USA vs Russia, la guerra silenziosa delle sanzioni

Creato il 26 marzo 2014 da Luca Troiano @LucaTroianoGPM

Parlando del processo di annessione della Crimea alla Russia, salta all’occhio lo stridente contrasto tra le opposte condotte dei due più alti attori in causa: all’attivismo di Putin si è infatti contrapposto la titubanza di Obama. In realtà, l’immobilismo della Casa Bianca di fronte alle rapide mosse del Cremlino e solo un mito.

Il primo passo è stato la cancellazione del G8 previsto a Sochi (al suo posto si terrà una riunione del G7 a Bruxelles), decisione a cui il Ministro degli Esteri russo Lavrov ha replicato: “Mosca “non e’ aggrappata al formato G8 perché tutti i principali problemi possono essere discussi in altre sedi internazionali, come il G20″. Dopo tutto, il summit degli 8 grandi non è che un consesso informale, dal quale non si può essere espulsi ma al massimo “non invitati”. Ma è solo l’inizio. Se i russi hanno fatto più “rumore” con lo schieramento di armi e soldati sul campo, l’Occidente si prepara a colpire in modo silente: attraverso la finanza.

Nella conferenza stampa finale all’Aia, dopo la due giorni del Forum sulla sicurezza nucleare, il Presidente USA Obama ha affermato di non temere Mosca, sempre più “isolata internazionalmente”. “Ho più paura di una bomba nucleare che colpisce Manhattan che della Russia”, ha detto Obama; che però ha avvertito: “Se la Russia non si ferma dopo l’annessione della Crimea, ci saranno nuove misure contro Mosca, con sanzioni settoriali che potrebbero colpire l’energia, la finanza e il commercio“. Nella giornata di martedì, 25 marzo, il Senato americano ha approvato con 78 voti a favore e 17 contrari una proposta di legge che prevede sanzioni contro la Russia e aiuti economici all’Ucraina. Molti repubblicani si erano opposti perché nella proposta era presente anche la riforma del Fondo monetario internazionale, che secondo l’amministrazione Obama dovrebbe servire anche a Kiev per ottenere più fondi, ma che tuttavia che non era contenuta nella proposta di legge già approvata dalla Camera.

Cosa prevedono le sanzioni? Innanzitutto, Unione europea e USA hanno congelato i beni ed emesso il divieto di ingresso per alcune influenti personalità russe e ucraine (qui la lista). La misura è proprio pensata per punire i singoli e i beni da loro posseduti. La Russia ha reagitocon una sanzione analoga, vietando l’ingresso sul suolo russo a nove tra politici e funzionari degli Stati Uniti. Ma la lista made in USA potrebbe avere effetti molto più incisivi poiché molte delle persone coinvolte sono imprenditori azionisti di minoranza di diverse aziende, di cui i fondi di investimento stanno ora cedendo le proprie partecipazioni. Non solo. Secondo il Financial Times, nei primi tre mesi dell’anno i capitali fuggiti dai mercati russi ammonterebbero già a 70 miliardi. Impossibile dire quanti di questi dipendano dalla generale flessione che sta interessando i Paesi emergenti e quanti, invece, siano direttamente imputabili alla crisi ucraina.

Nota Fabrizio Goria su Linkiesta:

Ora che la fuga di capitali è iniziata, la Russia teme il peggio. In questo caso, lo scenario più avverso è rappresentato da un totale isolamento finanziario da parte degli investitori internazionali. La paura di un incremento nelle sanzioni dopo lannessione della Crimea, finora il punto più alto della crisi ucraina, è significativa. Dopo il congelamento di fondi, dopo lo stop alle transazioni per i correntisti di date banche, potrebbe arrivare lo stop ai contratti in essere e chissà cosaltro. Lobiettivo è quello di indebolire Mosca.

Colpire le banche per colpire il Cremlino. È questo ciò che è stato fatto.RossiyaSobinbank, SMP Bank e InvestKapitalBank sono i quattro istituti di credito sanzionati. Un esempio? Visa e Mastercard hanno bloccato le transazioni delle carte di credito e debito in possesso dei correntisti di queste banche. Il fuggi fuggi però era già incominciato. Come ha riportato il Financial Times, il viceministro russo all’Economia, Andrei Klepach, ha dato una prima stima dellimpatto della crisi ucraina sulla Russia. Il flusso di capitali in uscita dalla Federazione russa sarà pari a 65-70 miliardi di dollari solo nel primo trimestre dellanno.

