Chi agisce in giudizio per ottenere di essere dichiarato proprietario di un bene, affermando di averlo usucapito, deve dare la prova di tutti gli elementi costitutivi della dedotta fattispecie acquisitiva e quindi, tra l’altro, non solo del corpus, ma anche dell’animus. Il secondo, tuttavia, può eventualmente essere desunto in via presuntiva dal primo, se lo svolgimento di attività corrispondente all’esercizio del diritto dominicale è già di per sè indicativo dell’intento, in colui che la compie, di avere la cosa come propria, sicchè allora è il convenuto che deve dimostrare il contrario, provando che la disponibilità del bene è stata conseguita dall’attore mediante un titolo che gli conferiva un diritto di carattere soltanto personale. Solo la sussistenza di un corpus, accompagnata dall’animus possidendi, corrispondente all’esercizio del diritto di proprietà, che si protrae per il tempo previsto per il maturarsi dell’usucapione, raffigura il fatto cui la legge riconduce l’acquisto del diritto di proprietà. La circostanza di aver coltivato un terreno e di aver eseguito dei lavori sullo stesso non dimostra con certezza l’animus possidendi ai fini dell’usucapione, non comportando di per sé una situazione oggettivamente incompatibile con la proprietà altrui.
Cassazione Civile, Sez. II, 26.04.2011, n. 9325
Teramo, 08 Maggio 2011 Avv. Annamaria Tanzi
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