«Accetto il verdetto del popolo e invito tutti gli scozzesi a fare altrettanto», ha commentato il premier Alex Salmond, una vita spesa nel Partito Nazionale Scozzese, sognando quella votazione.
Ed è tutto lì, nelle parole di Salmond, lo straordinario esempio di democrazia che la vicenda scozzese ci lascerà per sempre. Uomini e donne che hanno aspettato l'apertura di quelle urne per decine e decine di anni, che hanno votato ─ l'85% di affluenza è un altro pezzo di quell'esempio ─ e hanno deciso, scelto, liberamente, sull'enorme possibilità garantita dall'Inghilterra, nonostante fosse per gran parte apertamente schierata per evitare il distacco.
Saremmo tutti portati a stare con il più debole, non per becero pauperismo, ma per la costruzione drammatica della vicenda: la Scozia che combatte il colosso, che sogna e che vince. Ma poi la ragione ci potrebbe invece spostare verso argomenti più pratici: l'economia, la moneta, le istituzioni, una collocazione internazionale, la Difesa; questioni che sarebbero state macigni sulla groppa della neonata Scozia indipendente. Anche se a quelli come noi, l'indipendenza piace, ché la libertà è tutto.
Non c'è un lato: da qualsiasi delle due parti presenti in questa storia c'è solo da imparare. Imparare a vivere.
Coraggio, intraprendenza, sogni, speranze, persone, democrazia, libertà. Storie da raccontare a Tea per spiegargli come la politica possa rappresentare tutto nella vita, possa interpretare le esistenze, possa segnare le coscienze e dirigere il futuro.
Non vedo l'ora.