell’orrore non può andare perduta. E purtroppo sono in molti a essere interessati a che si smetta di parlare di un crimine smisurato come fu l’olocausto, provocato dall’ideologia fascista. Il fatto curioso è che questo non succede solo nell’estrema destra, perché sono nati anche movimenti di sinistra che puntano all’eliminazione fisica dei loro oppositori ideologici. Viviamo in un momento storico fatto di estremismi, in cui tutti vogliono imporre la propria volontà. Anche voi italiani, avete una prova degli estremi che si possono raggiungere, stavolta parlando di cose ridicole: da un Berlusconi a un Beppe Grillo. O anche qui in Germania, dove presunti gruppi di sinistra affrontano i neonazisti usando i loro stessi metodi, per cui è possibile distinguerli solo dai vestiti che portano. O in Spagna, dove tanto a sinistra quanto a destra si manifestano vergognosi scandali di corruzione e di inefficienza politica. Non c’è ideologia che si salvi, e ognuna di queste ideologie si sta trincerando negli estremismi, non più per dialogare, ma per attaccare e schiacciare chi le è contrario. La vera democrazia e tutto ciò che essa rappresenta in punto di dialogo e prosperità umana, davanti a questo scenario, viene a limitarsi a un numero sempre più ristretto di paesi. E si impone sempre più la massima fascista per cui “chi la pensa diversamente da me non è solo mio avversario ideologico, ma è mio nemico”. Ed è bene ricordare che precisamente per aver portato questo concetto alle estreme conseguenze, qui in Europa, tanto nella Germania di Hitler quanto nella Russia di Stalin e in altre nazioni “socialiste”, sono morti milioni e milioni di persone.

da cubanet.org

- Puoi parlarci della tua esperienza personale di esilio da Cuba per le verità scomode che hai denunciato sulla criminalità, il regime e la prostituzione nell’isola (ben sottolineata dalla tua serie di noir “La discesa agli inferi”)?

Voglio dirlo con la massima chiarezza: non ho mai voluto andarmene da Cuba, mi hanno costretto all’esilio. Hanno approfittato di un viaggio che feci in Spagna per non lasciarmi rientrare nel mio paese, al momento del ritorno. Tre anni dopo la mia uscita dal paese, alla fine del periodo della borsa “Writers in Exile” concessami dal PEN Club tedesco, non ho potuto far altro che chiedere asilo politico, perché il governo cubano faceva di tutto per non farmi tornare. E anche adesso che in teoria esiste una legge che permette ai cubani di entrare e uscire liberamente dall’isola, comunque non posso tornare, perché sono su una lista nera di cittadini che, a quanto mi è stato detto, “hanno perso il diritto a rientrare”. La mia unica colpa, come ben dici, è quella di avere scritto, nei miei libri, su temi che l’allora capo del governo Fidel Castro non voleva che il mondo conoscesse: la grande ondata di prostituzione portata dal turismo, l’immensa corruzione amministrativa e politica, la perdita dei valori morali del popolo cubano dovuta alle imposizioni ideologiche della Rivoluzione, il mercato nero a tutti i livelli, il traffico di droga nell’isola e l’emergere di gruppi di narcotrafficanti generalmente controllati o diretti da ufficiali delle forze armate… Questo io ho scritto nei miei romanzi, sempre partendo da casi reali, e questo ho denunciato nelle interviste che ho fatto a Cuba e fuori, e ancora questo ho scritto, da giornalista in questi anni per i più importanti giornali del mondo.

Per questo preciso sempre come la mia condizione di esilio non sia frutto di una mia scelta. Tuttavia, vivere in Germania, un paese dalla cultura poderosa, aver pubblicato qui otto dei miei libri e aver avuto la fortuna di essere ben riconosciuto in questo ambiente culturale, oltre al fatto che i miei due figli si sono inseriti nella società tedesca come se fossero nati qua, mi ha aiutato a prendere la decisione che, se anche a Cuba le cose dovessero veramente cambiare, non ci tornerei comunque a vivere, anche se ci passerei certamente dei periodi. E guarda, ti dico che ci andrò “se cambiano veramente le cose”, perché ho anche deciso che non chiederò mai il permesso di entrare nel mio paese. Andrò a Cuba quando potrò entrare e uscire dal paese senza chiedere il permesso a nessuno, come fai tu in Italia o qualunque altro cittadino in un paese civile.

- Sei stato tradotto in molte lingue, e ho personalmente avuto il piacere di tradurti in italiano. Conta molto la dimensione dell’internazionalità, oggi, nel lavoro di uno scrittore?

