incuriosito mi sono fatto riassumere da una mia amica, Marina Ugolini, italo svedese, ed il suo sunto è questo:
Eh, brutta storia, si tratta di “uomini che odiano le donne, in rete”.Il comune denominatore dei casi di stalking online, anche molto violento, è spesso l’anonimato del persecutore, indice di una prassi di straniamento dal sè di chi compie questi reati.
Prende spunto da un fatto, e cioè da una ragazza, Julia, che avendo trovato H&M una maglietta in vendita con un’immagine del famoso rapper (morto nel 1996) Tupa Shakur, condannato per stupro, ha scritto sul facebook di H&M lamentandosi della cosa, ponendo loro la domanda su come si sarebbe sentita la donna stuprata vedendo l’immagine del suo violentatore sulla maglietta. Bene, si è scatenato il finimondo contro la ragazza, insultata, minacciata di violenza, di morte, deliri, mettendo il suo indirizzo di casa minacciando di andare a ucciderla.
Si contano migliaia di commenti pazzeschi, oltretutto senza che H&M abbiano fatto o scritto nulla contro questi commenti. L’unica risposta a Julia è stata che la maglietta era apprezzata dai clienti, e che quindi la cosa finiva lì. La ragazza è poi andata dalla Polizia, e di qui parte l’inchiesta. Attrici e giornaliste della stampa e della televisione hanno raccontato delle loro stesse esperienze di molestie a carattere sessuale sulla rete. Rccontano di come l’esperienza diretta faccia comprendere il significato della cosa, della paura di essere odiato da chi non conosci e senza motivo.
Di come non si debba tacere, di come non ci si debba rassegnare, del rischio del condizionamento e della autocensura delle donne.
E’ un passo indietro nella libertà delle donne. Vi è anche una reticenza a prender seriamente il problema.
La Polizia in questione, interrogata, raccontò la difficoltà a rintracciare chi si nascondeva sotto falsi nomi o anonima, ma ammise anche la generale sottovalutazione e inefficenza.
La casa di moda H&M, intervistata, raccontò di aver tolto circa tremila commenti (ma ne rimanevano altrettanti), ma, alla domanda del perchè non avessero tolto gli altri, altrettanto violenti, non rispondevano. L’inchiesta ha portato a rintracciare alcuni persecutori. Alle domande sul perchè avessero scritto quelle minacce, se si rendessero conto del significato di quello che scrivevano, e se si ponessero il problema di come si sentiva la persona a cui indirizzavano gli insulti, rispondevano per lo più che non intendevano realmente quello che scrivevano. Non si ponevano molti problemi.
Lo stalking, “sindrome del molestatore assillante” , processata con i mezzi digitali, ha spesso come protagonisti dei soggetti isolati, la vittima ed il carnefice agiscono al di fuori da un contesto di relazioni che non siano una dimensione privata.
Lo stalker seleziona la vittima predestinata con caratteristiche di bassa difesa e non agisce in branco.
In questo caso le molestie sono arrivate attraverso una sincronicità di gruppo , con tutte le caratteristiche di quel fenomeno che si definisce intelligenza collettiva, in questo caso il termine identificativo di intelligenza suona ironico.
il catalizzatore è il senso individuale di appartenenza ad un gruppo, la presenza di un feticcio tribale, la maglietta riconducibile al soggetto catalizzatore, l’agire in branco, dandosi l’un l’altro motivazioni irrazionali ma realizzate attraverso l’intelligenza del branco, dentro il quale il pensiero del singolo ha un valore negativo perchè fa perdere la coesione tribale.
Quindi l’individuo attua una sospensione etica col proprio personale giudizio perchè il giudizio collettivo è molto più potente.
Quello che Elias Canetti aveva individuato nella Germania nazista, l’esempio più potente di sospensione dell’etica individuale, ma anche del pensiero anticonformista e creativo.
Lo stalking del mainstream è il volto nuovo della comunicazione in rete.
Lo scopriamo tutti i giorni in Twitter, dove molte persone che hanno azzardato critiche nei confronti di cerchie molto motivate si sono ritrovate a doversi difendere da attacchi in rete.
Succede sui social network a chi non è fuori dagli stilemi di un pensiero conformista, e sappiamo anche che il conformismo cambia da gruppo a gruppo, e le dinamiche proprie della rete comporta vivere in nicchie ed ecosistemi digitali che favoriscono competenze culturali circoscritte, credenze, liturgie e luoghi comuni. Le donne però, come soggetti che sono isolati per definizione e quindi deboli, sono sempre il genere prediletto.
Credo che sia anche perchè le donne in rete vengono percepite come una anomalia del sistema, estranee ad un ambiente/territorio/luogo di genere maschile, tecnologico e primitivo al tempo stesso, dove l’esplorazione come connotazione di genere si riconduce al missionario/marinaio/soldato/mercenario. ( cosa fare in caso di stalking )