Ustica: i resti sono venuti a galla. Ma la verità?

Creato il 26 giugno 2011 da Giorgiocaccamo
Il 27 giugno è il trentunesimo anniversario della strage di Ustica. C'è una parola che sento ripetere da decenni: verità. La parola che meno si adatta a questa storia, in verità. Nessuno ha davvero interesse a che si sappia la verità su Ustica e su tutte le altre stragi di quegli anni. Il Presidente della Repubblica diceva l'anno scorso, prima del trentennale, che a Ustica ci furono "opacità da parte di corpi dello Stato, intenti eversivi, forse anche intrighi internazionali". Anche Napolitano sa che gli intrighi internazionali ci furono, altrimenti non staremmo ancora qui a parlarne e a invocare la fine dei segreti di stato e dei silenzi e depistaggi, politici e militari.
Per tutta la sua vita il picconatore Cossiga - pace all'anima sua - si è divertito a cambiare idea e opinione sulle responsabilità della strage, negando prima l'azione militare come causa dell'esplosione del DC-9 Itavia in viaggio da Bologna a Palermo, finendo poi per accogliere l'ipotesi del missile francese. C'era di mezzo Gheddafi, si è sempre detto. Non è cambiato granché, Gheddafi è ancora (di nuovo...) il nemico, cui Italia, Francia, Stati Uniti, la Nato insomma, hanno dichiarato guerra. E ora la Nato dovrà decidere se accogliere la richiesta di rogatoria della Procura di Roma sull'identificazione di quattro aerei militari nei cieli italiani e siciliani. Cieli sempre molto affollati.

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Storia complessa, dunque. Andrea Purgatori, sul Corriere della Sera, spiega i potenziali sviluppi e le difficoltà di una svolta che potrebbe essere decisiva. Mentre però il solito Carlo Giovanardi insiste sulla tesi della bomba a bordo. E l'Aeronautica respinge le accuse di depistaggio a tal punto da far cambiare, per insistenza del generale Lamberto Betolucci (capo di stato maggiore all'epoca della strage), il depliant informativo del Museo per la memoria di Ustica, a Bologna.
Scoperchiare il vaso delle responsabilità e dei segreti rischia di restare un tentativo vano, un impegno sulla carta. Di certo c'è solo che gli 81 morti (un quinto minorenni) sono considerati vittime del terrorismo. A leggere l'elenco, spiccano cognomi ripetuti: famiglie distrutte dal terrorismo, che sia militare, "comune" o di Stato. Famiglie distrutte dal terrorismo, come 46 giorni dopo, alla stazione di Bologna.