La situazione, almeno nella fase attuale, però non è destinata a destabilizzare in modo significativo leconomia russa. Secondo la banca anglo-asiatica HSBC l’impatto si vedrà solo a fine giugno.

Sul fronte valutario, la posizione della Federazione russa è ancora solida. Secondo gli ultimi calcoli di Moodys, a fine 2013 le riserve in valuta estera della Russia ammontavano a 456 miliardi di dollari.

Lescalation della crisi ucraina potrebbe avere il suo impatto maggiore su un altro versante, quello del rating sovrano. Ieri è stata Fitch a porre lattenzione su questo punto, dopo gli avvisi di Standard & Poors e Moody’s. Il rischio di un prolungato periodo di tensioni fra Occidente e Russia, infatti, potrebbe infatti avere conseguenze sui rating russi, che sia quello governativo o che sia quello delle imprese.

L’obiettivo di Stati Uniti e UE è dar vita a un’escalation di sanzioni destinata a mettere a dura prova la resistenza di Mosca. D’altra parte, come notava ancora Linkiesta alcune settimane fa, dallo scudo missilistico alla politica energetica, gli Usa stanno logorando Mosca da tempo.

Il principale ostacolo all’efficacia delle sanzioni è ovviamente il doppio filo che lega l’Europa alle forniture energetiche russe. Abbiamo più volte sottolineato come Mosca utilizzi l’arma del gas per dividereil già litigioso club dei 27, anestetizzandone ogni capacità di azione. Ma è proprio su questo punto che Obama prepara (forse) la svolta decisiva. Grazie alla rivoluzione dello shale gas, gli USA intendono aumentare le esportazioni di oro blu in Europa per contrastare il predominio della Russia. Iniziative sul piano energetico stanno per essere adottate anche dalla Polonia, il cui premier, Donald Tusk, ha dichiarato la necessità di implementare la realizzazione di un’Unione Energetica che comprenda non solo i Paesi dell’Unione Europea, ma anche l’Ucraina. Certo, liberarsi del tutto dalla dipendenza energetica russa sarà difficile, per non dire quasi impossibile; eppure una serie di oculati provvedimenti – incremento delle forniture di Gnl da Medio Oriente e Nord Africa, risparmio energetico e mix di fonti alternative – potrebbero consentire all’Europa di ridurre le proprie importazioni da Mosca già in un futuro prossimo. Si può obiettare che Mosca potrebbe decidere di riorientare la propria offerta verso Est, convogliando il suo prezioso gas verso la Cina; tuttavia le infrastrutture necessarie sono ancora insufficienti, altre richiederebbero anni per essere realizzate e in ogni caso Pechino è un pericoloso concorrente geopolitico in Asia centrale e orientale (si pensi alla competizione per la Siberia).

Anche la Turchia ha deciso di agire. Secondo fonti diplomatiche,  il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan, parlando al telefono con Vladimir Putin, ha minacciato di chiudere lo stretto del Bosforose le tensioni in Crimea non si smorzeranno.

Dunque la Russia è spacciata? Nient’affatto. Nei giorni scorsi ha minacciato di mettere sul mercato i propri titoli del Tesoro USA in portafoglio, nel caso in cui l’America non revochi le sanzioni già approvate. Secondo Zero Hedge l’operazione di dismissione sarebbe già in atto. Inoltre, secondo alcune voci Mosca ha una carta molto importante da giocare, che passa sempre per il gas. Secondo l’analista Jim Sinclair, se la Russia decidesse di accettare pagamenti in valute diversa dal dollaro per le forniture di combustibili e materie prime, la stabilità del biglietto verde potrebbe risentirne. Precisiamo: è solo un’ipotesi. Ma se pensiamo che uno dei principali pilastri dell’influenza americana sul resto del mondo è proprio il sistema del dollaro, difeso da una presenza militare capillare e onnipresente, possiamo immaginare quanto una tale mossa preoccupi i quartieri alti di Washington.

Se per quarant’anni la competizione tra America e Russia si è svolta con una guerra fredda, oggi il confronto tra le due rivali potrebbe dar vita una guerra silenziosa.