Upstream color è l'opera seconda di Shane Carruth a quasi dieci anni di distanza da quell'esordio intitolato Primer, film di viaggi nel tempo che aveva raccolto diversi premi nei festival specializzati e aveva fatto girare parecchie teste ( compresa la mia, a suo tempo ne avevamo parlato qui).
Upstream color è qualcosa di diverso ma continua nello stile parecchio originale del suo autore che si è occupato di tutto nel film: regia, recitazione (nella parte del coprotagonista Jeff), musiche , montaggio,fotografia e ha fatto pure l'operatore di macchina.
Se Primer era una sorta di muro di parole in continua evoluzione, questa sua opera seconda ha rinunciato quasi del tutto alla parola per affidarsi all'immagine.Il tutto viene destrutturato come la vita di Kris in un qualcosa di veramente particolare , quasi da accostare alla cosmogonia rappresentata visivamente da The tree of life di Malick. Spiegazioni ce ne sono poche, gli avvenimenti fluiscono lentamente mediante piccoli ma continui slittamenti e si viene quasi rapiti da questo flusso di sequenze in cui appare importante non quello che si vuole raccontare ma come lo si voglia raccontare.
Upstream color è una sorta di art sci -fi che del resto si presentava già misterioso dalla sinossi ufficiale presentata ai vari festival a cui ha partecipato:" un uomo e una donna sono indissolubilmente legati al ciclo vitale di una creatura senza età che li priva della loro identità e li costringe a rimettere insieme i frammenti delle loro vite distrutte".
E questo la dice lunga su un film difficile a cui approcciarsi per il suo incedere labirintico che negli USA è stato accolto tra gli applausi a scena aperta della critica mentre in Europa , alla Berlinale di quest'anno, è stato sbertucciato sonoramente.
Molti lo bolleranno come l'ennesima pretenziosa pellicola pseudoautoriale, altri saranno rapiti da un concept tanto assurdo quanto affascinante.
Io sono tra questi ultimi: il potere di suggestione del film è elevatissimo, un'opera da vedere e da ascoltare perchè il comparto sonoro, veramente di primissimo livello per essere un film dal budget ridicolo come questo (ho letto che è costato 7 mila dollari esattamente come Primer) sottolinea e aggiunge valore al flusso di immagini che scorre sullo schermo.
Shane Carruth destruttura il tempo e la vicenda che racconta poi riassemblandola usando un linguaggio cinematografico criptico e lasciando molto spazio alla libera interpretazione dello spettatore , non trattato come un semplice fruitore passivo di quello che passa sullo schermo, ma come parte attiva nel processo di ricomposizione di questo complicato puzzle spazio/temporale.
Upstream color è una delle poche cose veramente originali che è capitato di vedere ultimamente. A parte l'influsso dell'ultimo Malick( ma in filigrana si legge anche Cronenberg e Lynch) l'ultimo film di Carruth somiglia solo a se stesso.
Sarà un film per pochi in cui non tutto è chiaro alla prima visione ( ma neanche alla seconda) , elitario e forse anche un po' spocchioso nel suo essere ermetico, ma ad avercene....
( VOTO : 7,5 / 10 )