- Oh Maestro, se piacer ti fa, voglio dirti che gli insegnamenti tuoi ho già imparato tanto che la tabellina che il tuo nome porta, a memoria conosco e il teorema dei due cateti e dell’ipotenusa applico sui triangoli con facile maestria.
- Mi compiaccio con te , ma sappi che i numeri nudi e crudi a volte son vigliacchi. Se ne servono i politicanti e affaristi quando voglion far credere con fraudolenza che quattro per quattro fa quarantotto per metter paura alla povera gente e far pagare senza alcun dolore tributi ed ogni diavoleria da poter sguazzare da mattina a sera nel denaro del sudor altrui.
- Non ti comprendo, Maestro mio, se i numeri son tanto puzzolenti perché ci hai giocato con teoremi e filosofie? Anche tu ,allora , hai il vizietto di non essere sincero e pratichi anche tu la furbizia dell’inganno.
- Eh caro mio, i numeri sono sempre perfetti e fan quadrare i conti. Sono puri come l’acqua che sgorga dalla fonte all’inizio del suo cammino. E’ quando scende a valle che s’inquina allorché la mano del profitto e dell’ingordigia la contamina con la puzzolente piscia. Or vedi, i numeri da soli posson fallire, è vero. Essi han bisogno d’essere accompagnati dei precetti della sana filosofia.
- Dimmi, Maestro, alcun di cotesti precetti al fin d’illuminare la mia mente.
- Ti ricordo anzitutto: “Abbi pensiero far sempre quelle cose, che ti sembrano oneste. E’ meglio dormir sulla nuda terra, ed essere di buon’ animo , anziché in un letto smaltato di oro con animo agitato. Ogni cosa operata senza ragione è perversa e non dimenticar che di ogni cosa onesta ,il volgo è pessimo giudice.”
- Cotesti son precetti antichi e son morti e seppelliti dalla modernità. Il mondo e pure gli uomini sono cambiati con lo scorrere dei secoli e a dir la verità solo i numeri son rimasti tali e quali tanto che sempre cinque indica le dita della mano e ventiquattro le ore del giorno, mentre precetti e virtù si son fatti fottere a piacimento da chi per potere o per denaro pratica la politica del malaffare. E non si salva nessuno. Bisognerebbe svuotare il parlamento di tanti arruffoni, cangiare le leggi della democrazia, abolire li partiti di destra e di manca e tutte le minchiate della burocrazia.
Pitagora non risponde e si chiude in un cupo silenzio. Si sbottona il mantello di seta viola e va a sedersi accanto a una colonna del tempio di Hera Lacinia. Prende una pietruzza appuntita e traccia due triangoli su una piastrella. Mi guarda con gli occhi di chi ha compassione di un morto di fame e mi dice : “ I triangoli son fatti per stare separati e svolgere ciascun la funzione loro assegnata, son fatti per stare sulla terra e con le loro teorie risolvono i problemi più delicati. Ma, se li sovrapponi con gli angoli sui lati, diventan stelle e le stelle son fatte per stare in aria a guardare e giudicare le faccende umane” . Lo guardo un po’ stupito : “ Ebbè, che cavolo vuoi dire?” biascico come se parlassi a me stesso. Lui mi rimbrotta :“Ci vuole tanto a capire? Ma tu non leggi nemmeno i giornali e fai il grillo della situazione.” Mi viene da crepare con na risata. “Ah, mo che c’entra Beppe Grillo?” Si alza, si rimette il mantello di seta viola, punta l’indice accusatore nel vuoto del tempio, come volesse individuare un malfattore tra tanta gente, e con tono severo dice: “ Diffidate, o gente, di chi urla col movimento delle stelle. Costui ha il facile linguaggio di tutte le cazzate perché seduto sulle sue cinque stelle dove non arriva il confronto e la democrazia e dove la mia matematica diventa opinione. Urla perché sa che dal tono alto della voce la verità si mescola con la menzogna. Urla le note malattie come se fossero le scoperte delle sue diagnosi ma ignora le cure e le terapie e dei medici dice che li possano ammazà.
Diffidate, oh gente, di chi si inventa i comandamenti e falsifica le tavole che l’Onnipotente diede a Mosè. Sfidatelo a scendere dalle stelle e sedersi su un triangolo sulla nuda terra e perderà la voce e l’ arroganza e tutta la sua filosofia si rivelerà un’orribile minchiata. E diffidate pure perché appartiene alla razza dei B.”
Liberando un lungo sorriso, mormoro soddisfatto: “Ora ho capito, B come buono, bello, bravo, basso, biondo e benefattore!” Pitagora arriccia le narici ,aggrotta le ciglia, mi tira le orecchie e mi sussurra : Vaffa… B come Beppe, B come Berlusca, B come Badoglio, B come Benito, B come Bossi. E se ne va e io gli grido c’è pure Bersani, la Bindi e ci fu pure Berlinguer! Si volta e, sconsolato per la mia ignoranza, mi dice : “Ma quelli son n’altra cosa”.