Sono felice che tu me lo chieda, perché voglio prima di tutto dire che non esisterebbe Amir Valle, per il pubblico dei lettori italiani, senza Giovanni Agnoloni. Non solo sei stato il mio traduttore, ma la persona che ha sentito i miei libri come suoi a tal punto da farsi mio promotore presso le case editrici italiane. Dunque spettano di diritto anche a te i complimenti che continuano ad arrivarmi dai lettori in Italia, dove grazie alle tue traduzioni ho pubblicato Non lasciar mai che ti vedano piangere, nel 2012, e qualche mese fa il primo romanzo della mia serie noir su casi reali verificatisi a Cuba, a Centro Habana: Le porte della notte.

Questo è il primo gradino di quella che tu chiami “internazionalità di uno scrittore”: all’improvviso scopri che non scrivi solo per la gente della tua cultura, e che il tuo pubblico diventa grande quanto il mondo. Viaggiare seduto in un vagone della metropolitana di Berlino e vedere che qualcuno sta leggendo uno dei miei romanzi tradotti in tedesco è stata una delle esperienze più arricchenti che io abbia vissuto. Mi sono avvicinato a quella lettrice, una studentessa universitaria, interessato a sapere se seguisse bene il mio libro, e lei non riusciva a credere di trovarsi davanti allo scrittore di cui aveva già letto tre opere. Mi ha letteralmente “mangiato”, a forza di domande. O ricevere ogni giorno due o tre messaggi di lettori che mi scrivono, in spagnolo o in altre lingue, da angoli del mondo dove io neanche immaginavo che un mio libro potesse arrivare.
Cose di questo genere ti portano a maturare un impegno: quello di aguzzare i tuoi sensi per scrivere – sia pur senza smettere di essere cubano – storie che puntino all’essenza dell’uomo, storie che potranno essere lettere allo stesso modo in Giappone e in Guinea Bissau o negli Stati Uniti. È qualcosa che ti costringe a essere più cubano e, al tempo stesso, più universale. È difficile, ma è possibile.

- Puoi parlarci anche della tua attività di giornalista, e in particolare della rivista Otrolunes?

Amo il giornalismo, perché mi permette di mettere in discussione il mondo. Ma il giornalismo che faccio io non conosce “trincee” di nessun tipo: sono critico verso tutto ciò che può essere criticato, e lo faccio seguendo i miei principi. Il mio è un giornalismo libero, che risponde solo a ciò in cui io credo. Scrivo i miei articoli e li mando dove penso che avranno maggior efficacia, anche se in molti casi non mi pagano un centesimo.

OtroLunes – Revista Hispanoamericana de Cultura, è un sogno divenuto realtà. Ho sempre voluto avere una pubblicazione mia, e a Cuba questo era impossibile, perché là il monopolio dell’informazione è in mano al governo. Io avevo patito la censura, nell’isola, con due riviste indipendenti che avevo pubblicato per conto mio, ribellandomi a quel monopolio: Letras en Cuba (che arrivò ad avere trenta numeri) e A título personal (che ne ebbe solo due). E questo successe quando ancora neppure esistevano le riviste letterarie cubane online che poi, e fino a oggi, sono cresciute fino a diventare protagoniste della scena letteraria internazionale.

Durante una conversazione nel ristorante del “Liceo de Bellas Artes” di Madrid, gli scrittori cubani Jorge Félix Rodríguez e Ladislao Aguado concordarono con me circa la necessita di fondare una pubblicazione che riflettesse l’andamento della più recente letteratura latinoamericana. Ladislao, fin dal suo arrivo in Spagna, aveva interrotto il suo lavoro nel mondo delle riviste, specialmente in La Gaveta, una pubblicazione statale di Pinar del Río, la provincia più occidentale di Cuba. Elaborammo il progetto, le varie sezioni, il profilo editoriale e creammo una revista che alla fine, grazie all’ingresso in squadra dello scrittore cubano León de la Hoz e della grafica spagnola Ade Castro, vie la luce nella primavera del 2007. In questo luglio 2013 abbiamo appena pubblicato il numero 28. Ed è importante sottolineare che, per quanto il nome possa richiamare la pubblicazione culturale cubana Lunes de Revolución, pubblicata nell’isola al momento del trionfo della Rivoluzione (supplemento la cui importanza nella cultura cubana riconosciamo e rispettiamo), OtroLunes non ha assolutamente nulla a che vedere con essa: in primo luogo non si tratta di una pubblicazione per cubani né solo di letteratura cubana, e il suo profilo, i temi che tratta e l’ampiezza dei suoi interessi, pur comprendendo anche opere di autori cubani, si indirizzano pure altrove, come si può vedere semplicemente visitando uno qualunque dei nostri numeri.

Sono orgoglioso di dire che, sebbene non possiamo pagare i nostri collaboratori, il prestigio che abbiamo acquisito fa sì che molti dei più celebri autori latinoamericani e spagnoli odierni scrivano abitualmente su OtroLunes.

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