Beata incompletezza, allora: cosa se non l'incompletezza permette di tendersi come un arco, di essere freccia scoccata verso il futuro?
È questo che dona il coraggio e regala la possibilità della scelta.
È questo, essere giovani. A prescindere dall'epoca e dalle circostanze. Perché è l'ora di finirla, una volta per tutte, con coloro che rivendicano l'esclusiva sulla meglio gioventù, come se fosse un titolo di nobiltà, un carattere iscritto nei cromosomi. La generazione di coloro che osò cambiare il mondo, ai tempi della rivoluzione. I reduci di oggi.
Basta, per favore. Ogni generazione ha la sua meglio gioventù, la sua rivoluzione. Anche se non hai un Palazzo di Inverno da assaltare, una scuola da occupare, uno slogan da gridare. Ogni generazione tiene viva la speranza e prepara la sua disillusione, solo per consegnare il testimone di una nuova speranza. Anche nella crisi più nera.
Per questo contemplo l'incompletezza di mio figlio e degli altri che come lui trascorrono giornate con i video di Mtv o i giochini del Nintendo. Non li giudico, semmai li invidio: hanno tutta una partita da giocare, loro.
Tra loro si annida la nuova speranza. Incoraggiamoli col nostro tifo.
E a chi scuote la testa, a chi va pontificando che i giovani di oggi sono tutti uguali, mica come ai suoi tempi, io infliggerei la visione obbligata e meditata dei Cento passi di Marco Tullio Giordana. Perché solo cento passi separano Peppino Impastato dalla casa dei mafiosi, che alla fine ti sembrano come te. Solo che dentro quei cento passi c'è una distanza di anni luce, c'è un altro mondo che solo l'energia dei cuori può far raggiungere.